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CROCIERA IN UCRAINA (2009)
14.06-23.06.2009 - 10:30 - Viaggio organizzato da Giver Viaggi.
La Crociera è partita da Odessa sul Mar Nero a bordo della M/n Marshall Koshevoy, nave russa con equipaggio russo e staff di accompagnatori ucraino anche di lingua italiana. Dopo l’imbarco è iniziata la visita guidata della città che è proseguita anche il giorno dopo. La crociera è continuata nei tre giorni successivi visitando le città storiche di Sebastopoli ed Yalta nella penisola di Crimea, tutte sul Mar Nero. La nave è poi tornata indietro verso il golfo di Odessa, per imboccare l’estuario del Dniepr, dove ha avuto inizio il suo percorso fluviale risalendo la corrente e fermandosi nei principali porti fra cui Kherson, nota per i suoi cantieri navali e la grande diga che ha regolato il corso del fiume a monte. Segue la sosta a Zaporozhye, centro della cultura cosacca dell’Ucraina, il cui nome significa “accampamento oltre le rapide”, anche queste sparite dopo la costruzione di una seconda diga. Un altro giorno di navigazione, con il passaggio di altre tre dighe, porta alla capitale Kiev alla cui visita è dedicato l’ultimo giorno e mezzo.
48.1 TERRA E STORIA DELL’UCRAINA.
L’Ucraina è situata nell’Europa orientale e confina a nord con la Bielorussia e la Russia, ad est ancora con la Russia, a sud con il Mar d’Azov ed il Mar Nero e ad ovest con Bulgaria, Moldavia, Ungheria, Repubblica Slovacca e Polonia. Si estende per 2000 km, da ovest ad est, per 1000, da nord a sud, ha una superficie totale di 603700 kmq (circa il doppio dell’Italia) ed è, dopo la Russia, lo stato più grande d’Europa. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica la popolazione è scesa sotto i 50 milioni di abitanti per l’emigrazione, la mortalità ed il calo demografico; quasi il 70% vive in aree urbane. Circa il 75% sono di etnia ucraina, e 20% russi, il resto sono minoranze provenienti dai paesi confinanti e 260000 tatari di origine mongola. La lingua ufficiale è l’ucraino di ceppo slavo orientale, scritto in una versione particolare dell’alfabeto cirillico, ma molti parlano il russo ed il bielorusso. La religione più diffusa è la cristiana ortodossa che fa capo al patriarcato di Mosca e di Kiev. Il grado di alfabetizzazione della popolazione è molto elevato, ci sono sette università e le più antiche sono quelle di Leopoli (1784), Kiev (1834) e Odessa (1865). Il territorio è costituito in prevalenza da pianure, steppe e praterie, le uniche montagne si trovano ad ovest, nell’ultimo tratto dei Carpazi, e nella penisola di Crimea. Il fiume più lungo è il Dniepr di 2200 km che nasce in Russia, attraversa la Bielorussia e scorre per 980 km da nord a sud in Ucraina fino alla sua foce nel Mar Nero. Con una serie di dighe è stato reso una via d’acqua navigabile per i trasporti e sono stati creati grandi bacini d’acqua dolce e centrali idroelettriche. Un altro fiume è il Dniestr, ad occidente, che scorre in parte in Moldavia e sbocca nel Mar Nero a ovest di Odessa. Altri due fiumi sboccano nel Mar d’Azov. Tutto il territorio intorno al bacino inferiore del Dniepr è una fertile pianura di terra nera ricca di humus che è stato a lungo il granaio d’Europa e dell’URSS. Il patrimonio naturale copre il 3,9% del territorio e comprende foreste di querce, aceri, tigli e frassini, specie lungo i fiumi, popolate da una ricca fauna di lupi, volpi, gazzelle ed orsi bruni nella zona dei Carpazi. Vi sono inoltre vaste zone paludose, paradiso del birdwatching e, la più ricca fra queste, è la Riserva della Biosfera del Delta del Danubio al confine con la Romania. Un’altra riserva è quella di Askaniya Nova creata a nord della Crimea nel XIX secolo come parco faunistico di circa 2300 ettari, popolata da cervi, antilopi, bufali, cavalli selvatici ed altri animali esotici importati. Un’altra Riserva Naturale si trova in Crimea.
Il sottosuolo dell’Ucraina è ricco di minerali soprattutto manganese, minerali ferrosi e carboni fossili. Quasi esaurite sono invece le riserve di petrolio e gas naturali.
La storia dell’Ucraina è alle origini della storia della Russia ed è stato il primo stato slavo a formarsi. Popolazioni di ceppo linguistico slavo esistevano dalla fine del secondo millennio a.C. fra l’Ucraina settentrionale e la Bielorussia meridionale. Nel VII secolo a.C., l’Ucraina fu invasa dagli Sciti che venivano dall’Asia centrale, i Greci colonizzarono le coste del Mar Nero e vi trasferirono la loro cultura. Nel III secolo i Sarmati spazzarono l’impero scita e dopo arrivarono Goti, Unni ed Avari. Intanto le popolazioni slave si espandevano verso est, in Russia, e verso ovest, in Polonia e Cecoslovacchia, ed infine nel meridione, Serbia, Croazia e Bulgaria. La creazione dei primi centri commerciali e delle prime città stato fu però merito dei vichinghi, detti variaghi o rus dagli slavi, provenienti dalla Scandinavia e dal Baltico che, seguendo le vie fluviali crearono nel IX secolo insediamenti in punti strategici, a Novgorod, Smolensk e fino a Kiev in Ucraina dove fu creato uno stato Rus’ unificato che si affermò per la sua posizione strategica fra Novgorod e Bisanzio, mentre Mosca era ancora un piccolo villaggio a nord-est della Rus’. Il IX secolo fu anche il tempo della diffusione del cristianesimo fra gli slavi ad opera di due monaci di Tessalonica, Cirillo e Metodio, che introdussero anche l’alfabeto cirillico, veicolo che permise in seguito la diffusione delle lingue slave. Nel 978 a Kiev fu eletto il re variago Vladimiro che, avendo aiutato l’imperatore bizantino Basilio II in una rivolta interna, ebbe in moglie la figlia Anna e, per farsi accettare dalla corte bizantina, accettò il battesimo nel 989 ed impose nel suo regno il cristianesimo ortodosso, consolidando così i rapporti con Bisanzio. Il suo regno raggiunse la massima estensione, dal Danubio al Baltico e fino al Volga. I traffici sul Dniepr assicurarono la prosperità del paese. Dopo la morte di Vladimiro detto il Grande, nel 1015, seguì l’ultimo grande sovrano della Rus’, Yaroslav il Saggio, ma dopo la sua morte, nel 1054, l’impero si disgregò in tanti principati fra cui la Galizia e la Volinia. Il declino di Kiev spinse i popoli Rus verso nord-est fino all’invasione mongola del 1240, quando Kiev fu saccheggiata dai Mongoli, dopo 4 secoli della sua ascesa. Il centro del potere dei Variaghi o Rus si spostò a Novgorod che entrò a far parte della lega Anseatica. I Mongoli guidati da Batu Khan, nipote di Gencis Khan, arrivarono fino in Polonia ed Ungheria, crearono il khanato dell’Orda d’Oro con capitale a Saray nell’alto corso del Volga, che controllava l’immenso impero, ma mantennero i principi locali esigendo solo tributi e sottomissione. Fra i principati si distinse quello di Novgorod con Alexander Nevskij che sconfisse gli Svedesi sulla Neva nel 1240 e i Cavalieri Teutonici, due anni dopo, e fu santificato dalla chiesa ortodossa. Cominciò anche l’ascesa dei principi di Mosca che per primi poterono vantare nel 1380 un’importante vittoria a Kulikovo sui discendenti dei mongoli, detti tatari. In Crimea si formò un khanato di Tatari che, quando l’Orda d’Oro era ormai in decadenza nel XV secolo, divenne nel 1475 uno stato satellite dell’impero ottomano. Da qui i Tatari. continuarono a molestare con razzie i territori dell’Ucraina. I principati di Galizia e Volinia, che si trovavano sul lato occidentale e settentrionale ed erano più distanti dall’influenza mongola, subirono il predominio di Polacchi e Lituani, ma mantennero una loro identità nazionale. Le steppe centro-meridionali del paese, che separavano la zona nord dominata dai polacchi-lituani e dai Tatari della Crimea, furono occupate da comunità autonome, ex servi della gleba e profughi di religione ortodossa, che si diedero un’organizzazione militare e furono detti kosaky, parola turca che significava fuorilegge o persone libere, ed erano comandati da un capo eletto democraticamente detto atamano. Il gruppo più importante si concentrò sotto le rapide del basso Dniepr nell’isola di Khortytsya, a Zaporozhye che divenne la patria dei cosacchi ucraini. Kiev fu capitale della Volinia nel 1264, poi passò sotto la Lituania nel 1362, quindi della Polonia nel 1569. Nel 1648 i Cosacchi ucraini, con l’aiuto dei Tatari sconfissero i Polacchi ed occuparono Kiev facendone la capitale di uno stato cosacco-ucraino. Proseguendo la guerra e abbandonati dai Tatari, i Cosacchi fecero un’alleanza militare con la Russia, ormai unificata dai Romanov, ma questa finì con l’accordarsi con la Polonia per la spartizione dell’Ucraina, assegnando alla Polonia i territori ad ovest del Dniepr ed alla Russia Kiev e l’Ucraina settentrionale, a est del fiume (1667). All’inizio del 1700, sperando ancora di unificare i territori polacchi e russi, i Cosacchi fecero un’alleanza con la Svezia contro la Russia di Pietro il Grande, ma furono sconfitti a Poltava nel 1709. L’Ucraina era ormai destinata a cadere nell’orbita russa, che aspirava ad uno sbocco sul Mar Nero allora dominato dai Turchi con le numerose fortezze costruite lungo le coste. Nel 1772 Prussia, Austria e Russia decisero di cancellare la Polonia come nazione e si spartirono i territori. L’Ucraina occidentale passò quasi tutta alla Russia esclusa la Galizia con Lviv che andò all’Austria. Nel frattempo Caterina II di Russia, la Grande, entrata in guerra con la Turchia (1768-1774), conquistò la foce del Dniepr e l’accesso al Mar Nero. Nel 1783 conquistò la Crimea ed infine le coste del Mar Nero fino al Dniester. Iniziò la campagna di colonizzazione e russificazione dei nuovi territori e Caterina nominò governatore Grygory Potemkin, suo favorito, per introdurre coloni e fondare nuove città lungo il Dniepr e, Sebastopoli e Odessa, sul Mar Nero. Sebastopoli divenne il porto militare e Odessa quello commerciale. Con lo zar Nicola II proseguì la politica aggressiva della Russia contro la Turchia avanzando la richiesta di protettorato su tutti i cristiano ortodossi nel territorio turco. La guerra scoppiò con l’attacco e la distruzione di tutta la flotta turca nella rada di Sinope, il 30 novembre 1853, ma subito le flotte francesi ed inglesi entrano nel Mar Nero per contrastare le mire russe. Fallirono i tentativi di trovare un accordo e la coalizione di Turchia, Francia, Inghilterra e Austria investì la piazzaforte di Sebastopoli. Il Piemonte si aggiunse alla coalizione per garantire la sua neutralità con l’Austria sul fronte italiano. L’assedio durò 345 giorni e la piazzaforte cadde l’8 settembre 1855. La città fu completamente distrutta e il porto reso inagibile, perché i Russi vi avevano affondato le navi. Ambedue le parti persero ciascuna circa 250000 uomini e molti morirono per il colera, le ferite e le infezioni dovute alle cattive condizioni degli ospedali. La pace fu firmata nel 1856 al Congresso di Parigi che garantì l’indipendenza e l’integrità dell’Impero Ottomano, chiuse gli stretti dei Dardanelli alle navi da guerra e limitò gli armamenti nel Mar Nero a Turchi e Russi. Una conseguenza indiretta della guerra fu la rottura della Santa Alleanza fra Austria e Russia a tutto vantaggio di Napoleone III. Le autorità zariste proseguirono nella russificazione dell’Ucraina e, nel 1876, misero al bando la lingua ucraina; da questo momento nacque il movimento nazionalista.
Dopo la prima guerra mondiale ed il crollo del regime zarista l’Ucraina poté sperimentare un periodo di indipendenza e, nel 1918, a Kiev fu proclamata la prima Repubblica Popolare Ucraina (RPU), o Nazionale Ucraina (RNU), ma scoppiò subito la guerra civile fra soviet ucraini bolscevichi, polacchi e nazionalisti ucraini, mentre bande di Cosacchi facevano scorrerie nel territorio. Anche a Lviv fu proclamata una Repubblica Nazionale dell’Ucraina Occidentale (RNUO), ma l’anno seguente fu cancellata dalle truppe polacche. Dopo il Trattato il Versailles del 1919 ed il successivo trattato di Riga del 1921, Polonia, Romania e Cecoslovacchia si divisero l’Ucraina occidentale, mentre i sovietici occuparono il resto del territorio che divenne una delle repubbliche socialiste della nuova URSS, la seconda in grandezza dopo la Russia. Salito al potere Stalin nel 1927, fu avviato un piano di collettivizzazione socialista con lo scopo di cancellare ogni aspirazione nazionalista residua. Negli anni 1932-33 avvenne la grande carestia e da tre a cinque milioni di persone morirono di fame in Ucraina, per una deliberata volontà politica, perché i magazzini erano pieni di viveri. Nel periodo delle grandi purghe del 1937-39 vi furono esecuzioni e deportazioni in massa nei gulag della Siberia.
Dopo l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, nel settembre 1939 le truppe sovietiche invasero la Polonia orientale e l’Ucraina polacca, ma nel 1941 la controffensiva tedesca, insieme agli alleati romeni, occupò gran parte del territorio ucraino per più di due anni. Due milioni di ucraini fecero parte dell’Armata Rossa, ma vi furono i nazionalisti che appoggiarono i Tedeschi e quelli che combatterono entrambi sognando l’indipendenza. Odessa fu centro di molte azioni partigiane. Nel 1943 l’URSS riconquistò i territori perduti e Stalin deportò in Siberia milioni di ucraini e tutti i tatari della Crimea con l’accusa di tradimento e collaborazionismo. Nel 1944 iniziò la ritirata del Tedeschi su tutti i fronti e, nel 1945, Stalin si incontrò con Churchill e Roosevelt a Yalta per la famosa Conferenza dove si stabilirono le zone di influenza in Europa e nel mondo dopo la guerra.
L’Ucraina ebbe un grande ruolo nell’economia sovietica del dopoguerra, superato il periodo di guerriglia del decennio 1950 suscitato dagli indipendentisti ucraini nella regione dei Carpazi. La ricostruzione e lo sviluppo dell’industria pesante fu portata avanti sfruttando le miniere di carbone e di ferro della zona orientale. Fu costruita la grande centrale idroelettrica di Dniproges, a monte di Zaporozhye, e furono costruite industrie per la fabbricazione di armi e missili in aree interdette e segrete. Dall’Ucraina venne buona parte della nomenclatura sovietica. Nikita Krushev, al potere nel 1953-64, vi visse a lungo e si considerava suo cittadino; Leonid Breznev, ingegnere metallurgico, era ucraino e fu al potere nel 1964-82.
Il potenziamento dell’attività agricola ed industriale non ha avuto riguardi per l’ambiente e, come altre parti dell’URSS, l’Ucraina ne ha risentito. L’inquinamento nelle zone industriali ha raggiunto livelli di allarme, le acque erano inquinate e l’acqua potabile scarseggiava. Una delle più gravi catastrofi ambientali è stata quella della centrale nucleare di Chornobyl vicina alla frontiera con la Bielorussia. Il mattino del 26 aprile 1986, esplose il reattore Numero 4 della Centrale dopo un test di sicurezza sbagliato, uccidendo 2 tecnici ed esponendo alle radiazioni 28 altri lavoratori e i vigili del fuoco intervenuti. Il reattore bruciò per 10 giorni emettendo 400 volte la radioattività della bomba di Hiroshima. Nelle settimane seguenti le piogge radioattive si propagarono verso nord-ovest in Bielorussia, Polonia ed il Baltico fino in Svezia, che fu la prima a dare l’allarme al mondo, ancora tenuto all’oscuro. Sul luogo era scattata un’operazione segreta e le autorità avevano inviato centinaia di migliaia di soldati, scienziati ed ingegneri, per soffocare il fuoco nel nucleo del reattore, raccogliere i rifiuti radioattivi nei dintorni e per costruire un sarcofago di cemento ed acciaio sul reattore distrutto. Le zone vicine furono evacuate, ma solo due anni dopo le notizie furono declassificate. Il disastro fece esplodere i sentimenti nazionalisti ed indipendentisti. In Ucraina iniziarono le marce di protesta che ebbero il loro centro a Kiev. Nel 1989 iniziò la disintegrazione del sistema sovietico ed il 24 agosto del 1991 il Parlamento di Kiev votò l’indipendenza della nazione. La separazione era complicata dalla presenza di armamenti nucleari in Ucraina e della flotta del Mar Nero a Sebastopoli. Il problema del porto fu risolto nel 1999 offrendolo in concessione alla Russia fino la 2017. Intanto il paese subì un’acuta crisi economica con inflazione astronomica. Nel 1994 fu eletto presidente Leonid Kuchma un riformatore filorusso, rieletto nel 1999, ed iniziò la risalita economica, ma la speculazione e la corruzione fecero crescere il malcontento.
La lotta per la successione alle elezioni presidenziali del 2004 fu fra il favorito Viktor Janukovyc, favorevole alla Russia e Viktor Juscenko filoeuropeo. Quest’ultimo, sopravvissuto ad un tentativo di avvelenamento da diossina, e nonostante fosse stato sconfitto al ballottaggio, suscitò una violenta protesta dell’opposizione che scese in piazza a Kiev con i vestiti arancione, il loro colore simbolo. La Corte Suprema a dicembre invalidò le elezioni ed indisse le nuove il 26 dello stesso mese. Juscenko vinse a maggioranza e giurò a gennaio 2005. L’Ucraina si avvicinò all’Europa e alla NATO ma rimane la polarizzazione fra filo russi e filo occidentali. A dicembre 2005 la società russa Gazprom aumentò la tariffa del gas naturale dai metanodotti che attraversavano il paese, passando, da quella di favore di 50 dollari, a 230 dollari e ne nacque una lunga contestazione. Alle elezioni parlamentari del marzo 2006 uscì, primo ministro, Janukovyc che cercò di ridurre per via parlamentare i poteri presidenziali. Il presidente sciolse il parlamento e le nuove elezioni di settembre furono vinte dal partito della coalizione arancione di Julija Timosenko che è attualmente al governo.
L’adesione all’Unione Europea è stata dichiarata come obiettivo da raggiungere per il prossimo futuro, fissando la data del 2017.
48.2 ODESSA.
Il mattino di domenica 14, dall’Hotel Odessa, si assiste all’arrivo della M/n Marshall Koshevoy che attracca al molo del Porto Antico dove si trova anche la Stazione Marittima. L’imbarco avviene in mattinata e, dopo le formalità e l’assegnazione delle cabine si scende a terra con la guida per una prima visita panoramica della città.
La zona di Odessa era stata occupata dagli Ottomani nel 1525 e rimase turca fino alla guerra russo-turca del 1787-91 voluta da Caterina di Russia la Grande. Nel 1789 il generale Grygory Petemkin, favorito della zarina, conquistò la fortezza turca che qui sorgeva e dopo la sua morte, nel 1794, iniziarono i lavori per la fondazione della nuova città. Il suo rapido sviluppo, nello stile neo classico di Pietroburgo, richiamò folle di lavoratori e fu nominato, primo governatore, il duca di Richelieu, nipote del famoso cardinale e profugo dalla rivoluzione francese. Alla fine del 1800, Odessa era diventata il porto commerciale più grande della Russia, per volume di traffico. Durante la guerra di Crimea fu pesantemente bombardata dalle flotte francesi ed inglesi. Nel 1905, dopo la guerra russo-giapponese, vi iniziò la rivoluzione operaia a seguito dell’ammutinamento della corazzata Potemkin, reso celebre dal film del regista russo Eisenstein del 1925, che ambientò una drammatica scena nella lunga gradinata che scendeva sul mare. Odessa fu risparmiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, ma nel 1941 i partigiani resistettero a lungo contro Tedeschi e Romeni nelle catacombe cittadine. Conquistata la città, nella notte del 22 ottobre, i Romeni furono responsabili del massacro, per rappresaglia, di 5000 civili, in maggioranza ebrei; in seguito furono uccisi altri 20000 civili. La città fu liberata dall’Armata Rossa nell’aprile 1944.
La visita alla città inizia dal molo del Porto Antico che è un’aggiunta recente, insieme alla Stazione Marittima, all’Hotel Odessa, il più grande della città, ed alla rete stradale e ferroviaria che corre lungo la fronte del porto. Sul molo è un gruppo scultoreo moderno in bronzo che rappresenta Odessa Neonata. Con un sottopassaggio si attraversa l’autostrada e si arriva ai piedi della Scalinata Potemkin di 192 gradini che una volta scendeva direttamente sulla baia dal centro neo-classico e residenziale della città. Sul fianco c’è una funicolare gratuita che evita ai cittadini la fatica del percorso a piedi. La piazza, che si trova sulla sommità, ha al centro il monumento al primo Governatore, duca di Richelieu, in toga da antico romano. Dalla piazza si vede il molo del Porto Antico con l’Hotel Odessa.
Ai due lati del monumento partono i due rami opposti del bulvar Prymorsky che costeggia dall’alto il mare, fiancheggiato da acacie bianche, simbolo di Odessa. Sul lato interno della strada vi sono antichi palazzi nobiliari di stile neo-classico dalle facciate semplici, ma lussuosi internamente. Lungo il ramo sinistro, verso sud-est, si incontra uno scavo archeologico con alcuni resti dell’antica colonia greca di Olvia (città felice). Il nome di Odessa deriva invece per errore da quello di un’altra colonia greca, Odessos, che però è stata localizzata in Bulgaria, a circa 1000 km da qui. All’estremità del boulevard, si raggiunge una piazza con il Palazzo Municipale, antico palazzo della Borsa, con ampio colonnato classico sulla fronte e in alto il gruppo scultoreo del Giorno e la Notte, la prima con gli occhi aperti e l’altra chiusi. Davanti al palazzo è il busto di Puskin con la scritta “cittadino di Odessa”; il massimo poeta russo era stato qui esiliato per i suoi epigrammi e vi scrisse molte delle sue opere. Sul lato sinistro del palazzo si trova un cannone di ghisa, trofeo della guerra di Crimea, e sul lato destro un indicatore di direzioni con gli orientamenti di tutte la città gemellate a Odessa (per l’Italia c’è Genova). Prendendo la strada a destra si raggiunge Piazza dei Tre Musei (Archeologico, della Marina e della Letteratura), quindi seguendo la Lanzheronivska si passa accanto al Teatro dell’Opera, un gioiello della città, costruito nel 1880-90, in stile eclettico barocco viennese, e dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Tutta questa zona monumentale di Odessa ha subito nel tempo lenti cedimenti che hanno provocato fratture negli edifici storici costringendo al rinforzo delle fondamenta a partire dagli anni 1960 e anche recentemente. Si è dovuto ricorrere all’uso di palificazioni profonde fino a 600 m per raggiungere il terreno solido. Il sottosuolo calcareo di Odessa è infatti attraversato da circa 100 km di gallerie artificiali che si estendono in periferia, dette Katakombi, usate per estrarre il materiale da costruzione della città fin dalle sue origini. Questa rete di gallerie è stata usata durante l’ultima guerra dai partigiani durante la lotta di resistenza e si può anche visitare.
Si completa la visita alla città con un percorso in pullman nell’area sud dove vi sono ampi parchi che rendono Odessa una delle più verdi d’Europa, con 18 mq di verde per abitante. Si passa su viale Panteleymonivska vicino alla chiesa ortodossa di San Pantaleo, simile a San Basilio di Mosca. Costruita da monaci greci, nel 1800 fu chiusa dai sovietici e recentemente restaurata. Vicino alla stazione ferroviaria sorge un grande obelisco ed un complesso abitativo del periodo sovietico. Si arriva ad est in vista del mare, al monumento del Marinaio Ignoto, un obelisco sempre presidiato da una Guardia d’onore formata dagli alunni di tutte le scuole che si avvicendano ogni settimana, sotto la guida di istruttori militari.
Tornando verso il porto, si passa lungo il viale Peobrazhenska, asse ovest delle città, per visitare la Cattedrale della Trasfigurazione (Peobrazhensky), la chiesa più importane di Odessa, fatta distruggere da Stalin ed ora ricostruita (ma non finita). La facciata esterna ha sovrapposto un campanile con alto pinnacolo visibile in città anche a grande distanza e sul transetto c’è una grande cupola. All’interno vi sono due chiese. L’inferiore, è quella invernale, finita e visitabile, la superiore, estiva, non è ancora finita.
Questa è l’ultima tappa della visita e si torna a bordo per il pranzo.
Si ritorna in città altre due volte, il pomeriggio del 14 e la mattina del 15 con due passeggiate dedicate ai luoghi più caratteristici del centro cittadino che vengono riassunte di seguito.
Si inizia dalla sommità della Scalinata Potemkin, percorrendo poi il bulvar Prymorsky verso l’estremità occidentale fino al palazzo Vorontsov che fu il terzo Governatore della città ed era uno degli uomini più ricchi della Russia. Dietro il palazzo fu costruito un portico colonnato, un Miramare che a quel tempo aveva la bella visione del golfo, ma oggi offre la deludente visione del Porto Commerciale. Da qui, attraversato un ponte, si raggiunge via Gogolya dedicata al grande scrittore ucraino (1809-1852) e la si percorre verso sud. Sulla sinistra si incontra un palazzo di stile eclettico del 1901 su cui si trovano due targhe: una si riferisce all’architetto Boadek che ha costruito il palazzo e l’altra al compositore Iuri Snatokov, vissuto qui dal 1962 al 1998. Più avanti si trova una targa con il profilo del dott. Vladimir Petrovich Filatov (1875-1956), famoso oculista, nato a Odessa, che per primo nel 1912 usò il trapianto della cornea contro la retinite filamentosa che porta alla cecità. Più avanti, sulla facciata di un’altra casa, si trova il busto di Nikolaj Vasilevic Gogol, vissuto qui dal 1850 al 1851. Via Gogolya finisce su viale Majakovskij e qui è in evidenza la targa che dedica la strada al famoso poeta russo sovietico (1893-1930). Più avanti si entra nei Giardini di Città, un parco sempre affollato con una fontana e un chiosco per la musica e diversi strani monumenti fra cui quello del musicista Leonid Utesov, seduto su una panchina, che nel decennio 1930 aveva introdotto in Ucraina la musica jazz. Sotto la statua c’è la scritta: “per gratitudine, Odessa”. Su un piedistallo isolato c’è anche una Sedia che ricorda il famoso racconto “delle 12 sedie”, una delle quali conteneva un tesoro, e delle peripezie per trovarla con sorpresa finale (fu trovata in un museo costruito con il tesoro scoperto nella sedia). Lasciati i giardini, si passa di nuovo accanto alla Cattedrale della Trasfigurazione, circondata da un parco alberato. Rientrati ad est nel centro cittadino, si attraversa una galleria coperta da una vetrata, costruita nel 1898-99, e si entra nel grande Centro Commerciale Atena inaugurato il 2 settembre 2004, dopo il completamento. Vi si trova una targa per ricordare la catastrofe aerea del 17/12/1997 dove perirono i meccanici ucraini che vi avevano lavorato. Si ritorna percorrendo la strada pedonale Deribasovskaya che dai Giardini di Città si dirige ad est ed incrocia la Ekaterininskya. Queste sono le due principali arterie del centro, ricche di edifici, ristoranti e negozi. Proseguendo ad est, si passa in vista del Teatro dell’Opera, piazza dei Tre Musei e del Palazzo Municipale e, seguendo il ramo orientale di bulvar Prymorsky, si torna alla Scalinata Potemkin e da qui a bordo.
Il pomeriggio di lunedì 15/06, alle ore 17:00, la M/n Marshall Koshevoy lascia il porto di Odessa per Sebastopoli. Alle 19:15, nel salone dello Sky Bar, sul ponte più alto di poppa, c’è il brindisi di benvenuto e la presentazione ufficiale del Comandante della nave, con gli ufficiali e lo Staff degli accompagnatori.
48.3 SEBASTOPOLI.
Martedì 16/06, alle ore 9:00 circa, la M/n Marshall Koshevoy entra nella baia di Sebastopoli, la maggiore delle 38 baie che costituiscono il porto della città e formano una serie di fiord di calcare, marna e depositi marini conchigliferi. La M/n Marshall Koshevoy attracca a fianco di una nave gemella nel Terminale Marittimo.
La prima città nel sito di Sebastopoli fu fondata da coloni greci con il nome di Chersoneso Taurica nel V secolo a.C., divenne romana e, sotto Bisanzio, fu capoluogo della Crimea. Dopo la conquista di Bisanzio da parte dei Turchi, nel 1433, rimase possedimento dei Genovesi, ma finì distrutta dai Turchi. La città fu rifondata da Caterina II dopo aver annesso la Crimea alla Russia nel 1783 e divenne porto militare della flotta russa del Mar Nero. Durante la guerra di Crimea (1854-55) fu completamente distrutta dai bombardamenti inglesi, francesi e turchi. Divenuta base della marina sovietica dopo il 1920, nella seconda guerra mondiale, fu rasa al suolo dai Tedeschi nel 1942, dopo un assedio di 250 giorni. La città fu liberata dall’Armata Rossa il 9 maggio del 1944. Oggi esistono pochi edifici costruiti prima del 1945. Gli accordi con la Russia, dopo l’indipendenza, permettono alla flotta russa di mantenere la loro base a Sebastopoli fino al 2017, ma la città non è più interdetta come al tempo dei sovietici ed è diventata uno dei centri turistici più frequentati ogni anno.
La visita della città con pullman inizia dalla collina storica al centro della città, che conserva i ricordi della Guerra di Crimea nel Museo del Panorama, un edificio circolare con un grande dipinto disposto lungo il muro interno, ma con i reperti autentici dell’assedio, trinceramenti e batterie, in primo piano che creano una realistica prospettiva nella scena; questa riproduce gli avvenimenti del 18 giugno 1855 quando i difensori di Sebastopoli respinsero il primo assalto di Inglesi e Francesi alla fortezza. Il quadro ha uno sviluppo di 115 m ed un’altezza di 14 e rappresenta la scena alla luce del mattino con un orizzonte di 10-20 km su 360 gradi intorno alla collina Malakhov. Dietro il primo piano con i materiali tridimensionali, il fondo dipinto riproduce la scena con più di 4000 figure umane. La prima versione del Panorama è stata realizzata in tre anni nel 1901-04 dal pittore russo Rouband, fondatore della scuola di pittura dei panorami. Il modello fu preparato a Monaco, mentre a Sebastopoli si costruiva l’edificio, e l’opera fu presentata il 27 maggio 1905. Il Panorama fu gravemente danneggiato durante la seconda guerra mondiale; il 25 giugno 1942, un incendio distrusse un terzo del dipinto, ma le parti rimanenti furono salvate. Dopo la guerra il Panorama fu ricostruito e riaperto il 16 ottobre1954.
Le scene rappresentano episodi della giornata con personaggi reali. In una si riconosce il chirurgo N. Pirogov al posto di soccorso, il dottore che per la prima volta usò l’anestesia durante la guerra di Crimea. In un’altra, su un bastione un gruppo di ufficiali osserva la battaglia, mentre a destra è scoppiato un incendio e dietro il bastione l’infermiera P. Grafova applica una fasciatura a un ferito. In una terza si svolge l’attacco delle truppe inglesi al terzo bastione e, al centro del combattimento, si distingue il generale S. Khrulev su un cavallo bianco.
Dietro l’edificio del Panorama si stende il Parco del 4° Baluardo con il monumento commemorativo sormontato da un elmo russo ed una stele a ricordo di Leone Tolstoi che partecipò alla guerra di Crimea ed in questa occasione scrisse i “Racconti di Sebastopoli”, con cui iniziò la sua carriera di scrittore. C’è anche la ricostruzione dei bastioni con i cannoni dell’epoca.
Si ritorna in pullman costeggiando la profonda Baia Sud, dove si trovano ormeggiate le navi della Flotta Russa del Mar Nero insieme a quelle ucraine. Si percorre la via Lenina fino alla punta nord con altri ricordi della Guerra di Crimea: il monumento all’Ammiraglio Nakhimov, difensore della città, morto durante la guerra, la Colonna dell’Aquila su uno scoglio davanti alla riva, monumento simbolo, con un’aquila che tiene nel becco le chiavi della città, a ricordo delle navi russe che si autoaffondarono all’ingresso del porto per bloccare la flotta nemica, e il Colonnato neoclassico di fronte al mare con la data 1856, dove pure passarono le truppe sovietiche alla liberazione nel 1944.
Si fa infine una sosta alla Cattedrale ortodossa salvatasi dalle distruzioni di Stalin perché la sua croce era un riferimento per le navi che si avvicinavano. In stile bizantino del IX-X secolo, è costruita in marmo di Carrara e vi sono sepolti gli ammiragli morti durante la guerra di Crimea.
Nel pomeriggio si fa un’escursione nell’interno della penisola di Crimea, a Bakhcisarai, l’antica capitale del Khanato dei Tatari di Crimea, che fu stato autonomo fra il XV ed il XVIII secolo, ma vassallo dell’impero ottomano, fino alla conquista russa del 1783. Dopo la conquista, i russi iniziarono le persecuzioni contro i Tatari che emigrarono in massa in Turchia. In parte tornarono con l’avvento dei sovietici, ma nel 1944 Stalin li deportò in Uzbekistan accusandoli di collaborazionismo. Solo con Kruschev, nel 1989, ebbero il permesso di tornare. Sono rimaste però tensioni sociali e razziali.
La città si trova circa 40 km a nord-est di Sebastopoli e, lungo il percorso, si attraversa una regione calcarea dove si trovano antiche cave di pietra del tempo dei Romani, dove si mandavano i condannati ai lavori forzati. Vi fu condannato San Clemente e vicino si trova un monastero dell’VIII secolo a lui dedicato. Cirillo e Metodio raccolsero le sue spoglie e le portarono Roma, dove si trovano nella basilica con il suo nome. La valle è attraversata dal fiume Cernaia, luogo noto della guerra di Crimea perché vi combatterono gli Italiani.
Bakhcisarai conserva l’antico palazzo del Khan, risparmiato da Caterina II che lo visitò nel 1787 ed ammirò la sua raffinata eleganza. Il suo nome significa “palazzo giardino” e vi sono passati 48 Khan in 360 anni. Palazzo e minareti furono completati nel XVI secolo con l’opera di architetti persiani, ottomani ed italiani. Dall’ingresso nord si entra in un grande cortile. A destra si passa nel cortile degli ambasciatori e, attraverso una porta magnificamente decorata da un artista italiano con motivi del rinascimento veneziano, si entra nella sala delle udienze e dei giudizi (Sala Divan), dove si riunivano il Khan e i nobili. Un’altra sala è la piccola moschea privata del Khan con il mirab in direzione della Mecca, poi la sala della Fontana delle lacrime, fatta costruire dall’ultimo Khan di Crimea per il suo amore non corrisposto a una donna dell’harem che si era suicidata. Alexander Puskin, quando visitò il palazzo nel 1720, conobbe la storia, e ne scrisse un poema. Separata dal palazzo e parte dell’harem è la Torre del Falco, dove il Khan teneva i suoi falchi e in alto c’è un osservatorio dove le donne potevano vedere senza essere viste. Nelle stanze dell’harem sono raccolti oggetti e arredi originali del periodo dei Khan. Sul lato sinistro del grande cortile vi sono la Moschea principale con due minareti, i bagni e il cimitero dei Khan e dei loro parenti. Il palazzo fu usato come ospedale durante la guerra di Crimea.
Si torna sulla nave per la cena.
Si trascorre una piacevole serata nell’Auditorio del Museo della Marina ascoltando il Concerto del Gruppo della Marina di Sebastopoli, fondato nel 1932, che esegue canzoni di marinai e soldati e danze russe ed ucraine parte di un vasto repertorio che ha girato il mondo.
Si rientra alle 23:30 e la nave salpa alle 24:00 per Yalta.
48.4 YALTA.
Alle ore 7:00 del giorno mercoledì 17/06, la M/n Marshall Koshevoy è già attraccata al porto di Yalta, nel fondo di una piccola baia, sulla banchina del lungomare Lenina, la strada più frequentata della città fra le foci di due piccoli fiumi: il Bystraya a est, e il Vodopadnaya a ovest. Dietro ha un anfiteatro naturale formato da rilievi che la proteggono dai venti, coperti da un florida vegetazione. Si fanno le prime foto del porto nei dintorni e della nave.
In origine, Yalta fu colonia greca, nel medioevo fu frequentata da mercanti veneziani e genovesi, nel 1475 fece parte del Khanato di Crimea e nel 1783 passò alla Russia. Nel 1825 lo zar Alessandro I vi ebbe una sua residenza nel sud della Crimea ed acquistò la tenuta di Livadija a 19 km da Yalta, fu costruita una strada con Sebastopoli e da questo momento la città non fu più isolata. Con Alessandro II divenne centro di villeggiatura dell’aristocrazia russa e da allora è diventata la Perla della Crimea. Il suo clima caldo e secco d’estate la rendeva ideale come località terapeutica per curare la tubercolosi. Anche Cecov vi si rifugiò per questo motivo. Nel XX secolo, il regime sovietico vi costruì sanatori e spiagge e la destinò alle cure mediche dei lavoratori modello. Fu occupata dai tedeschi fra il 1941 ed il 1944. Nel 1945 (4-11 febbraio) entrò nella storia per essere stata scelta come sede della Conferenza di Yalta, fra Stalin, Churchill e Roosevelt, per decidere il destino dell’Europa e del mondo al termine, ormai prossimo, della Seconda Guerra Mondiale.
La prima escursione si fa al villaggio di Alupka, sul mare, 16 km circa ad ovest di Yalta, dove si trova il palazzo del conte Mikhail Vorontsov, governatore della Crimea, progettato da architetti inglesi e costruito fra il 1828 e il 1846 usando una pietra locale più dura del granito. Ha la facciata rivolta verso la terraferma in stile eclettico Tudor, mentre quella rivolta sul mare è in stile arabo-indiano. Ai piedi del palazzo, un parco di 40 ettari scende fino al mare. Il palazzo, durante la Conferenza di Yalta, fu la residenza di Churchill e ora è diventato un museo. Le sale hanno arredamenti originali dell’ottocento. Uscendo sul lato del parco si può ammirare il grande portale di stile orientale e sulla destra, dietro il palazzo, osservare la mole imponente del monte Ay-Petri che fa da fondale.
Poco distante dal palazzo del conte, si trova il centro di degustazione Massandra per apprezzare i vini della Crimea. Il conte Vorontsov fu il primo a creare nella zona un’azienda vinicola che vendeva anche all’estero. Da allora i vini della Crimea sono diventati famosi e hanno vinto molti premi. Uno dei migliori è il moscato Pietra Rossa.
Nel pomeriggio si fa una visita alla Casa museo di Anton Cecov in via Kirova 112, la strada per Sebastopoli. Lo scrittore, venuto a Yalta negli ultimi anni della sua vita, aveva acquistato il terreno e costruito una villa, dove trascorse gran parte degli ultimi 5 anni per curare la tubercolosi di cui era affetto e qui lavorò alle sue opere. Qui ricevette i suoi amici tra cui Gorky e Tolstoi. La casa è rimasta come lui l’ha lasciata.
La guida ci accompagna poi in una passeggiata lungo la città. Il lungomare di via Lenina è la via principale, alberata e sempre affollata, dove sono concentrati ristoranti e negozi e tutte le attrazioni kitsch della città come le grandi moto Harley Davidson per i turisti che vogliono essere fotografati a bordo. In uno slargo vi sono le statue in bronzo di Cecov e la moglie. Imboccando via Kirova, si raggiunge la cattedrale ortodossa Alexander Nevsky in stile neo-bizantino curata nei minimi particolari.
Dopo cena un’altra passeggiata ci porta alla periferia ovest, nel Parco Primorsky, frequentato di sera per le numerose attrazioni notturne e le fontane luminose che sollevano i getti al ritmo di musiche classiche.
Il giorno seguente, giovedì 18/06, si parte per l’escursione al Palazzo Livadia, 19 km circa, ad ovest di Yalta. La tenuta era stata acquistata dallo zar Alessandro I nel 1800 e il palazzo attuale è stato costruito nel 1911 come residenza estiva per l’ultimo zar Nicola II, in stile Rinascimento italiano, tutto in marmo bianco, e per questo è chiamato Palazzo Bianco. Zar e famiglia vi soggiornarono solo per quattro stagioni prima dell’arresto da parte dei bolscevichi nel 1917 e l’esecuzione nel 1918. Oltre che per i ricordi dei Romanov, il palazzo è importante per essere stato scelto da Stalin come sede della Conferenza di Yalta dal 4 all’11 febbraio 1945. Dopo essere stato usato dai Romanov, Lenin lo aveva adibito a casa di cura, fu usato come dacia da Stalin e, dopo l’occupazione dei Tedeschi e la Conferenza, è stato adibito a centro di Climatoterapia. Oggi il palazzo è diventato un museo sia della Conferenza, della quale ha mantenuto nella forma originale le stanze dove si sono svolte le fasi cruciali con documenti e foto, sia della famiglia Romanov, nelle sale degli appartamenti privati del primo piano che conservano fotografie ed effetti personali della famiglia dello zar.
Entrati nel Parco, si incontra la cappella dei Romanov dove è venerata la famiglia dell’ultimo zar, essendo stata beatificata dalla chiesa ortodossa. Su un leggero rilievo compare la grande facciata del Palazzo Bianco. L’ingresso dei visitatori è sul lato destro, più corto. All’interno si trova il cortile delle Delegazioni dove sono state scattate le foto a conclusione della conferenza ed intorno le sale della conferenza. La prima è quella della Tavola Rotonda intorno a cui sedevano i tre Grandi, Stalin, Roosevelt e Churchill, poi la Sala Bianca con il grande tavolo rettangolare, dove si tenevano le riunioni con gli staff. Al primo piano, nella sala di ricevimento dello zar, si tenevano le riunioni fra Roosevelt e Stalin per l’area del Pacifico. Infine la Sala della Firma dei Trattati. I partecipanti alla Conferenza erano 770. Nelle trattative, Stalin si trovava in condizioni di vantaggio con le truppe sovietiche a 60 km da Berlino, mentre gli Americani stavano ancora a 770 km. Stalin ottenne naturalmente il controllo di tutte le aree che sarebbero state occupate dall’Armata Rossa al termine del conflitto. Dopo Yalta e la capitolazione della Germania, seguì la Conferenza di Potsdam, dal 7 luglio al 2 agosto sempre nel 1945.
Prima di tornare a Yalta, si raggiunge la cittadina di Gaspra, 10 km circa più ad ovest, e, su una scogliera a picco sul mare, si può vedere un minuscolo castello medievale, detto Nido delle Rondini, costruito nel 1912 per il capriccio di un magnate, sempre fotografato da tutti i turisti.
Tornati a bordo, alle 13:00 la M/n Marshall Koshevoy toglie gli ormeggi e salpa a ovest verso la foce del Dniepr.
La navigazione prosegue lungo le coste della Crimea occidentale ripassando al largo di Sebastopoli.
48.5 IL DNIEPR A KHERSON E ZAPOROZHYE.
Al mattino di venerdì 19/06 la M/n Marshall Koshevoy si trova già dentro l’estuario del fiume Dniepr e naviga risalendo la corrente verso l’interno dell’Ucraina. Il primo tratto del percorso si svolge nel basso corso del fiume, dal mare a Zaporozhye, lungo 330 Km, e la prima tappa è il porto marittimo e fluviale di Kherson che si raggiunge nel primo pomeriggio. Durante il percorso si osservano i particolari delle rive, il traffico di navi da carico e di battelli e i gabbiani che, essendo il mare ancora vicino, inseguono la nostra nave.
Kherson fu fondata nel 1778 dal maresciallo Grygory Potemkin per volere di Caterina II ed il suo nome è una contrazione di quello della colonia greca Chersonesos di Tauris, fondata 2500 anni fa sulla costa sud-occidentale della Crimea. La città è stata sempre importante per i suoi cantieri navali dai quali è uscita la flotta russa del Mar Nero, per le industrie meccaniche e per il controllo del traffico da e per il Mar Nero. Nella provincia di Kherson è nato il rivoluzionario bolscevico Leone Trotsky.
A monte di Kherson si trovavano delle rapide, sparite dopo la costruzione della diga di Kakhovka che ha rialzato il livello del fiume.
Nella seconda metà del XV secolo i cosacchi ucraini si erano stanziati nelle steppe intorno al basso corso del Dniepr e formarono delle comunità militari indipendenti sempre in lotta contro i Tatari ed i Turchi, creando una cultura locale gelosa della loro indipendenza.
Nel pomeriggio, dopo l’arrivo a Kherson, si fa un’escursione con un battello a un villaggio di pescatori percorrendo un ramo secondario del Dniepr e nel villaggio si possono gustare alcune specialità locali ucraine. Il ritorno è allietato da musiche e canti ucraini in costume.
Tornati a bordo della M/n Marshall Koshevoy, alle ore 18:00 si lascia il porto di Kherson risalendo il fiume verso Zaporozhye.
Dopo cena, lo staff ha organizzato nello SKY BAR una presentazione dei costumi tradizionali ucraini, con la partecipazione di volontari.
Durante la notte la nave attraversa la chiusa di Kakhovka e si porta a monte nella seconda più grande riserva d’acqua del Dniepr creata dagli sbarramenti artificiali: sono 2155 kmq che hanno modificato profondamente il letto del fiume.
Il mattino di sabato 20/06 la M/n Marshall Koshevoy, che ha percorso durante la notte tutta la Riserva Kakhovska, è già attraccata al porto di Zaporozhye, capitale dell’omonima provincia, dopo aver percorso 330 km dalla foce sul Mar Nero.
Il nome della città significa “oltre le rapide”, una serie di sette cascate, distribuite su 40 km in una valle di granito, che sono sparite dopo la costruzione della grande diga di Dniproges. In passato la città è stata la capitale dei Cosacchi Zaporogi che nel XVI secolo avevano creato un accampamento fortificato (sich) nell’isola di Khortytsya e, fino alla conquista russa, mantennero qui autonomia ed indipendenza. Nel momento della loro maggiore potenza disponevano di un esercito di 20000 uomini ed osarono sfidare il sultano turco nel 1676. Dopo la conquista dell’Ucraina, Caterina II fece distruggere la fortezza cosacca nel 1775 e l’opera di russificazione portò alla decadenza della cultura cosacca. Durante il periodo sovietico, fra il 1927 e l932, Lenin diede sviluppo alla città con la costruzione della diga Dniproges, lunga 760 e alta 36 m e con l’impianto idroelettrico più grande dell’Ucraina. A monte è stato creato un lago artificiale di 420 kmq, largo da 3 a 1,5 km ed il Dniepr è stato reso navigabile tutto l’anno.
Alle ore 10:00 si fa un giro della città in pullman percorrendo la strada principale, la prospettiva Lenina che segue il fiume per 10 km fino in vista della diga Dniproges dove si trova l’area industriale. Qui si trova una grande statua di Lenin. Un massiccio ponte collega all’isola di Khortytsya, luogo delle glorie cosacche, da cui anche si vede la grande diga, ma una volta si potevano ammirare le rapide. L’isola, dal 1965 è diventata una riserva di 2690 ettari e vi si trova il Museo Storico dei Cosacchi Zaporogi che raccoglie tutte le memorie della storia e cultura cosacca, fra cui il busto dell’ultimo Atamano, Kalniscevskj (1690), armi, vesti ed oggetti trovati negli scavi dell’isola e dei dintorni. Vi si trova anche un tronco di quercia del 4000 a.C. di 8,5 tonnellate, lungo 9,5 m e del diametro di 2 m. Nel museo c’è un diorama che rappresenta una famosa battaglia del 972, quando il re della Rus’, Kyev Svyatoslav fu ucciso dai peceneghi.
Con l’indipendenza, la storia e le tradizioni cosacche sono state rivalutate e nella zona meridionale dell’isola è stata ricostruita, nel 2007, una parte del sich per girare un film sull’epopea cosacca e c’è anche un anfiteatro dove si organizzano spettacoli del folclore cosacco; qui si tornerà nel pomeriggio per assistere ad uno di questi.
Tornando al porto, ci si ferma a piazza Maiakowskj con una bella fontana circondata da strane statue di pietre, una delle quali rappresenta un cosacco ubriaco.
Nel pomeriggio, alle 14:30, si torna all’isola di Khortytsya per assistere allo spettacolo cosacco. Si entra nel recinto fortificato circondato da una palizzata di legno e con l’ingresso sormontato da una torretta di guardia. All’interno vi sono una dozzina di abitazioni con il tetto di paglia ed una chiesa ortodossa. Un piccolo anfiteatro con sedili di legno è il luogo dello spettacolo presentato dall’atamano con i suoi cavalieri cosacchi che mostrano la loro abilità in una serie di esercizi di destrezza a cavallo, con la lancia e con la frusta.
Dopo il rientro a bordo, alle 17:00 la M/n Marshall Koshevoy, lascia il porto di Zaporozhye con destinazione Kiev da cui dista 536 km. In circa mezzora si arriva alla diga Diniproges e si entra nella chiusa per superare il dislivello di 36 m. Le fotografie riprese mostrano le fasi del passaggio. Si entra in uno stretto canale fra due alti pareti di cemento oltrepassando le porte di ingresso. Il canale termina all’altra estremità con le porte di uscita chiuse. La nave viene ammarata e si chiudono le porte di entrata isolandola. A questo punto si fa entrare nella chiusa l’acqua da monte ed il livello si solleva insieme alla nave fino a portarsi in equilibrio con il livello a monte. Si possono così aprire le porte di uscita e la nave riprende la sua navigazione a monte.
48.6 DA ZAPOROZHYE A KIEV.
Dopo una notte di navigazione la M/n Marshall Koshevoy, alle 7:00 di domenica 21/06, attraversa la chiusa di Dnipropetrovsk in corrispondenza di un altro sbarramento. Si ripetono le operazioni di entrata nel canale, chiusura delle porte d’ingresso, ed invaso dell’acqua fino all’apertura delle porte di uscita. La vicina città, da cui prende il nome la chiusa, nel periodo sovietico è stata zona interdetta perché centro della produzione missilistica dell’URSS. Dopo l’indipendenza l’industria si è convertita alle attività spaziali ed il primo presidente dell’Ucraina, Leonid Kuchma, ne era il direttore.
La M/n Marshall Koshevoy entra nella Riserva Dnipropetrovsk di 567 kmq che arriva fino al successivo sbarramento di Kremenchuk. La Riserva è ampia e vi sono boe per segnare il percorso alle navi ed idrometri. Dopo il pranzo si incontra una nave gemella che scende il fiume e altri natanti.
Alle 15:00 circa, si arriva allo sbarramento di Kremenchuk costruito nel 1954-60, si entra nella chiusa omonima e si ripetono le operazioni. Durante la manovra di ammaraggio della nave dentro la chiusa, si osserva e si fotografa il sistema di aggancio dei cavi che è mobile su una rotaia verticale ed è spinto da un galleggiante che segue il livello dell’acqua durante il riempimento della chiusa.
Oltre la chiusa si entra nella Riserva di Kremenchuk, che è la maggiore fra tutte con i suoi 2250 kmq, seguita da quella di Kakhovka di 2155 kmq dopo Kherson. L’invaso qui è enorme e le rive sono molto lontane.
Il complesso sistema di sbarramenti e dei relativi invasi ha destato molte preoccupazioni sugli effetti catastrofici che potrebbe provocare in caso di cedimenti per terremoti, o a seguito di guerre o attentati terroristici. L’inondazione provocata a valle dal cedimento di una diga, potrebbe devastare aree densamente popolate ed aree industriali, provocando centinaia di migliaia d morti.
A sera c’è la cena di saluto del comandante, perché domani si arriva a Kiev, ultima tappa.
Si osserva il tramonto delle 21:00 e durante la notte la Marshall Koshevoy attraversa l’ultimo sbarramento di Kaniv, costruito nel 1963-75, con la chiusa omonima.
48.7 ARRIVO A KIEV.
Alle ore 8:00 di lunedì 22/06, la M/n Marshall Koshevoy si trova alla periferia di Kiev e l’arrivo è previsto per le ore 9:30. La città si annunzia con il grande ponte sospeso sud che congiunge le due rive. Oltrepassato il ponte, sul lato occidentale (riva destra) si nota la vasta zona alberata sopraelevata del Giardino Botanico Centrale da cui spuntano le antiche chiese del Monastero Vydubytsky che risalgono alle origini di Kiev e, data la loro distanza dal centro sono poco frequentate dai turisti. Più avanti si passa sotto il ponte di ferro della Metropolitana e si entra nel centro della città. Qui il fiume è diviso in due rami dall’isola di Trukhaniv, occupata da un grande parco, mentre la città rimane tutta sulla riva occidentale. Sulla riva sorge la grande statua di 85 m della Madre Patria di titanio eretta dopo la liberazione e, a distanza, si riconoscono il campanile e le guglie del Monastero di Lavla. La M/n Marshall Koshevoy si avvicina ormai all’approdo presso la Stazione Fluviale, passando sotto il ponte pedonale che congiunge la città con l’isola Trukhaniv, ed attracca a fianco di una nave gemella.
Kiev, capitale dell’Ucraina, ha oggi più di 2,5 milioni di abitanti e la sua area urbana è coperta per il 60% da aree verdi; ha un clima temperato continentale, ma il fiume spesso ghiaccia d’inverno e si può attraversare a piedi.
La città slava ha avuto origine alla fine del V secolo ed era un nodo commerciale per Costantinopoli verso l’Europa nord-orientale. Quasi quattro secoli dopo arrivarono i Vichinghi (Variaghi) e divenne capitale del regno della Rus’ che si stendeva dal Baltico al Mar Nero. Conquistata dai Mongoli nel 1240, che la dominarono fino al 1569, passò sotto la Polonia ed infine nell’orbita Russa. La città ebbe il suo massimo sviluppo urbanistico dalla fine del XVIII a tutto il XIX secolo. Durante la rivoluzione bolscevica fu contesa fra le armate Bianche e Rosse, che alla fine prevalsero. Iniziò l’industrializzazione sotto Lenin e Stalin. Scoppiata la Seconda Guerra Mondiale, fu occupata dai Tedeschi, che sterminarono circa 200000 abitanti di cui 50000 ebrei, e la distrussero all’80%. La città fu ripresa dall’Armata Rossa il 6 novembre 1943. Il dopoguerra vide la ricostruzione ed il sorgere di brutti quartieri periferici. Fu alla guida del movimento per l’indipendenza e, dopo le elezioni presidenziali del 2004, il centro delle manifestazioni della Rivoluzione Arancione.
Alle ore 10:00 si scende a terra per la giro panoramico della città. Sulla banchina c’è un monumento ai marinai caduti nell’ultima guerra. A bordo di un pullman si sale alla collina del Parco Volodymyrska dove sorge il grande Arco della Fratellanza fra Russia e Ucraina con sotto la statua di due operai dei due paesi fratelli. Fra gli alberi della collina, si può vedere la statua del principe Vladimiro, che introdusse il cristianesimo, e dalla terrazza sul fiume c’è poi una splendida vista del Porto Fluviale.
Dalla collina si prosegue scendendo a Piazza della Cattedrale fra il Monastero di San Michele e la Cattedrale di Santa Sofia. Sulla piazza sorge il monumento alla principessa Olga, madre di Vladimiro, fra le statue di Cirillo e Metodio, a destra, e Sant’Andrea, a sinistra. Il Monastero di San Michele, patrono di Kiev, abbattuto dai sovietici nel 1937, è stato ricostruito nel 2001 fedele all’originale del 1108. Si entra nel recinto del Monastero attraverso l’arco sotto il campanile, alto 46 m. All’interno, sorge la chiesa dalle pareti azzurre e le cupole dorate. La Cattedrale di Santa Sofia fu costruita in origine nel 1037, ispirata a quella di Novgorod, ma l’attuale aspetto è quello barocco del XVIII secolo con 19 cupole dorate ed un campanile alto 76 m. Da allora non è stata mai distrutta ed ha conservato mosaici ed affreschi originali. All’interno c’è il plastico della versione precedente con 30 cupole. I restauri dopo la guerra hanno lasciato in vista le parti originali delle facciate. Su una collina più a nord si trova la chiesa di Sant’Andrea con le 5 cupole a cipolla di un bel colore azzurro. Andrea (Andrivy) fu il primo predicatore cristiano di Kiev. La chiesa attuale fu costruita nel 1754 su progetto dell’architetto italiano Bartolomeo Rastrelli, lo stesso che ha progettato il Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo, ed è preceduta da una scalinata di ghisa del XIX secolo. Non è stata mai distrutta, ma era andata in rovina perché abbandonata, ed è stata restaurata di recente. Nell’interno si può ammirare una bella iconostasi ed un pulpito barocco che non è un elemento comune nelle chiese ortodosse.
La Andriyivsky uzviz (discesa di Sant’Andrea), che parte dalla chiesa, è occupata da venditori di oggetti artigianali, vi si incontra un suonatore di Bandana, tradizionale strumento a molte corde e c’è un gruppo di bronzo che ricorda i personaggi di una commedia, con le fattezze di noti attori, in cui un giovane, che corteggiava due donne allo stesso tempo e non sapeva decidersi, finisce col perderle entrambe. In fondo alla strada c’è una zona archeologica, coperta da un tiglio di 400 anni, dove si trovano le fondamenta della prima chiesa costruita dal principe Vladimiro nel 989. Vicino è la ricostruzione di una chiesa di legno, come le prime chiese bizantine.
Il pomeriggio è dedicato alla visita al Monastero delle Grotte Lavra fondato nel secolo XI, che si estende su un immenso parco di 24 ettari sulle colline lungo il fiume con un centinaio di edifici costruiti fino al XX secolo. Il nucleo più antico e più sacro sono le grotte dove il monaco Antonio fondò il monastero nel 1051 e dove sono stati sepolti i monaci i cui corpi si sono imbalsamati naturalmente per l’aria asciutta e la bassa temperatura. Le Grotte si trovano nella zona più bassa (Lavra inferiore), ma il monastero si sviluppò nella zona più alta (Lavra superiore) con la Grande Cattedrale della Dormizione, costruita fra il 1073-89 che è diventata la seconda più grande chiesa di Kiev. Il Monastero è stato distrutto per la prima volta dai Mongoli nel 1240, poi da un incendio nel 1718 ed infine dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. Già nel 1926 era stato trasformato in museo e, dopo la ricostruzione, è stato riconsegnato in parte alla chiesa ortodossa.
La visita inizia dalla sezione superiore del Monastero. L’ingresso è una porta monumentale della recinzione fortificata e si trova sul fianco della chiesa della Trinità, usata anche come torre di avvistamento. La chiesa è stata ricostruita nel XVIII secolo e si entra, dopo varcato l’ingresso, sul fianco sinistro. I dipinti sono quelli rifatti dopo l’incendio del 1718. Entrati nel grande piazzale del monastero, c’è un mappa del complesso, sulla destra il grande campanile barocco alto 96,5 m. Al centro del piazzale è la Cattedrale della Dormizione e nel complesso si trovavano 3 monasteri femminili e 7 maschili, il seminario e la sede del Metropolita. Dietro la Cattedrale c’è il Refettorio di Sant’Antonio e San Teodosio, costruito per 1500 monaci, ormai trasformato in museo, con una grandiosa cupola ed un salone con colonne di legno. In un cortile del monastero si trova un deposito di cupole a cipolla delle chiese, in metallo dorato e smaltato
Una lunga strada in pendenza porta poi al Lavra inferiore per la visita delle grotte. L’ingresso è semplice e si scende al percorso sotterraneo sempre affollato di pellegrini. Le mummie degli antichi monaci sono considerate reliquie sacre e l’afflusso dei fedeli è elevato specie a fine settimana. Alcune gallerie sono interdette ai turisti.
Si torna a bordo al termine della visita.
48.8 ULTIMO GIORNO A KIEV.
Martedì 23/06 finisce la crociera, ma prima del trasferimento in aeroporto, che avviene nel pomeriggio, c’è ancora tempo per un’ultima passeggiata in città e per l’ultimo pranzo a bordo.
Si sale in città con la funicolare che porta vicino alla chiesa di Sant’Andrea dalle belle cupole blu. Si scende per via Desyatynna a Piazza della Cattedrale Fra San Michele e Santa Sofia, quindi per Via Mykhaylivska e si arriva alla grandiosa Piazza Indipendenza (Maydan Nezalezhnosti) attraversata da via Khreshchatyk (Priscat), la strada principale di Kiev. A fine settimana questa strada diventa zona pedonale ed è luogo di ritrovo dei cittadini nei numerosi caffè che la fiancheggiano. Seguendo questa strada verso sud, si raggiunge Piazza Bessarabsky e si entra al Bessarabsky Rynok il grande mercato con il più grande assortimento di prodotti locali e d’importazione e tutti i tipi di caviale. Vi sono anche magnifiche esposizioni di fiori. Il mercato risale al 1910, quando fu costruito per i mercanti che venivano dalla Bessarabia.
Si torna al porto con la metropolitana e sulla nave, dove ci attende il pranzo. Arriva infine il momento per lasciare definitivamente la nave e salire con i bagagli sul pullman che ci trasferisce in aeroporto.
Fonte: http://www.travelphotoblog.org/ArchivioPersonale/Extrtour.doc
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