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CROCIERA SUL DANUBIO (2012).
14 -25.09.2012 – Viaggio organizzato da Chiariva con Croisi-Europe.
Il programma della crociera ha inizio a Linz, in Austria, a bordo di una nave della Società Croisi-Europe e segue tutto il corso del Danubio con l’ultima tappa a Tulcea in Romania, all’inizio del delta, e la visita a questa riserva naturale. Il percorso copre più di 2000 km in via d’acqua attraversando Austria, Slovacchia, Ungheria, Croazia, Serbia, Bulgaria e Romania e sostando nei porti e città principali che richiamano popoli, civiltà e storie diverse.
Il viaggio si svolge in 11 giorni con 10 notti a bordo della motonave Vivaldi, che batte bandiera francese, ha 88 cabine su tre ponti, per un massimo di 176 passeggeri, ed ha iniziato le crociere sul Danubio nel 2009.
Per raggiungere Linz da Roma il giorno 14 settembre e imbarcarsi nel pomeriggio, erano previsti due voli, Roma - Vienna e Vienna - Linz ed era incluso il trasferimento a bordo. Per il ritorno, il giorno 24 settembre, era previsto il trasferimento dalla nave, ferma al porto di Tropea, all’aeroporto di Bucarest e da qui i due voli: Bucarest - Vienna e Vienna - Roma nella stessa giornata. Durante il viaggio, la nave si fermava ogni giorno nelle capitali delle nazioni attraversate e altre città importanti con discesa a terra per le visite già prenotate. Uno dei punti più panoramici del viaggio è stato il passaggio delle famose Porte di Ferro, le chiuse che attraversano le antiche rapide del Danubio, nelle gole fra monti Carpazi meridionali e monti Balcani, fra Serbia e Romania, fino alla frontiera con la Bulgaria.
28.1 IL DANUBIO NELLA GEOGRAFIA E NELLA STORIA.
Il Danubio è il più lungo fiume dell’Unione Europea che nasce in Germania nella Foresta Nera e, dopo un percorso di 2850 km, sbocca con un vasto delta nel Mar Nero. I Greci lo chiamavano Istros e i Romani Danubius, dal nome di un dio dei fiumi. La radice del suo nome è forse celtica con il significato di scorrere e si trova nei nomi di molti altri fiumi europei come il Dniepr e il Don. Il suo corso è oggi completamente navigabile per grandi navi a partire da Ratisbona fino al Mar Nero, regolato da numerose dighe che, mediante chiuse, permettono di superare i dislivelli delle rapide che interrompevano la navigazione. Mediante un canale artificiale che collega il Danubio, prima di Ratisbona, con il fiume Main e il Reno, anche il traffico delle chiatte è esteso dal Mar del Nord fino al Mar Nero. Il Danubio subisce molte brusche variazioni di direzione, ma la direzione prevalente è sempre verso est. Fra il sud dell’Ungheria e la Croazia diventa un fiume di pianura e le sue acque inondano, da un anno all’altro, vaste distese creando un’area di riserve naturali estesa oggi senza confini in cinque nazioni, Austria, Slovenia, Croazia, Ungheria e Serbia, costituendo la più grande biosfera protetta europea lungo il suo corso e i suoi tributari, come la Drava, il Tibisco e la Sava, e coprendo una superficie di 800000 ettari. Prima di Belgrado, il Danubio riceve il Tibisco sulla riva sinistra e raggiunge la sua massima portata e la larghezza di un chilometro. Dopo la confluenza con la Nera, sempre sulla riva sinistra, il Danubio si trova al confine con la Romania e deve aprirsi il passo fra i monti Carpazi meridionali e i monti Balcani. Vicino alla città rumena di Orsova, l’acqua precipitava in una gola larga 150 m e profonda 50 scavata dalle acque in milioni di anni fra due alte pareti di roccia. Il primo tentativo per regolare il flusso dell’acqua fu fatto nel 1890 distruggendo con la dinamite alcuni speroni di roccia, ma la velocità dell’acqua era sempre elevata e le navi dovevano essere trainate. La soluzione completa si ebbe con il progetto rumeno-jugoslavo del 1964-72 e la costruzione di due dighe, con le chiuse, e di due centrali idroelettriche servite da canali artificiali. Dopo le due chiuse, dette le Porte di Ferro, disposte a distanza di circa 80 km alle estremità della gola, il Danubio scorre ormai lentamente su un ampio letto con pendenza ridotta al minimo, trovandosi a 5 metri sul livello del mare e ancora a circa 1000 km dalla foce, lungo il confine fra Bulgaria e Romania. Il fiume si divide spesso in più rami che poi si ricongiungono fra molte isole e laghi lasciati dalle inondazioni. A 300 km circa dalla foce, piega verso nord, tutto in territorio rumeno, e prosegue fino al confine con l’Ucraina, dove piega a est e inizia il delta diviso in tre rami. Quest’ultimo tratto, insieme al ramo superiore del delta (il Chilia), costituiscono il confine naturale con l’Ucraina completamente navigabile. Gli altri due rami (il Sulina e il S. Giorgio), con i quattro quinti dell’area del Delta, appartengono alla Romania. Tutto il Delta è stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità e riserva della biosfera.
Il Danubio è stato sempre un confine naturale fra popoli e nazioni diverse e anche una via commerciale e di comunicazione fin dal neolitico (dal 6000 a.C.) lungo la quale si sono propagate le nuove idee e quindi la civiltà. Ognuna delle nazioni, che gravitano sul Danubio, vanta antiche popolazioni alle proprie origini. I Traci furono i primi popoli a occupare la moderna Bulgaria e nel 1000 a.C. erano diffuse dal Danubio all’Egeo e assorbirono la civiltà greca fino a cadere sotto il dominio dei Macedoni nel IV secolo. Le tribù celtiche si stabilirono nelle valli dell’alto corso del Danubio nel VI secolo a.C. e poi nel medio corso fino alla Sava e costruirono una fortezza nel luogo dell’attuale Belgrado. Essendo sempre divisi in tribù, non costruirono mai un regno e finirono dominati sotto la pressione delle tribù germaniche e dei Romani. A nord del basso corso del Danubio, nell’attuale Romania, nel I secolo a.C., si formò un regno autonomo dei Daci. Nel 27 a.C., con l’imperatore Augusto, i romani avevano conquistato l’intera valle del Danubio e creato una linea di fortificazioni (il Limes), che li separava da Celti, Pannoni e Illiri, e la flotta romana controllava le acque del fiume. Lungo le rive del Danubio si svilupparono le città romane di Castra Regina (Regensburg), Vindobona (Vienna), Aquincum (Budapest), Sigidunum (Belgrado), e Sexanta Prista (Buse). L’Austria attuale era inclusa nei territori romani del Norico e della Pannonia che dal tempo di Augusto fecero parte dell’impero romano. La Dacia, oltre il Danubio, fu conquistata, nel 106 d.C., dall’imperatore Traiano e ottenne così il controllo dell’intero basso corso del Danubio. Con Adriano (117-138), si pose fine all’espansionismo per consolidare l’impero e fortificare i confini. Nel III secolo, i Goti, scesi dal nord del Mar Nero, forzarono il Danubio, invadendo la Pannonia, e gli imperatori da Gallieno ad Aureliano (270-275), allora comandante della cavalleria, furono impegnati nel respingerli fino alla vittoria di Naissus (Nis in Serbia) nel 269. La Dacia fu abbandonata, molti barbari furono accolti nell’impero come immigrati e aiutarono a difendere i confini. Il periodo del basso impero, fra il III e IV secolo fu quello della maggiore crisi dell’impero; i Goti attraversarono il Danubio, i Franchi, il Reno, mentre i Sassanidi, che sostituivano i Parti, premevano a est. Diocleziano (284-305) riorganizzò l’esercito e così furono ricacciati Goti, Franchi e Sassanidi. Dopo Costantino (325-327), i Visigoti attraversarono il Danubio e l’imperatore Valente fu sconfitto e ucciso ad Adrianopoli nel 378. Nel 395, con la morte di Teodosio e la divisione dell’impero, quello d’Occidente fu il più indebolito. I Visigoti invasero l’Italia e saccheggiarono Roma nel 410. Gli Unni arrivarono sulla Marna, ma furono sconfitti ai Campi Catalaunici nel 451, poi Attila invase la pianura Padana, ma morì nel 453 e il suo popolo si dissolse. Roma fu saccheggiata dai Vandali nel 455 e l’Impero Romano d’Occidente crollò con la deposizione dell’ultimo imperatore Romolo Augustolo (476).
Dal V al VII secolo, tutta l’area balcanica fu interessata dalle migrazioni slave dal nord. I Croati arrivarono in Pannonia e Dalmazia e, dopo la venuta di Carlo Magno, che nel 796 distrusse il regno degli Avari, nel nord-est si formò la Croazia pannonica e, lungo la costa adriatica, la Croazia dalmata che furono evangelizzate. In Bulgaria gli slavi si mescolarono ai Traci. Dal 667, i Bulgari, tribù turco-altaiche, conquistarono Mesia e Tracia, fondarono il primo regno Bulgaro (681-1018), si fusero con gli slavi e i Traci persero la loro identità. I re bulgari ebbero il titolo di Caesar da Giustiniano, trasformato poi in Zar. Nell’865, lo zar Boris I si convertì al cristianesimo e la chiesa nazionale ortodossa riconobbe il Patriarca di Costantinopoli. Dopo l’863, per opera di due monaci slavi, Cirillo e Metodio di Salonica (Tessalonica), fu creato l’alfabeto cirillico e la lingua slava scritta. Nel IX secolo, le tribù slave dei Serbi Bianchi avevano creato la nazione serba, che comprendeva la regione della Bosnia-Erzegovina, a sud-est della Croazia pannonica e dalmata ed erano state convertite al cristianesimo dai missionari Cirillo e Metodio. L’unità nazionale fu rafforzata dalla minaccia della vicina Bulgaria. I sovrani serbi si appoggiarono all’impero bizantino e, nel XII secolo, si convertirono alla fede ortodossa. Nel 1166 iniziò la dinastia dei Nemanidi che costituì un potente stato indipendente e raggiunse l’apogeo nel XIV secolo con lo zar Stefano Dusan. Le dimensioni della Serbia raddoppiarono, incluse la Grecia, tranne il Peloponneso, e dominò la Bulgaria. Il crollo dell’impero serbo avvenne nel 1389 con la disfatta di Kosovo Lolje da parte degli ottomani. Nell’896, in Ungheria dalle regioni del Volga e degli Urali, arrivarono gli dal capo Arpad, che si unirono Ungari, un popolo di lingua ugrofinnica, formato da sette tribù, la maggiore delle quali era quella dei Magiari, comandati ad altre tre tribù locali di origine turca e conquistarono il bacino dei Carpazi nel medio corso del Danubio. Nacque così la Nazione ungherese delle dieci tribù. Nell’anno 1000 fu incoronato il primo re d’Ungheria Stefano I che convertì il popolo al cristianesimo. A est, il territorio della moderna Romania, dopo Attila, fu occupato da Serbi, Croati e Bulgari e infine dagli Ungheresi che occuparono la Transilvania fra i secoli XI e XII.
L’Austria, germanizzata da Longobardi, Ostrogoti e Franchi, dal X al XIII secolo fu dominata dalla dinastia Babenberg. Nel 1278, Rodolfo d’Asburgo stabilì il dominio della sua dinastia che rimase fino al 1918. La valle del Danubio si trovava nel percorso dei pellegrini che andavano in Terra Santa e fu attraversata dalle Crociate. Nel 1096, la prima crociata, guidata da Goffredo di Buglione, seguì la via di terra da Worms, Ratisbona, Vienna e l’Ungheria, convergendo a Costantinopoli e, passando per l’Asia Minore, dove fu conquistata Edessa e Antiochia. La crociata finì con la conquista di Gerusalemme (1099). Dopo la perdita di Edessa, nel 1141, partì la seconda crociata (1144-1148) che si esaurì per i contrasti fra crociati. Dopo l’occupazione di Gerusalemme da parte del sultano Saladino (1187), partì la terza crociata (1187-1192) di Federico Barbarossa che seguì il percorso terrestre lungo la valle del Danubio, ma morì in Cilicia guadando un fiume. La crociata proseguì con Riccardo Cuor di Leone, via mare, e conquistò solo l’isola di Cipro. Le altre crociate, fino alla settima nel 1270, ebbero sempre meno efficacia. Nel 1242 i Mongoli arrivarono fino ai confini dell’Ungheria. Dopo l’invasione mongola, i piccoli principati locali di Transilvania, Moldavia e Valacchia, con a capo un voivoda, acquistarono maggiore indipendenza. Nel XIV secolo il pericolo venne dal sorgere della potenza dei Turchi ottomani che iniziarono la conquista dei Balcani. Nel 1389, nella battaglia di Kosovo Lolje serbi e bosniaci subirono una sanguinosa disfatta. Quattro anni dopo gli ottomani conquistarono la Bulgaria. Nel 1396 il sultano Bayezid sconfisse gli Ungheresi, alleati dei Francesi, nella battaglia di Nicopoli. L’avanzata degli ottomani fu interrotta per 50 anni dall’arrivo di Tamerlano ma riprese con Maometto II. Dopo la conquista di Costantinopoli (1453), furono occupate Grecia e Albania, la Bosnia conquistata nel 1463, l’armata croata distrutta nel 1493. Gli Ottomani invasero i Balcani e, dopo le sconfitte di Serbi e Ungheresi, tutti dovettero pagare un tributo. Nel 1456, salì al trono di Valacchia Vlad III l’Impalatore, chiamato così perché usava questo supplizio su nemici e avversari e divenne famoso come Conte Dracula. Odiava i Turchi perché da giovane era stato alla corte del sultano come ostaggio e poi liberato come alleato. Appoggiò gli Ungheresi e il re Mattia Corvino (1458-1490) contro i Turchi poi, nel 1462, fece impalare i messi del sultano Maometto II, attraversò il Danubio e saccheggiò i territori ottomani, attaccò il campo del sultano cercando di ucciderlo, ma fallì e si rifugiò fra i suoi monti, infine fu fatto imprigionare da Mattia Corvino. La sua fine è ignota e rimase la leggenda.
Nel XVI secolo l’avanzata degli ottomani proseguì verso est con Solimano il Magnifico e gli Ungheresi subirono un’altra disfatta a Mohacs nel 1526, dove morì il re Luigi II e si estinse la dinastia ungherese degli Jagelloni. La corona d’Ungheria passò agli Asburgo, Ungheria e Croazia furono occupate in gran parte dagli ottomani e Solimano mosse verso Vienna per colpire il Sacro Romano Impero. Fu iniziato l’assedio ma levato all’inizio dell’inverno. Un trattato fra Austria e Impero Ottomano fu concluso nel 1562. Sotto il regno di Solimano il Magnifico, l’Impero Ottomano raggiunse il suo apogeo. Tutto il basso e nedio corso del Danubio, dal Mar Nero fino oltre Budapest apparteneva agli ottomani e solo una piccola fascia dell’Ungheria costituiva uno stato cuscinetto degli Asburgo a poca distanza da Vienna. Solimano morì nel 1566 durante un assedio in Ungheria ed è sepolto a Istanbul. Dopo la sconfitta di Kosovo, molti serbi migrarono verso nord, nella Voivodina che allora apparteneva all’Ungheria, accolti per la difesa dei confini, ma mai integratisi. Anche l’Austria accolse serbi e croati che fuggivano dai turchi e si formarono minoranze di etnie diverse. Con la guerra austro-turca del 1683-99 cominciò la rivincita delle potenze europee. Nel 1683, il sultano Maometto IV fece un secondo tentativo di occupare Vienna. Il visir Kara Mustafà, con 180000 uomini, fu mandato ad assediare la città. Decisivo fu l’arrivo del re di Polonia Giovanni Sobieski che prese alle spalle i Turchi, sbaragliandoli. Iniziò dopo la controffensiva degli Asburgo che ripresero Ungheria, Transilvania e Croazia. Caduto in disgrazia, Mustafà ebbe in dono dal sultano un laccio di seta con cui si fece strangolare. Il trattato di Carlovitz del 1699 confermò il nuovo assetto, ma la Bosnia-Erzegovina rimase alla Turchia. La prima rivolta serba fu quella del 1804 che continuò fino al 1813. Nel 1815, Milos Obrenovic, capo della seconda rivolta serba, sconfisse l’armata turca e fu riconosciuto principe di Serbia. Dal 1821 al 1829 scoppiò la rivolta della Grecia risolta con l’intervento delle potenze europee che, a Navarrino, distrussero la flotta turco-egiziana (1827). Seguì il trattato di Costantinopoli che confermava l’indipendenza della Grecia. Nel 1867, l’Imperatore Francesco Giuseppe creò la duplice monarchia dell’Impero Austro-Ungarico. Nel 1877 scoppiò la Crisi dei Balcani a seguito delle rivolte contro i Turchi in Bosnia-Erzegovina (1875) e in Bulgaria (1876) seguita da una feroce repressione. Nel dicembre 1876, in una conferenza tenuta a Costantinopoli si chiesero riforme all’Impero ottomano. Nel 1877-78 la Russia attaccò la Turchia ma si fermò davanti a Costantinopoli per l’intervento della flotta britannica. Nel 1878 fu firmata la pace di S. Stefano e si ottenne dalla Turchia la piena indipendenza di Montenegro, Serbia e Romania e l’autonomia della Bulgaria con protettorato russo. Questa diventava lo stato più grande dei Balcani, comprendendo la Macedonia e i confini sul Mar Nero a Mare Egeo. La nuova nazione serba aspirava all’unificazione di tutti i serbi, inclusa la Bosnia-Erzegovina amministrata dall’Austria, ma tributaria della Turchia, e proponeva una monarchia parlamentare fra serbi, croati e sloveni.
L’irredentismo serbo all’interno dell’Impero Austro-Ungarico portò all’attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914 con l’assassinio dell’Arciduca ereditario Francesco Ferdinando d’Austria. Scoppiò la Prima guerra mondiale che provocò la prima rivoluzione dell’assetto politico mondiale del XX secolo. Limitandoci al nuovo assetto delle nazioni danubiane, dopo il crollo dell’Impero Austro-Ungarico, l’Ungheria e la Cecoslovacchia divennero stati indipendenti e fu creato il nuovo regno dei Serbi, Croati e Sloveni con a capo il principe serbo Aleksander Karadordevic. Questi, nel 1929, fondò il Regno di Jugoslavia assumendo il nome di Alessandro I. Fu creata una commissione internazionale che controllava il traffico del Danubio da Ulm in Germania fino al Mar Nero, ma fallì la creazione di un’unione economica fra le nazioni danubiane. In Germania fu creata una repubblica parlamentare e, il 19 gennaio 1919 fu eletta l’Assemblea Nazionale che si riunì a Weimar e la nuova costituzione stabilì un regime semipresidenziale. L’impegno delle riparazioni di guerra provocò un’inflazione crescente e il marco crollò. Questo diede forza ai movimenti di estrema destra guidati da Adolf Hitler con il Partito Nazionalsocialista. Dopo le elezioni del 1923 fu eletto presidente Paul von Hindenburg Alle elezioni del Reichstag nel luglio 1932 Hitler ottenne la maggioranza relativa e, sostenuto da due partiti di destra, fu nominato cancelliere (gennaio 1933). Un mese dopo, l’incendio del Reichstag a Berlino diede a Hitler il pretesto per ottenere dal presidente il decreto di emergenza previsto dalla costituzione che sospendeva per quattro anni i diritti fondamentali. Dopo la morte di Hindenburg nel 1934, Hitler trasferì tutti i poteri alla sua carica nominandosi Fürer della Germania Nazista. Fu l’inizio del Terzo Reich. Nel 1938 Hitler, a seguito di un plebiscito, occupò l’Austria annettendola (Anschluss) in base al principio di autodeterminazione dei popoli. Con la stessa motivazione, la Germania ottenne l’annessione di territori etnicamente tedeschi ai confini con Boemia, Moravia, Slesia e Cecoslovacchia. La questione di Danzica fu il pretesto dell’invasione della Polonia nel settembre 1939, fu l’inizio della seconda guerra mondiale. Il Danubio fu occupato dalle forze navali tedesche per raggiungere il Mar Nero, i paesi balcanici, Romania e Bulgaria e l’Ungheria appoggiarono la Germania di Hitler, la Turchia, come la Spagna e la Svezia, rimasero neutrali. Dopo la conquista della Jugoslavia e della Grecia, la Germania attaccò la Russia nel giugno 1941, ma l’avanzata si fermò a Mosca. Nel giugno del 1942 i Tedeschi avanzarono nel Caucaso e occuparono Stalingrado, ma furono intrappolati dal contrattacco sovietico e finì la guerra-lampo. Stalingrado capitolò nel gennaio 1943. A ottobre l’armata rossa sfondò sul Dnieper, nel gennaio 1944, giunse al confine orientale polacco, in agosto occupò la Romania, in settembre entrò in Ungheria. In ottobre i partigiani di Tito entrarono a Belgrado insieme all’Armata Rossa. Dopo il suicidio di Hitler e la caduta di Berlino, nel maggio 1945, la Germania si arrese. L’Europa fu divisa nelle due zone d’influenza, dell’URSS e delle potenze occidentali, secondo gli accordi di Yalta del 1945. La Germania fu divisa secondo la linea Oder-Neisse, l’Austria fu resa neutrale. La nuova Repubblica Federale di Jugoslavia divisa in sei stati, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Macedonia e Montenegro, aderiva al blocco sovietico, con Tito primo ministro. Aderirono al blocco sovietico i paesi balcanici Romania, Bulgaria e l’Ungheria con la maggior parte del corso del Danubio. Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, i paesi del medio e basso corso del Danubio sono transitati a un regime democratico. La Cecoslovacchia si divise in repubblica Ceca e Slovacca. In Jugoslavia, dove Tito era morto già nel 1980, il crollo del comunismo fece esplodere i contrasti fra le nazionalità che proclamarono l’indipendenza. La guerra civile durò dal 1991 al 1996 e si formarono gli stati indipendenti di Slovenia, Croazia, Serbia, Montenegro e Bosnia-Erzegovina divisa in due entità: una Federazione Croato-Musulmana e una Repubblica di Bosnia-Erzegovina. Nel 1998 la Serbia attaccò i ribelli del Kosovo, provincia autonoma di maggioranza albanese, con una dura repressione anche da parte di forze paramilitari di estremisti serbi, questo provocò l’intervento della NATO che bombardò anche Belgrado.
28.2 PRIMO GIORNO A BORDO.
L’inizio della crociera, venerdì 14 settembre 2012, è stato un poco avventuroso perché il primo volo da Roma a Vienna ha subito 30 minuti di ritardo, sufficienti per perdere il secondo volo. Prenotato il volo successivo per Linz, questo partiva alle 22:20 con arrivo alle 23:00. Avvertita, all’arrivo a Vienna, l’agenzia di Roma che doveva assistere in caso di problemi, questa non è stata in grado di comunicare il ritardo alla nave. Arrivati a Linz, la nave era già partita ed è stato necessario pernottare in albergo e raggiungere, il giorno dopo, la nave nella sua prima tappa, a Melk, circa 100 km a valle, dove si fermava per la visita alla famosa Abbazia benedettina. Il mattino dopo, avvertita di nuovo l’agenzia di Roma, con un taxi si è raggiunta Melk nel luogo di approdo delle navi da crociera sul Danubio e, alle 9:00 circa, si è trovata la nave Vivaldi. Dal responsabile di bordo si apprende che il giorno prima la nave aveva lasciato Linz dopo il termine previsto per l’arrivo di tutti i passeggeri, senza attendere la notte, com’era indicato nel programma di viaggio, non avendo ricevuto informazioni di ritardi. Il programma del viaggio è aggiornato dal capitano secondo le esigenze. Diventa chiaro che l’intervallo di soli 20 minuti, fra arrivo e partenza da Vienna dei due voli, era troppo breve per assicurare la coincidenza aerea e l’agenzia era stata superficiale nello stabilire il piano dei voli oltre a non sapere gestire l’emergenza. In conclusione, del viaggio è andato perduto il benvenuto all’arrivo, l’informativa generale e, il giorno dopo, la prima visita a terra dell’Abbazia benedettina di Melk. Si apprendono intanto le regole della vita di bordo. Colazione, pranzo e cena si tengono in turni unici nella sala di prora del secondo ponte e a ogni ospite è assegnato un numero di tavolo. Gli orari della vita di bordo sono resi pubblici su uno schermo TV nella sala di Ricezione e aggiornati ogni sera. Le visite esterne sono condotte da agenzie del luogo con tre pullman e guide e gli ospiti sono assegnati in base al numero di tavolo. La lingua delle guide è francese e inglese. I partecipanti al viaggio provenivano da tutte le parti del mondo, c’era anche una coppia dalla Nuova Zelanda. La nave ha un ampio salone bar per gli ospiti e il ponte-sole al quarto livello per riposare e osservare il panorama.
Si riprendono alcune foto del Danubio e uno scorcio della vicina città di Melk. Alle 12:00 ritornano croceristi dalla visita all’Abbazia, alle 12:30 inizia il pranzo, la nave lascia l’approdo di Melk e inizia la navigazione alla volta di Vienna. Melk è stata fin dal IX secolo un centro militare nella difesa contro i barbari e la dinastia dei Babenbergs, che dominava la regione, vi stabilì la sua residenza permanente fortificata. I benedettini arrivarono nel 1089, fondarono l’Abbazia nel 1111 e questa prosperò nel medioevo, poi decadde fra il XV e il XVII secolo, per le lotte religiose e le guerre con i turchi. Fu ricostruita fra il 1702 e il 1749 in stile barocco. Sulle rive del Danubio abbondano i vigneti per tradizione secolare. S’incontra un monastero in un castello del 1600, si passa per Krems sulla riva sinistra e, alle 14:30 circa, si arriva alla prima chiusa lungo il Danubio dopo Melk, detta di Altenworth che compensa i dislivelli di alcune cataratte da Melk a Krems per complessivi 15 m. La chiusa è lunga 240 m e larga 24, vi stanno due navi affiancate e si trova al km 1980 dalla foce. Si seguono l’apertura delle porte e l’uscita delle due navi. Alla diga è associata una centrale elettrica. Alle 17:00 circa, si entra in una seconda chiusa, detta di Greiffenstein con un dislivello di 12,60 m e lunghezza e larghezza uguali alla precedente. Si trova a 1949 km dalla foce, ormai a soli 20 km da Vienna. Alle 18:00, la nave approda nel sobborgo di Klosterneuburg sulla riva destra, in vista dell’Abbazia Augustine. Questo edificio fu costruito in origine nel 1114 e ricostruito dall’imperatore Carl VI nel XVIII secolo, a imitazione dell’Escorial di Madrid, come dimora dei primi Asburgo. Palazzo e insieme chiesa sono in stile barocco, con nove cupole ornate dalle corone degli Asburgo, la più alta quella imperiale e la più piccola quella dell’arciduca d’Austria. A sera un gruppo di crocieristi scende in città per assistere a un concerto facoltativo di musica viennese.
Ripensando, in seguito, alle conseguenze del ritardo nell’arrivo a Linz, si è perso il passaggio per Mauthausen, città sulla riva sinistra del Danubio circa 20 km dopo Linz, vicino alla quale era sorto il campo di sterminio nazista attivato nel 1939, dove sono morti più di 100000 deportati. Forse non si poteva vedere nulla, ma si tratta di un luogo simbolo della sofferenza e della malvagità umana che il diario del viaggio non può dimenticare specie in un luogo per altro verso così ricco di tesori d’arte e di cultura.
28.3 VIENNA E BRATISLAVA.
Il mattino di domenica 16 settembre, dopo colazione, si lascia la nave per la visita di Vienna a bordo di pullman con le guide locali. Il ramo principale del Danubio attraversa la città a nord-est e forma rami secondari e isole prodotte da antiche inondazioni. Uno di questi rami attraversa il centro della città e ne fa parte integrante (Donaukanal). Fra questo e il ramo principale c’è la stazione ferroviaria ovest e l’area del Prater destinata ai divertimenti con la famosa Ruota. Si attraversa la città passando accanto all’Università, il Municipio (Rathause), il Parlamento e la MariaTheresinen Platz con il monumento all’imperatrice e si raggiunge, a sud-ovest del centro, il Castello di Schönbrunn. Residenza imperiale degli Asburgo, fu fatta costruire fra il 1692 e il 1780 e abitata per la prima volta dall’imperatrice Maria Teresa nel 1740, poi fino a Francesco Giuseppe e l’ultimo imperatore Carlo I. Si entra dal Cortile d’onore nell’edificio principale e si visitano gli storici appartamenti. Si esce quindi dal lato posteriore sul grande parco per ammirare la Fontana del Nettuno e sulla collina, in fondo, l’edificio colonnato della Gloriette, dedicato alle glorie dell’esercito imperiale, il cui nucleo è ispirato a un arco di trionfo romano. Ripreso il pullman, si fa un altro giro per il centro cittadino e si sosta a Piazza Santo Stefano per ammirare la cattedrale con la sua altissima guglia. Alle 13:00, si è di ritorno alla nave che riprende subito la navigazione alla volta di Bratislava, capitale della Slovacchia. All’uscita da Vienna, alle 14:30, s’incontra l’ultima chiusa in territorio austriaco, detta di Freudenau, con un dislivello di 8,50 m, lunga 275 m e larga 24, che si trova al km 1921 dalla foce. Si vedono ancora capanni di pescatori e piccoli approdi. L’Austria finisce, dove sbocca, sulla riva sinistra, il fiume Morava (km 1880 dalla foce) che segna il confine con la Slovacchia. C’è ancora un piccolo tratto del Danubio comune alle due nazioni poi, davanti a Bratislava, il Danubio appartiene interamente alla Slovacchia e dopo diventa confine comune con l’Ungheria. Alle ore 16:00, si approda a Bratislava sotto il grande castello reale che rimonta al IX secolo, ricostruito più volte, ultimamente nel 1953 in stile Rinascimento, dopo l’incendio del 1811. Alle 17:00, si lascia la nave per la visita alla città. Bratislava è stata capitale del regno di Ungheria sotto gli Asburgo dal 1536 al 1783, quando Budapest era occupata dai Turchi. Il primo insediamento è stato celtico nel 200 a.C., dal I al IV secolo fece parte del confine difensivo romano lungo il Danubio. Gli Slavi arrivarono fra V e VI secolo e la città fece parte del regno della Grande Moravia che raggiunse la sua massima espansione sotto il regno di Svätopluk (871-894) che unificò territori appartenenti oggi anche a Serbia, Croazia, Romania, Ucraina, Polonia e Germania. Questo grande stato fu smembrato per opera dei magiari nel X secolo. Il castello sotto i magiari fu rifatto in stile rinascimentale nel 1562 poi, nel 1682, divenne barocco e fu dimora reale con Maria Teresa d’Austria. Rimasta sempre sotto la dominazione dell’Austria, prima, e dell’Ungheria, durante il duplice impero, senza poter rivendicare la propria identità linguistica, la Slovacchia raggiunse la piena indipendenza, con capitale Bratislava, solo nel 1993, dopo la scissione dalla federazione cecoslovacca, ed è ora entrata nell’area euro.
Si sale al Castello e si attraversa la porta d’ingresso alla spianata; davanti alla facciata, c’è la statua equestre di bronzo di re Svätopluk su una base di granito alta 7,8 m. Il castello massiccio, a pianta rettangolare con quattro torri angolari, domina la città vecchia e il Danubio da una collina che era l’acropoli della città celtica. Dalla spianata si possono vedere i ponti sul Danubio. Il più vicino è il Novi Most con un unico pilone vicino alla riva destra che porta alla sommità un ristorante e una piattaforma panoramica. Più lontani sono altri ponti sospesi, fra cui uno ad arco, l’Apollo Bridge, costruito nel 2005, che è uno dei simboli della nuova città. Si scende poi nel centro della città storica, dove si trovano la cattedrale di San Martino, con il campanile alto 85 m, e un’antica casa ebrea, ricostruita per ricordare il quartiere ebraico devastato in epoca nazista. In una strada c’è una targa pavimentale che indica il luogo, dove sorgeva una delle porte delle fortificazioni abbattute nel 1777. Una statua rappresenta il busto di Anton Bernolák (1762-1813), un sacerdote che per primo ha codificato la lingua nazionale degli slovacchi. In fondo a una strada, c’è la Porta di San Michele, unica rimasta delle quattro antiche porte gotiche del XIV secolo e infine la piazza Principale, cuore del centro antico, ristrutturata nello stile originario, e luogo di manifestazioni pubbliche e mostre d’arte. Alle ore 19:00 circa, si è di nuovo sulla nave pronta a riprendere la navigazione verso Budapest. Prima di mezzanotte, a circa 50 km da Bratislava, si passa la chiusa di Gabcikovo con un dislivello fra 18 e 22 m, lunga 275 m e larga 34.
28.4 BUDAPEST.
Il mattino di lunedì 17 settembre alle ore 8:00, la Vivaldi, che nella notte ha percorso circa 220 km, è in avvicinamento alla città di Budapest, capitale dell’Ungheria. Il Danubio, dopo aver percorso da Bratislava circa 180 km verso est, ha cambiato direzione di novanta gradi puntando verso sud ed entrando interamente in Ungheria. Budapest è nata nel 1873 dall’unione delle due città: Buda, a occidente, sulla riva destra del Danubio, e Pest a oriente, sulla riva sinistra. Buda divenne capitale dell’Ungheria nel 1247 e sede del palazzo reale. Pest fu occupata dai Turchi nel 1526 e Buda 15 anni dopo. Dopo la riconquista da parte degli Asburgo nel 1686, Pest divenne il centro amministrativo e s’ingrandì superando Buda. L’unificazione avvenne dopo la creazione dell’Impero Austro-Ungarico (1867).
La nave approda sulla riva sinistra (Pest) fra il Ponte Elisabetta, a nord, e il ponte Verde, o della Libertà, a sud, già ponte di Francesco Giuseppe. Sulla riva destra, in corrispondenza del Ponte della Libertà c’è il grande edificio dell’Hotel Gellert, famoso per i bagni termali, e subito a destra inizia la Collina Gellert da dove sgorgano le acque calde. Sulla vetta della collina si vede la statua della Libertà alta 36 m costruita per commemorare la liberazione sovietica dall’occupazione nazista nel 1945. Dopo il 1990, la statua è stata dedicata a tutti i caduti per la libertà e l’indipendenza dell’Ungheria.
Alle 10:00 circa, si parte per la visita della città. Il pullman raggiunge il Ponte delle Catene, il più antico della città, inaugurato nel 1849, che riunì per la prima volta le due città di Buda e Pest. Il ponte ha la campata centrale, lunga 200 m, e quelle di estremità sospese con catene a due piloni. Fatto saltare dai Tedeschi per fermare l’avanzata dei sovietici, è stato poi ricostruito. Si attraversa il ponte passando a Buda e si sale alla Collina del Castello, cuore dell’antica città, dove si trovava la residenza dei re d’Ungheria. Nulla è rimasto delle antiche residenze del XIV secolo distrutte dai Turchi e durante la riconquista. I nuovi palazzi imperiali in stile neoclassico ricostruiti con l’Impero Austro-Ungarico sono ora utilizzati come musei. Più a nord, si sosta a Piazza della Santa Trinità con la chiesa di Mathias dedicata alla Madonna. Era in origine del XIII secolo e fu chiamata con il nome di Mattia Corvino, re dal 1458 al 1490, che aveva portato l’Ungheria all’apice della sua potenza. Trasformata in moschea dai turchi, fu ricostruita nel XIX secolo in stile neogotico con un alto campanile. Davanti alla chiesa si trova la Colonna della Trinità o della Peste per la fine delle epidemie nel 1709-10. Intorno alla piazza, in posizione panoramica sul Danubio si trovano i Bastioni dei Pescatori che ricordano le antiche fortificazioni della Corporazione dei pescatori nel medioevo. Distrutti dalle guerre, l’ultima ricostruzione, in stile neogotico e neoromanico, ha eretto sette torri rappresentanti le sette tribù magiare che hanno fondato l’Ungheria nel IX secolo. Vicino ai bastioni si trova la statua equestre in bronzo di Stefano I d’Ungheria (Sant’Etienne) venerato come santo fondatore dello Stato e della Chiesa ungherese (896).
Si scende dalla Collina del Castello e si torna a Pest, attraversando il Ponte delle Catene, e si raggiungono, a nord-est, il parco municipale di Varosliget e la Piazza degli Eroi, una delle più importanti di Budapest, dove si trova il Museo delle Belle Arti e, al centro, il Monumento del Millennario con le statue dei sette capi tribù che hanno creato l’Ungheria. La costruzione era iniziata nel 1896, in occasione della celebrazione del millenario della fondazione, quando l’Ungheria faceva parte dell’Impero austro-ungarico, ma fu completato nel 1929. Il monumento è costituito da una colonna sormontata dalla statua dell’Arcangelo Gabriele e, davanti, un cenotafio dedicato ai caduti per la libertà dell’Ungheria. Intorno alla colonna vi sono le sette statue a cavallo dei capi tribù guidati da Arpad, il fondatore. Ai lati della colonna principale vi sono due arcate semicircolari di colonne con le statue di personaggi della storia ungherese. Finita la visita, alle 13:00, si torna alla nave.
Nel pomeriggio, c’è tempo libero per visite individuali. Si è avvertiti che l’Ungheria non è ancora in zona Euro e il cambio ora vale 1 euro = 284 fiorini. Si sceglie di visitare prima il vicino Mercato Coperto di Pest, un grande edificio cominciato nel 1894 e finito nel 1897, vicino al Ponte della Libertà. Dopo i danni delle guerre è stato restaurato nel decennio 1990. Al piano terra vi sono gli stand ricchi e colorati dei prodotti alimentari, frutta, carni, salumi. Al piano superiore vi sono banchi di stoffe, souvenir e una grande varietà di prodotti tipici ungheresi. Dopo il Mercato, seguendo la mappa, si raggiunge la Basilica di Santo Stefano nel centro di Pest. Progettata nel 1850 in stile neorinascimentale è stata completata nel 1906, e consacrata, alla presenza dell’Imperatore Francesco Giuseppe I. Nel 1938, novecentesimo anniversario della morte di Santo Stefano, è stata elevata al rango di Basilica minore. Si può solo ammirarla dall’esterno perché è usata per concerti. Si torna alla nave per la cena.
Dopo cena, alle 20:30 si torna in città per assistere a uno spettacolo di musiche e danze ungheresi. Si è di ritorno alle 22:30 e la nave riprende la navigazione verso Kalocsa.
28.5 LA PUSZTA A KALOCSA E MOHACS.
Il mattino di martedì 18 settembre, la Vivaldi è ammarrata al piccolo approdo vicino alla città di Kalocsa sulla riva sinistra del Danubio, circa 140 km a sud di Budapest. Nella zona non ci sono ponti che attraversano il Danubio e qui c’è un traghetto che fa il collegamento fra le due sponde. Alle ore 9:00 i pullman ci accompagnano in una fattoria dell’interno, nella puszta (grande pianura) ungherese per assistere a uno spettacolo dei cavalieri magiari. Questi sono chiamati csikos, equivalente dei nostri butteri, e vestono il loro tradizionale costume ungherese. Da un palco destinato ai visitatori, si seguono gli esercizi di abilità dei csikos nel maneggio della frusta, che fanno schioccare e quando la usano al galoppo per colpire dei bersagli. Mostrano le loro capacità acrobatiche guidando un gruppo di cavalli e stando in equilibrio con i piedi su due di essi.
Segue una visita alla fattoria su un carro trainato da cavalli, si vedono buoi e cavalli al pascolo, alcune case tipiche e si scende per vedere le stalle e i buoi aggiogati ai carri.
Dopo si raggiunge la città di Kalocsa che è sede di un antico arcivescovado, uno dei quattro della chiesa cattolica in Ungheria. La cattedrale e il palazzo arcivescovile sono stati ricostruiti nel 1700 dopo le guerre. La diocesi ha una ricca biblioteca e una mostra dei tesori diocesani. Il territorio è un centro importante per la produzione della paprica con un museo dedicato. Si visita un’antica casa ricostruita 60 anni fa e trasformata in museo con una raccolta etnografica.
Il ritorno alla nave è alle 12:30 e subito la navigazione riprende alla volta di Mohacs. La Vivaldi passa sotto due ponti di ferro e incrocia un’altra nave. Alle 17:00 circa, si approda a Mohacs sulla riva destra. Anche qui c’è un traghetto che collega le due rive opposte. Mohacs, vicina alla frontiera serba, è nota per la battaglia che si svolse nelle sue vicinanze contro l’armata di Solimano il Magnifico, nel 1526, e la disastrosa disfatta degli Ungheresi in cui morì il re Luigi II e segnò l’occupazione di quasi tutta l’Ungheria.
Nel pomeriggio c’è del tempo libero per fare una passeggiata in città. L’abitato ha un aspetto moderno, tutto ricostruito e restaurato negli ultimi 10-20 anni. Nella piazza principale c’è il Municipio in stile arabeggiante, la cattedrale con una grande cupola e un modesto memorial della battaglia, con lapidi dedicate ai caduti e una statua di Luigi II d’Ungheria in armatura medievale stilizzata.
Si torna alla nave che, alle 18:30, lascia Mohacs e passa il confine serbo che dista ormai meno di 15 km, e prosegue poi per Novi Sad. Si attraversa ora una delle zone più belle della grande area protetta fluviale europea, alla confluenza della Drava con il Danubio, fra Ungheria, Serbia e Croazia, dove senza argini le acque dilagano durante le ondate di piena creando una grande foresta allagata. Piste ciclabili e navigazione fluviale ne fanno un centro di ecoturismo. Durante la notte si passa per Vukovar, grande porto croato sul Danubio a 1333 km dalla foce. Coinvolta nelle guerre jugoslave 1991-95, fu assediata dall’armata serba, distrutta dai bombardamenti e occupata da milizie paramilitari che commisero massacri mirati alla pulizia etnica. Fu restituita alla Croazia nel 1998 completando l’indipendenza croata.
28.6 DA NOVI SAD A BELGRADO.
Il mattino di mercoledì 19 settembre, alle 8:00, la Vivaldi è ferma all’approdo di Novi Sad, sulla riva sinistra. Sulla riva destra, opposta alla città, si vede la fortezza di Petrovaradin del XIII secolo, conquistata da Solimano il Magnifico e poi liberata dai Turchi dal principe Eugenio di Savoia. Usata poi come caserma e prigione, vi fu tenuto il futuro maresciallo Tito. Novi Sad (Nuovi Giardini) è capitale della Voivodina, granaio della ex-Jugoslavia; il luogo era abitato fin dall’età della pietra e poi dai Celti e dai Romani fino ai Bizantini. Nel 1999, durante l’ultima guerra de Kosovo, la città è stata bombardata dalla NATO e i suoi tre ponti distrutti. La ricostruzione è finita nel 2005. La Serbia non è ancora in zona euro e usa il dinaro (1 euro = 114 dinari).
Alle 9:30, si lascia la nave per la visita a bordo dei pullman, ma prima della città moderna si attraversa il Danubio sul vicino ponte per raggiungere la città di Sremski Karlovci, posta a circa 8 km da Novi Sad, centro politico e culturale serbo. Fondata nel 1694 dagli ortodossi serbi, divenne importante nel XVII e XVIII secolo per la presenza di un Patriarca e un’università di studi classici e linguistici. La città divenne poi famosa nella storia per il Trattato di Karlowitz del 1699 fra Austria, Turchia, Polonia e Venezia, che pose fine alla guerra contro i Turchi, dopo il secondo assedio di Vienna, e ridiede all’Austria la supremazia sui Balcani. Al centro della città si trova la Cattedrale, la sede del Patriarca, l’Università con la Biblioteca e il Municipio.
Lasciata Sremski Karlovci, si torna a Novi Sad per una passeggiata al centro storico. Si percorre tutta la Strada Principale all’inizio della quale è il palazzo patriarcale di stile bizantino, davanti c’è la statua di Jobath Jobanovich, uomo politico serbo (1833-1904) che lottò per l’indipendenza della Voivodina. La strada è tutta zona pedonale e gli edifici sono stati restaurati nello stile originale dopo l’ultima Guerra del Kosovo e i bombardamenti della NATO. Alla fine della strada si apre la Gran Piazza su cui affaccia la Cattedrale cattolica, con l’alto campanile e un orologio sopra il portale; di fronte sorge il Municipio.
Alle 12:30, si torna alla nave che subito parte alla volta di Belgrado. Si passa vicino a Sremski Karlovci e dopo, il Danubio attraversa una parte del parco nazionale e si nota la ricca vegetazione che copre le rive e l’abbondanza di uccelli. In questo tratto, prima di Belgrado, c’è la confluenza del Tibisco (Tisza in ungherese e Tisa in serbo) proveniente da nord, dalle montagne dell’Ucraina occidentale; attraversa l’Ungheria e, in Serbia, si unisce al Danubio. Alle 17:00 si tiene una conferenza sulla Serbia (poco comprensibile), alle 18:00 si giunge a Belgrado e si approda sulla riva destra.
Dopo cena, alle 20:30 si scende a Belgrado per assistere a uno spettacolo folcloristico con musiche e danze serbe. Si torna alla nave alle 23:00.
28.7 BELGRADO.
Il mattino di giovedì 20 settembre è nuvoloso e piove. Alle ore 9:00 si lascia la nave per la visita della città di Belgrado, capitale della Serbia. La città si trova al km 1170 dalla foce del Danubio, sulla confluenza del fiume Sava, dove si trova la fortezza di Kalemegdam, sulla sponda destra di ambedue i fiumi, nel luogo delle prime fortificazioni, prima celtiche e poi romane del I secolo. Fu ricostruita tante volte, fino all’ultima da parte degli austriaci che ne fecero una delle più possenti d’Europa. Oggi è museo militare e, intorno, c’è un parco di divertimenti. Anche la città di Belgrado fu distrutta e ricostruita tante volte e poco è rimasto dell’antico. Il nucleo della città storica si trova sulla riva destra dei due fiumi, nel 1800 si estese a sud e a est e, dopo la seconda guerra mondiale, anche sulla riva sinistra del Danubio. Nel 1999, i bombardamenti NATO hanno distrutto tutti i ponti, poi ricostruiti. Oggi la città ha oltre 2 milioni di abitanti.
La visita del centro cittadino è resa difficile dalla pioggia, le foto sono riprese dall’interno del pullman con i vetri bagnati. La maggior parte degli edifici è nello stile serbo barocco e neoclassico e i più antichi risalgono alla prima metà del 1800. Il Palazzo Vecchio, sede dell’Assemblea Cittadina, è stato costruito nel 1802-04 in stile neoclassico. Il Parlamento, anche questo neoclassico, si trova al centro di Belgrado nella piazza dedicata a Nikola Pasic, uomo politico che fu a capo della Serbia fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Si attraversano i quartieri residenziali e la zona delle ambasciate. Si sale infine sulla sommità dell’altopiano che domina la città, dove si trova la Cattedrale di San Sava, uno degli edifici più imponenti di Belgrado. La costruzione fu iniziata nel 1895, dopo la definitiva liberazione dai Turchi, nel luogo, dove questi avevano bruciato le ossa del santo per cancellate l’oggetto della devozione popolare. I progetti e la costruzione del tempio furono rallentati e bloccati nel corso delle guerre, da quella con la Bulgaria del 1912, a quella del 1915-18, poi quella del 1940-45 e infine dal governo jugoslavo. I lavori furono ripresi nel 1984 e il tempio consacrato nel 2000, ancora non ultimato; i lavori continuano per la decorazione degli interni. Il tempio è a pianta centrale con una cupola, sorretta da pennacchi, che è stata costruita a terra e poi sollevata nella sua posizione. L’interno è a croce greca con quattro absidi a semicupola. La struttura è lunga 91 m, larga 81 e la sua altezza, fino alla sommità della croce, è di 79 m. Oggi è la più grande chiesa ortodossa del mondo. L’esterno è in marmo travertino, cupole e semicupole sono rivestite di rame, i pavimenti sono di marmo e le decorazioni a mosaico.
San Sava di Serbia (1174-1235) era il fratello del primo re di Serbia, Stefano Prvovensani; da giovane si ritirò nel monastero di Monte Athos, dove prese il nome di Sava, il fondatore del monachesimo palestinese. Nel 1219 fu consacrato arcivescovo di Serbia dall’imperatore Teodoro I e divenne il fondatore della chiesa autocefala serba che si distaccò da quella bulgara. In seguito si riavvicinò alla chiesa romana e ottenne dal papa Onorio III l’approvazione per l’incoronazione del fratello Stefano a primo re di Serbia. Venerato dai Serbi, è festeggiato il 14 gennaio, giorno della sua morte.
Prima di tornare alla nave si passa in vista della fortezza di Kalemegdan che si può fotografare. Alle 13:30 la Vivaldi lascia l’approdo di Belgrado e riprende la navigazione verso le Porte di Ferro. Si passa vicino allo sbocco della Sava e si possono fotografare ancora una volta i bastioni della fortezza di Kalemegdan. Nel pomeriggio, alle 17:50, si passa per Smederevo, città serba sulla riva destra, che fu anche capitale per brevi periodi e vi fu costruita una fortezza nel 1430 della quale sono rimaste le rovine, dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Dopo Smederevo c’è lo sbocco della Velika Morava sulla riva sinistra; alle 19:00 si giunge alla confluenza della Nera, sulla riva destra al km 1077 dalla foce, quasi 100 km da Belgrado. Qui passa il confine con la Romania e c’è il cambiamento di fuso orario (si aggiunge un’ora) per Romania e Bulgaria.
28.8 PASSAGGIO DELLE PORTE DI FERRO.
Il mattino di venerdì 21 settembre il cielo è sereno e si prevede bel tempo. La giornata è dedicata al passaggio delle Porte di Ferro, come sono chiamati i sistemi di chiuse e centrali idroelettriche che superano le cataratte nel passaggio dalle montagne dei Carpazi meridionali ai Balcani, dove il Danubio ha scavato una profonda gola. Alle ore 8:00 del mattino la Vivaldi si trova nei pressi di Donji Milanovac, sulla riva destra, a 993 km dalla foce. Il corso del Danubio curva verso nord, la gola si stringe tra alte rive fino a 100 m di larghezza, la corrente raggiunge la massima velocità e le navi sono costrette a passare singolarmente, poi torna ad allargarsi a Dubova. Sulla riva sinistra (Romania) si vede una piccola chiesa ortodossa e, poco dopo, compare il volto gigantesco di Decebalo, re dei Daci avversario di Traiano, scolpito sulla roccia. Decebalo, il cui nome significava forte come dieci uomini, era salito al trono dei Daci nell’87 dopo il primo tentativo di Domiziano di penetrare in Dacia e aveva ottenuto la pace con i Romani. Le ostilità ripresero con Traiano nel 101 e Decebalo fu ripetutamente sconfitto, ma mantenne il trono e fu costretto a limitare gli armamenti e accettare guarnigioni romane. Cercò una rivincita nel 105 attaccando le guarnigioni romane e attraversando il Danubio. Traiano reagì rapidamente, invadendo la Dacia, e, dopo la sconfitta definitiva del 106, Decebalo si uccise. La scultura fu eseguita nel 2004, omaggio dei romeni al loro antico condottiero, è alta 40 m e sovrasta il percorso dell’autostrada che costeggia la riva. Poco più avanti, al km 965, a pelo d’acqua sulla riva destra serba, si scopre la Tabula Traiana con l’iscrizione dedicata all’imperatore al tempo delle campagne militari per la conquista della Dacia. Commemorava la costruzione della strada che da Belgrado seguiva la riva destra del Danubio e che è stata in gran parte sommersa con la costruzione delle dighe. Anche la Tabula si trovava a un livello più basso di circa 50 m ed è stata sollevata per non essere sommersa. Al km 954 si passa davanti alla città rumena di Orsova, dove il Danubio, occupa un ampio bacino e compie un angolo di circa 90 gradi verso sud-est avvicinandosi alla prima diga delle Porte di Ferro. La Derdap I (km 943), con le chiuse e la centrale idroelettrica, è stata finita nel 1971 in un programma congiunto fra Romania e Serbia. Il dislivello è di 34 m e le chiuse sono lunghe 310 m e larghe 34. Alle 9:40 si è in attesa di entrare nella chiusa. Sulla riva sinistra rumena si vedono un’autostrada e una linea ferroviaria, sulla riva destra serba si vedono le linee elettriche della centrale. Dalle chiuse escono due navi da carico. Alle 10:40 si entra nella chiusa insieme a altre due navi, si chiudono le porte di ingresso e inizia lo svuotamento del bacino. Raggiunto il livello minimo, si aprono le porte di uscita. Alle 11:20 la Vivaldi esce dalla chiusa e si può ora osservare la diga dal lato opposto.
Dopo 12 km di navigazione si passa davanti alle città opposte di Kladovo (Serbia) e di Dobeta (Romania). Questo è il luogo di un insediamento dei Daci, dove nel 103-105 l’imperatore Traiano fece costruire da Apollodoro di Damasco, il suo architetto preferito, il ponte sul Danubio, largo in quel punto 800 m, che poggiava su 20 pilastri in muratura su una lunghezza di 1135 m e reggeva una struttura ad archi di legno. Il ponte era fortificato e assicurava i rifornimenti alle legioni romane impegnate nella conquista della Dacia.
Mentre la nave prosegue la navigazione verso la seconda Porta di Ferro, il Comandante invita i crocieristi per una visita alla Sala di Comando (Timoneria) per fornire alcune informazioni sulle caratteristiche tecniche della nave. Il comandante guida la nave dalla consolle mediante quattro cloche che agiscono sui propulsori per movimentarla in tutte le direzioni, anche lateralmente. Dalla postazione di comando si ha la visione diretta della prora nave e alcune telecamere permettono una visibilità a 360 gradi. In mancanza di visibilità vi sono gli schermi di due radar di navigazione e una mappa GPS satellitare che fornisce continuamente la posizione topografica della nave.
Nel frattempo la nave si avvicina alla seconda Porta di Ferro seguita da altre navi sulla stessa rotta. Alle 15:30, la Vivaldi e altre due navi entrano nella chiusa della Derdap II (km 863) che ha un dislivello di 15 m, 310 m di lunghezza e 34 di larghezza. Seguono le solite operazioni e, alle 16:10, si è fuori dalla diga. Alle 17:00, si passa davanti alla bocca del fiume Timok sulla riva destra che segna il confine fra Serbia e Bulgaria. Da questo momento il Danubio sarà il confine comune fra Romania e Bulgaria e più avanti orienterà il suo corso verso est.
Si termina la serata con una cena di gala per festeggiare il passaggio delle Porte di Ferro. Durante la notte la nave percorre più di 350 km lungo il Danubio per raggiungere Ruse al km 495.
28.9 SOSTA A RUSE SULLA RIVA BULGARA.
Il mattino di sabato 22 settembre, alle 8:00, la Vivaldi si trova sulla riva destra del Danubio, nel porto di Ruse uno dei principali della Bulgaria. La città fu fondata dai Romani con il nome di Sextanta Prista per indicare che il suo porto poteva accogliere 60 navi, oggi è la quarta della Bulgaria. Dall’approdo si vede poco della città e del porto. Sulla riva sinistra c’è l’approdo alla città rumena di Giurgiu che deve il suo nome a un insediamento commerciale genovese del XIV secolo che aveva eretto il castello di S. Giorgio. Durante il regime comunista, negli anni 1952-54, è stato costruito un ponte fra Ruse e Giurgiu lungo 2224 m con finanziamenti sovietici, chiamato Ponte dell’Amicizia, unico ponte sul Danubio sul confine fra le due nazioni che è stato per secoli il passaggio obbligato di tutte le invasioni dall’oriente in Europa. La Bulgaria è entrata nell’Unione Europea nel 2007, ma non è ancora in area euro. La sua moneta è il lev e un euro vale oggi 1,95 lev.
Alle 9:30, si lascia la nave per la visita della città. Il pullman ci porta al centro, dove si trovano tutti gli edifici e monumenti più importanti costruiti fra la fine del 1800 e il 1900. Il palazzo della municipalità è di recente costruzione. Vicino a Piazza della Libertà è l’Antico Teatro, un edificio neoclassico costruito fra il 1898 e il 1902 che è diventato uno dei simboli della città. Sopra il cornicione si nota la statua di un Mercurio alato. Altro simbolo della città è la statua della Libertà, al centro della piazza omonima alberata, scolpita dall’italiano Arnoldo Zocchi. Sulla piazza affaccia anche il Palazzo di Giustizia. A est della piazza si trova il Teatro Nazionale dell’Opera del 1891. Vicino si trova la chiesa della Santa Trinità, piccola e semisotterranea, costruita con le limitazioni imposte durante il dominio ottomano. Il campanile è stato costruito dopo l’indipendenza. Notare l’icona della Santa Trinità sulla facciata.
Si torna alla nave e, dopo il pranzo, si parte per un’escursione alle chiese rupestri nella valle del Rusenski Lom, ultimo affluente di destra del Danubio prima del delta. Il fiume ha creato un profondo canyon con una serie di meandri e pareti verticali alte 100 m, dove si aprono numerose grotte abitate da monaci ed eremiti, dal XII al XIV secolo. A 20 km a sud di Ruse, vicino al villaggio di Ivanovo, si possono osservare il canyon e le grotte e quindi, seguendo un sentiero, si arriva alla chiesa rupestre della Santa Vergine nel Monastero di S. Michele Arcangelo, a 32 m sopra il fiume che conserva, sulle pareti e sul soffitto, affreschi medievali ancora un buono stato. La chiesa è stata inclusa dall’UNESCO fra i Patrimoni dell’Umanità. Usciti dalla chiesa, si torna al pullman e si sosta in vista della fortezza medievale di Cherven, le cui rovine si vedono sulla sommità di una rupe. Costruita dai traci e usata da romani e bizantini, la fortezza e la città di Cherven raggiunsero il loro apice sotto il regno dello zar Ivan Alexander (1331-1375). L’occupazione turca del 1388 portò la città alla decadenza e all’abbandono.
Alle 18:00 si è di ritorno alla nave. Dopo cena, alle 21:00 nel salone-bar, una compagnia di artisti bulgari offre uno spettacolo di folclore con musiche e danze nei costumi nazionali.
28.10 UN GIORNO A BUCAREST.
Il mattino di domenica 23 settembre, alle ore 7:00, la Vivaldi si sposta dal suo approdo di Ruse, sulla riva destra bulgara, a quello rumeno di Giorgiu, sulla riva opposta. Vicine sono le gru del porto.
Alle ore 9:00 si scende dalla nave per la visita della città di Bucarest, capitale della Romania nella regione della Valacchia, dove si rimarrà anche per il pranzo. Completata la visita, nel pomeriggio si raggiungerà la nave con i pullman a Fetesti, città su un ramo del Danubio più vicina al delta, dove la Vivaldi si sarà spostata nel frattempo.
Bucarest è anche la città più popolosa della Romania con più di 2 milioni di abitanti, grandi parchi che la rendono una città giardino, ha un giardino botanico e ricchi musei di arte, storia, folclore e architettura popolare. La città sovrappone il nuovo all’antico senza omogeneità architettonica, ma la sua vita culturale, universitaria, economica e notturna è quella di una capitale. La radice del suo nome, in lingua rumena, significa gioia. Nel XIX secolo il suo sviluppo si ispirò alla cultura francese e fu chiamata la piccola Parigi. Soffrì gravi distruzioni durante la seconda guerra mondiale e, il 4 marzo 1977, durante la dittatura di Nicolae Ceausescu, un violento terremoto distrusse un terzo del centro cittadino con più di mille morti e, con la ricostruzione, si cancellò buona parte del patrimonio storico dell’area.
La città è relativamente vicina al Danubio, ma ci vuole circa un’ora per giungere al centro, attraversando la periferia, e fermarsi a nord della città, nel parco Herastrau, al Museo del Villaggio Dimitrie Gusti. Si tratta di un tipico museo all’aperto che raccoglie cultura e tradizioni del popolo rumeno. Si possono vedere vari tipi di chiese e case di legno provenienti da luoghi diversi della Romania con tutti i manufatti e oggetti di uso comune. All’ingresso c’è la pianta del museo che si stende su una vasta area. Tra le altre si visita una chiesa portata qui dal villaggio di Dragomiresti, costruita in origine nel 1722, sostituendo un’altra bruciata dai Tartari nel 1717. Si visita quindi una casa contadina che ha all’interno un telaio. Vi sono dimostrazioni di lavori artigianali e piccoli negozi che vendono oggetti e dolci locali. Alle 11:30 si riprende il pullman per la sosta pranzo in un ristorante che offre anche uno spettacolo di musiche e danze tipiche rumene; vi sono anche violinisti e suonatori di flauto.
Alle 13:30 si riprende il pullman per proseguire il giro panoramico della città. Al centro di una piazza, dove confluiscono diversi viali alberati c’è un Arco di Trionfo che commemora la partecipazione vittoriosa della Romania alla prima guerra mondiale. Fu costruito in fretta di legno per permettere alle truppe un ingresso trionfale, dopo la fine della guerra fu costruito un secondo arco provvisorio e, nel 1935, fu costruita la struttura attuale. Si passa vicino a una piccola chiesa ortodossa del tempo dell’occupazione turca, ingrandita con campanile e cupola dopo l’indipendenza. L’Ateneum è una Sala Concerti considerata uno dei simboli della città e, insieme alla Biblioteca Centrale Universitaria, sono edifici storici. Si passa ancora vicino a un’altra antica chiesa ortodossa e infine si gira intorno all’attuale Parlamento, gigantesco edificio voluto da Ceausescu dopo il terremoto, come Casa del Popolo, centro di tutte le istituzioni. Per esso fu spianata un’antica collina e raso al suolo un intero quartiere ricco di edifici storici e religiosi. Nel suo genere è il secondo edificio più grande del mondo, dopo il Pentagono di Washington. Iniziato nel 1984 era quasi completato alla data della caduta ed esecuzione di Ceausescu (25 dicembre 1989). Fu costruito con marmo della Transilvania e altri materiali di provenienza rumena. Misura 270 per 40 m, è alto 86 m ed ha piani sotterranei fino alla profondità di 92 m.
Alle 15:00, si sosta nel quartiere del Patriarcato ortodosso. La basilica del Patriarca ha un’abside trilobata e quattro torri cilindriche. Nella piazza davanti alla facciata, si trova a destra il Palazzo del Patriarca e a sinistra la sua abitazione. Dietro la chiesa c’è un edificio a torre che è il centro culturale. All’interno della Basilica notare la ricchezza dell’iconostasi e la cupola della torre sopra l’abside.
Alle 16:00, finita la visita, si lascia la città per raggiungere la nave nel suo nuovo approdo a Fetesti prendendo l’autostrada che da Bucarest attraversa il Danubio a Fetesti e Cernavoda e finisce a Costanza, il più grande porto commerciale della Romania sul Mar Nero. Si arriva all’approdo di Fetesti, vicino al ponte autostradale per Cernavoda e Costanza. Alle 17:45, la nave è in avvicinamento e si assiste alla manovra di approdo. Dopo l’imbarco, verso le 19:00, la nave riprende la navigazione alla volta di Tulcea, ultima tappa sul Delta. Dopo cena il personale di bordo ha preparato uno spettacolo di addio con scene di folclore e giochi di luce.
28.11 TULCEA E IL DELTA.
Il 24 settembre, lunedì, è l’ultimo giorno prima della partenza. Si hanno le ultime informazioni sul trasferimento del giorno dopo agli aeroporti previsti nei singoli programmi di viaggio, si controllano debiti e crediti e si riprendono i passaporti. Ci sono anche le mance da lasciare per il personale di bordo e un questionario da compilare per dare un giudizio sul viaggio.
Tulcea è la più grande città del delta con circa 90000 abitanti, posta al km 71 dalla foce prima dell’ultima biforcazione del Danubio e nel luogo dell’antico insediamento romano di Aegyssus che sostituiva una città fondata dai Daci nel VII secolo a.C.; dista 334 km da Bucarest e 123 km da Costanza, dove si trovano i più vicini aeroporti. Il porto di Tulcea, oltre al traffico commerciale è punto di partenza di tutte le visite organizzate nel delta. In città ci sono un museo del Delta e una cattedrale dedicata a S. Mathias. Vi sono due complessi industriali di leghe di ferro e alluminio.
Di mattina c’è del tempo libero per fare una passeggiata in città. Si segue prima il lungomare, poi si cerca all’interno la cattedrale ortodossa di St. Nicholas del 1865 che si trova in posizione più elevata. Alta 30 m, ha tre torri di cui due sul fronte e la più grande dietro, sopra l’abside. I dipinti all’interno sono in stile Rinascimento.
Dopo pranzo, alle 14:00, si lascia la nave per la visita del delta a bordo dei battelli di un’agenzia locale. Si attraversa il porto e si entra in uno dei canali dell’intricata rete del delta, formatosi nell’holocene da 10000 anni fa, con i materiali alluvionali del Danubio, habitat di una ricca fauna, specialmente avicola, dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità e riserva della biosfera. Nelle tre ore che dura la visita, si cerca di avvistare e fotografare gli uccelli lungo le rive e la vegetazione. I più numerosi a vedersi e farsi fotografare sono gli aironi delle due varietà cinerine e bianche, sia fermi sia in volo. Si osservano anche due cormorani fermi sui rami di un albero e, a distanza, due cigni neri, infine un fagiano seminascosto. Le isole fra i canali sono coperte da foreste. S’incontrano barche di pescatori e altri battelli.
Alle 17:30 si è di ritorno al porto e alla Vivaldi. Questa è l’ultima sera a bordo della nave. Domani, poiché il nostro volo parte da Bucarest alle 11:15, il trasferimento in aeroporto è alle 4:45 del mattino con sveglia alle 3:30. Altri che partono dall’aeroporto di Costanza o con altri orari partiranno più tardi. Dopo cena, alle 21:00 nel Salone Bar, una compagnia di artisti locali presenta a bordo uno spettacolo di musica e danze del folclore rumeno. Si torna in cabina, per completare le valige e dormire, prima della fine dello spettacolo.
28.12 IL RITORNO.
Il giorno 25 settembre la sveglia è alle 3:30 e l’auto è pronta con l’autista alle 4:45. C’è anche una colazione al sacco da mangiare in aeroporto. Vi sono 334 km per Bucarest e non è tutta autostrada, ma è ancora buio e il traffico è scarso. Si arriva all’aeroporto alle 8:30 e gli imbarchi non sono ancora aperti, si aprono dopo le 9:00. Il volo è in orario, si ottengono le due carte d’imbarco per Vienna e per il Vienna - Roma delle 12:55. Tutto procede regolarmente senza ritardi.
NOTA SUCCESSIVA: L’Agenzia Chiariva ha riconosciuto il danno economico subito con la perdita del volo e il mancato imbarco all’ora prevista ed ha rimborsato le spese documentate, con un bonifico in data 28 gennaio 2013.
Fonte: http://www.travelphotoblog.org/ArchivioPersonale/Eurotour.doc
Sito web da visitare: http://www.travelphotoblog.org/
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