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Capitolo III
Ripensare il rapporto tra turismo e territorio (Bencardino F., Greco I.)
Il capitolo ha lo scopo di approfondire una tematica di rilevante interesse per le analisi economico-territoriali relativa alle tendenze e alle trasformazioni dei sistemi socio-economici, nello specifico del sistema turistico, nei nuovi scenari delineati dalla globalizzazione. L’argomento trattato è oggetto di attenzione sia da parte di studiosi che dei policy makers. Negli ultimi anni, infatti, sono stati condotti numerosi studi teorico-metodologici finalizzati ad una più corretta comprensione dei fenomeni che si realizzano a livello locale, conferendo ad essi una rilevanza ed una attualità scientifica che appare in controtendenza con i noti fenomeni globalizzanti.
In particolare, nella prima parte verranno approfondite quelle dinamiche della globalizzazione che più strettamente sono legate al turismo, analizzando gli effetti che esse producono in termini di evoluzione della domanda e del sistema di offerta turistico.
La seconda parte del capitolo è dedicata all’analisi della dimensione territoriale dello sviluppo turistico insita nel modello concettuale dei Sistemi locali territoriali e, nello specifico, dei Sistemi Turistici Locali (STL).
3.1 Globalizzazione versus sviluppo locale
All’inizio del XXI secolo il sistema politico internazionale appare come una successione di Stati e di territori chiaramente divisi tra loro, le cui relazioni danno vita ad un contesto definito del «nuovo disordine internazionale».
Lo shock dell’11 settembre 2001 ha chiuso un decennio di eccezionale disordine nella politica mondiale. A partire dalla caduta del Muro di Berlino nel novembre 1989 - vero e proprio architrave dell’ordine internazionale della Guerra Fredda - si è innescata una fase travagliata, e non ancora conclusa, dominata dalla ricerca di un «nuovo ordine internazionale» che, peraltro, né le Nazioni Unite, né gli stessi Stati Uniti sono stati finora in grado di dettare e di garantire. I potenziali garanti di tale ordine si sono trovati a gestire un numero crescente di conflitti interni e globali - dalla guerra del Golfo alle interminabili guerre balcaniche, dalla frammentazione dell’Unione Sovietica al collasso della Somalia, dal continuo deterioramento della situazione in Medio Oriente alla nuova eclissi dell’Africa, dal conflitto afghano a quello iracheno -; scontri che, con la fine della Guerra Fredda e della rivalità tra le due superpotenze, non si sono attenuati, anzi si sono intensificati coinvolgendo maggiormente i Paesi dell’area euro-asiatica e del Terzo mondo, afflitti da rivalità etno-culturali ed economiche.
A completare, complicandolo, questo colossale riassestamento geopolitico ha contributo l’altra grande corrente storica degli ultimi quindici anni, quella racchiusa sotto l’etichetta onnicomprensiva di «globalizzazione». Quello della globalizzazione è forse il fenomeno più attuale e discusso degli ultimi venti anni. Nella misura in cui essa si presenta quale fenomeno polivalente, multidisciplinare e con ramificazioni in tutte le sfere del vivere umano (società, politica e istituzione, economia e finanza, trasporti, informazione e comunicazione) è, ovvio, che sia stata oggetto di studio delle diverse scienze sociali e che ciascuna ne abbia dato una definizione che meglio si adatta alle sue specificità; fautori ed oppositori ne danno, in molti casi, una visione differente.
E’ proprio a partire da tale eterogeneità di visioni ed interpretazioni che, pur senza voler entrare nel merito di una discussione sul significato di questo termine, si afferma l’esigenza di definire, in maniera chiara o quantomeno condivisibile da più punti di vista, il concetto di globalizzazione dalla accezione più generale del termine: globalizzazione significa legare le azioni e le sorti di ogni individuo, organizzazione complessa, comunità, a quelle di altri individui, organizzazioni, comunità (Bonaglia, Goldestein, 2003); alla definizione che ne danno, in chiave socio-economica, i principali macro-teorizzatori contemporanei.
Anthony Giddens definisce la globalizzazione come «l’intensificazione di relazioni sociali mondiali che collegano tra loro località distanti facendo sì che gli eventi locali vengano modellati dagli eventi che si verificano a migliaia di chilometri di distanza e viceversa» (Giddens, 1990, pag. 71). L’accezione data da questo autore al concetto di globalizzazione è di un processo sociale, comune ad un gran numero di persone, nel quale le “istituzioni sradicate” collegano pratiche locali con relazioni sociali globalizzate, organizzando i principali aspetti della vita quotidiana. In questi termini, la globalizzazione è considerata come la normale conseguenza della modernizzazione, condividendone le caratteristiche:
a) la separazione spazio-tempo, poiché il “luogo” e la “presenza” non articolano più lo spazio ed il tempo come nelle società tradizionali;
b) i meccanismi di sradicamento, ossia i modi particolari di interazione che vengono usati in diverse situazioni spazio-temporali;
c) la riflessività istituzionale, la percezione tipicamente moderna che la conoscenza è sempre in revisione, poiché non è più basata sulle regole stabili delle società tradizionali (Giddens,1990; 1991).
Castells ha sostenuto l’esistenza di un nuovo capitalismo globale quale risultato di tre processi indipendenti degli ultimi quaranta anni:
a) la crisi economica del comunismo e del capitalismo;
b) l’emergere di movimenti sociali legati alla protezione dell’ambiente ed al lavoro;
c) la rivoluzione indotta dalle nuove tecnologie dell’informazione (IT).
L’autore sostiene che da questi processi emergono una nuova struttura sociale (Network Society), un nuovo ordine economico (Global Information Economy) ed una nuova cultura (Real Virtuality). In questa società, quindi, è la “logica del network” a regolare le strutture di interazione sociale quali i sistemi di produzione e distribuzione, i flussi economici, i network di potere ed i media. Il modello di sviluppo della società segue le fasi cicliche della 1) razionalizzazione dei modelli esistenti, 2) sviluppo di nuovi modelli e 3) adozione di tali modelli, in una dinamica che vede il potere nella società diffondersi in network globali di ricchezza, potere, informazione ed immagine (Castells, 1996; 1998).
Mentre Giddens considera la globalizzazione come la normale prosecuzione della modernizzazione e Castells la collega principalmente allo sviluppo di network economici globali, Beck la problematizza ritenendola portatrice della “Società del Rischio” (Beck, 1992). La società attuale si fonda, quindi, su tre caratteristiche fondanti:
a) la ridistribuzione del rischio oltre che della ricchezza;
b) l’individualizzazione;
c) la destandardizzazione del lavoro.
Anche per questo autore il principale motore del cambiamento sono le nuove tecnologie che, essendo sempre più importanti ed integrate, tendono a mascherare rischio ed incertezza (Beck, 1992; 2000).
Box 1: «Globalizzazione» e «New economy»
Il fenomeno della «globalizzazione», riferito alle crescenti dinamiche di interdipendenza tra i diversi territori, è relativamente recente. Negli anni Ottanta il termine di globalizzazione non era ancora presente nei dizionari della lingua italiana, se non con significato profondamente diverso da quello attuale. Il vocabolario della lingua italiana (1991) dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana, definì la globalizzazione come “l’assunzione o considerazione di una serie di elementi nella loro totalità”.
Parlare oggi di «globalizzazione» significa far riferimento ad un fenomeno misto di valenze sociali, economiche, politiche, istituzionali, finanziarie, culturali, in un villaggio globale all’interno del quale ogni forma di barriera fisica della distanza è stata abbattuta e la comunicazione e l’informazione avvengono in tempo reale e su scala planetaria.
E’ possibile, quindi, analizzare, diverse “forme di globalizzazione”:
Globalizzazione economica: riguarda, ormai, tutte le fasi del circuito economico (produzione - trasformazione - distribuzione) e tutte le dimensioni dell’economia (produttiva, commerciale, finanziaria) in un mercato competitivo globale.
Globalizzazione culturale: si riferisce alla diffusione di fenomeni di “omologazione” della cultura, dovuti essenzialmente alla mondializzazione dei media (Tv satellitari, internet, ecc.) ma, anche, alla possibilità di un contatto diretto di realtà tra loro diverse e lontane grazie alla contrazione delle distanze fisiche.
Globalizzazione ambientale: l’odierno sistema di mercato, regolato com’è da logiche capitalistiche, operando svincolato dal calcolo dei costi sociali ed ambientali delle attività economiche, contribuisce in maniera determinante all’inarrestabile degrado ambientale. L’attuale modello di sviluppo porta con sé uno smisurato sfruttamento delle risorse, un enorme consumo di energia, una sovrapproduzione di rifiuti e di inquinamento tali da rendere il bilancio degli effetti ambientali della globalizzazione economica costantemente in perdita. Come dimostra il continuo aggravarsi delle problematiche ambientali - dalla crisi energetica, alla crisi climatica, idrica, agricola, alla deforestazione, alla desertificazione -, l’uso delle risorse naturali, disancorato da principi di solidarietà e di ragionevolezza, produce effetti allarmanti sull’ambiente. Finalmente sembra essersi diffusa la consapevolezza che i problemi ambientali vanno affrontati ai diversi livelli (locale, nazionale, sopranazionale), ricercando una soluzione globale sostenibile.
Globalizzazione geopolitica e geostrategica: consiste nella crescente ed immediata interdipendenza delle decisioni e degli avvenimenti politici dei diversi paesi. Con la caduta dello Stato-nazione, le modalità di acquisizione ed esercizio del potere assumono connotati nuovi e passano attraverso la consapevolezza da parte degli attori politici della sempre più marcata universalità dei problemi percepiti dalla società: ambiente, sicurezza, disoccupazione, sono tematiche che non riguardano solo il contesto nazionale ma, soprattutto, l’ambito globale.
Globalizzazione del sapere scientifico-tecnologico: nell’ultimo trentennio del XX secolo, il processo di innovazione tecnologica, affiancato alla globalizzazione dei mercati e delle imprese, ha comportato notevoli trasformazioni economiche e sociali ed ha determinato un fenomeno di convergenza tra il settore dell’Informatica e quello delle Telecomunicazioni: tutto ciò ha portato alla nascita del metasettore dell’ICT, ossia dell’Information and Communication Technology.
Dopo la prima rivoluzione industriale, caratterizzata dal trionfo della macchina a vapore, dal carbone e dalla nascita delle prime fabbriche; e ancora dopo la seconda, che vede il passaggio ad un insieme complesso di tecniche e strumenti basati sull’utilizzo dell’elettricità nell’industria, ad un’organizzazione scientifica del lavoro nell’ambito delle grandi fabbriche taylor-fordiste (Accornero, 2000), oggi con lo sviluppo delle ICT è in corso una svolta epocale, nota come terza rivoluzione industriale, che si caratterizza per nuove modalità di produzione, di lavoro, di consumo e che vede il moltiplicarsi dei canali di comunicazione e di scambio flessibile tra diversi soggetti, quali imprese, organizzazioni, amministrazioni, clienti. Grazie allo sviluppo delle tecnologie multimediali è nata una nuova economia, la cosiddetta New Economy, non più basata essenzialmente sulla produzione di beni fisici, ma un’economia che pone le sue fondamenta sulla produzione di informazione e conoscenza.
Con il termine New Economy si fa riferimento alla capacità delle società occidentali di promuovere incessantemente il progresso tecnico e le innovazioni (Paliotta A.P., Pennone A., 2004). Con la New Economy si sono modificate le regole di base dei sistemi produttivi e sociali dettati dalla Old Economy: le reti telematiche coniugano l’evoluzione tecnologica al modo di fare business e di operare delle aziende, non soltanto delle aziende ICT, cioè produttrici di tecnologie dell’informazione e della comunicazione, bensì anche delle altre aziende utilizzatrici di nuove tecnologie nei regolari processi produttivi (Net Economy).
Tutto ciò ha determinato una “dematerializzazione” delle attività commerciali all’interno di uno spazio elettronico basato su una nuova variabile chiave: la conoscenza che acquisisce sempre maggiore valore nel momento in cui viene prodotta, usata e scambiata dagli operatori economici; essa è divenuta la forza motrice ed ordinatrice della Knowledge-based Society (Rullani E., 2004). La conoscenza, da semplice risorsa di supporto alla crescita economica è divenuta, oggi, il fattore produttivo fondamentale dell’economia, che permette di spiegare le differenze tra varie realtà economiche, tra imprese semplicemente buone e quelle eccellenti in grado, effettivamente, di sfruttare il vantaggio competitivo fornito dall’impiego della conoscenza.
Se da una parte, l’interesse crescente nei confronti del tema della globalizzazione ha portato allo svilupparsi di una pluralità di definizioni “ibride” di un’accezione economica, ideologica e socio-culturale del termine, dall’altra si moltiplicano le visioni sugli effetti che tale fenomeno produce sulle istituzioni sociali ed economiche. Da un lato, si schierano coloro che vedono nell’eliminazione di ogni forma di barriera tecnica, politica, economica e sociale e nella diffusione e relativa omologazione dei modelli socio-economici, lo strumento in grado di innescare un circolo virtuoso che porterà ad un mondo più ricco, più equo e più libero; dall’altro coloro che considerano la globalizzazione all’origine di tutti i mali: fonte di disuguaglianze, causa di un mondo mercificato e decontestualizzato, privo di cultura ambientale e di tradizioni, in cui il motore propulsivo di ogni azione è il perseguimento di un vantaggio competitivo (Bonaglia et al., 2003).
Trascurando, per una precisa scelta, di entrare nel merito delle disquisizioni e dei dibattiti animati dai fautori ed oppositori della globalizzazione, il nostro obiettivo è quello di analizzare il rapporto globale/locale , partendo dalla convinzione che non si può osservare separatamente il globale ed il locale, né sembra arricchirci un discorso che sostenga la compresenza dell’“l’uno e dell’altro”; quanto piuttosto considerare “come” queste due tendenze si implicano reciprocamente: globale e locale quali concetti differenti ma non antitetici, due facce di una stessa medaglia (Bencardino, Cresta, 2004).
Gli anni del cieco ottimismo/pessimismo nei confronti del fenomeno della globalizzazione sono, ormai, superati per lasciare il passo alla consapevolezza che tale processo, al fine di massimizzarne gli effetti positivi, vada governato a livello globale - i risultati positivi saranno tanto maggiori quanto minori sono le disuguaglianze che tale crescita inevitabilmente produce -; ma, soprattutto, rapportato ed integrato con il contesto locale: “la «sfida» della fase storica attuale sta proprio nella opportunità oggi data di instaurare rapporti di complementarietà fra globale e locale, oltre gli schemi univoci di dominanza/dipendenza della fase precedente” (Magnaghi, 1990, pag. 273 ).
Non si tratta, quindi, di una scelta dicotomica tra la dimensione globale e la dimensione locale, bensì di costruire un “ponte culturale”, in grado di rapportare le due prospettive senza dover rinunciare all’una o all’altra: il locale diventa il principale attore nei dibattiti sulle alternative di sviluppo nell’era globale (Tinacci Mossello, 1997).
In termini di rapporto globale/locale, Robertson fa un importante passo in avanti argomentando: “il locale e il globale non si escludono; il locale deve essere compreso come un aspetto del globale” (Robertson, 1999). Egli ha il merito di aver coniato il termine-tema “glocalizzazione” dalla fusione di “globalizzazione” e “localizzazione”. Il termine “glocale” deriva dall’inglese “glocal”, che l’Oxford Dictionary of New Words definisce come “una delle parole-chiave più importanti dell’inizio degli anni ‘90”. Trattasi di un’espressione propria del micro-marketing, ma legata alla tradizione agricola giapponese (glocale da “dochaku”, ossia “vivere nella propria terra”). Il principio in agricoltura di adattare una tecnica alle condizioni locali è stato fatto proprio dai manager nipponici e diviene “avere una visione globale adatta alle condizioni locali”. Si tratta, quindi, di imparare qualcosa da una cultura, quella giapponese, che ha da sempre ricoperto di attenzione, quasi ossessiva, la questione particolare-universale.
Secondo l’autore, il concetto di glocalizzazione è da preferirsi per due motivi: 1) poiché spesso, se non sempre, il locale è costruito su basi trans-locali o super-locali, e 2) poiché consente un approccio meno astratto ai discorsi legati a tematiche quali spazio-tempo, particolarismo-universalismo e omogeneità-eterogeneità. In questo modo è possibile entrare nel dibattito tra eterogeneizzazione ed omogeneizzazione, trascendendolo. In particolare, è l’aspetto culturale a trasformare «global» in «glocal»: l’assunto alla base del neologismo glocalizzazione è quello della cultural theory, e cioè che l’idea di poter comprendere il mondo presente, ciò che in esso declina o si viene affermando, senza misurarsi e riflettere su concetti come politics of culture, cultural capital, cultural difference, cultural, appare assurda.
La “cultura globale” non può essere intesa staticamente, bensì come un processo contingente e dialettico (e per questo non riducibile economicisticamente ad una logica del capitale apparentemente univoca) secondo il modello della “glocalizzazione”, nella quale elementi contraddittori sono compresi e decifrati nella loro unità.
Magnaghi sviluppa ulteriormente l’analisi del rapporto locale/globale evidenziandone tre modelli principali nello sviluppo territoriale:
1) Approccio funzionale alla globalizzazione;
2) Ricerca di equilibri fra locale e globale;
3) Sviluppo locale versus globale.
Il primo, detto anche top down, dal centro al locale, è il modello della competizione (fra aree produttive, città, regioni, ...) in cui gli attori locali forti sfruttano le risorse territoriali (ambientali, produttive, antropiche) in un contesto competitivo dato. Tale modello si presenta più come un tentativo di semplice valorizzazione territoriale che di sviluppo locale , in quanto la competizione globale impone la ricerca e la differenziazione di prodotti legati alle peculiarità locali. Secondo tale approccio, lo sviluppo del locale dipende da meccanismi selettivi delle politiche di governo rischiando di privilegiare soltanto attori economici già forti e di deprimere altre potenzialità del locale.
Il secondo, detto anche glocale, è il modello in cui si cerca un equilibrio tra la necessità di valorizzare le peculiarità locali nella competizione globale ed il rafforzamento delle società e delle identità locali, che sono le sole in grado di «rinnovare l’uso del patrimonio territoriale come risorsa». In tale approccio, nonostante la ricerca di un’armonia, la relazione locale/globale è squilibrata a favore del globale che «irretisce il locale nelle sue reti lunghe», per cui i territori sono in grado di essere parte del villaggio globale solo adeguandosi alle regole, ai vincoli, alle tecnologie e ai modelli di sviluppo fissati.
Il terzo, detto anche approccio bottom up, globalizzazione dal basso, dal locale al centro, è il modello in cui lo sviluppo locale è fondato sulla valorizzazione del milieu locale (valori culturali, sociali, ambientali, produttivi, territoriali) con l’obiettivo di «attivare relazioni non gerarchiche e cooperative, fra città, regioni, nazioni, verso un sistema di relazioni globali costruite dal basso e condivise. Quest’ultimo approccio è quello che più degli altri cerca una risposta alternativa alle forme di omologazione e di dipendenza dalla globalizzazione e lo fa puntando sul rafforzamento delle società locali; “il locale è una chance, un’occasione, un’opportunità: non il simbolo di una resistenza alla modernizzazione, ma la forma normale, e quindi ogni volta moderna, di stabilire in un luogo il senso della vita collettiva, lo sfruttamento giudizioso di una dotazione di risorse e di possibilità, il modo d’uso di una specifica forma del territorio” (Paba, 1998, pg. 106).
Il passaggio da una logica di contrapposizione locale - globale ad una di interazione, ha portato, in termini di modelli di sviluppo territoriale, al superamento di un approccio di tipo top-down e all’affermarsi di quello bottom up: da un modello in cui gli attori locali sfruttano le risorse territoriali al solo scopo di fronteggiare una crescente competizione globale, si è passati ad un modello in cui lo sviluppo proviene/parte dal basso attraverso la valorizzazione del milieu del territorio con l’obiettivo di attivare un sistema di relazioni partecipate e condivise dagli attori locali in un processo di «globalizzazione dal basso» (Magnaghi, 2000).
Lo stesso Dematteis, dando un’interpretazione dell’organizzazione del territorio secondo il paradigma reticolare, analizza la dialettica locale-globale in termini di rapporto nodo-rete.
Egli introduce la metafora della «rete» per descrivere i processi di deterritorializzazione che hanno dato origine a nuove configurazioni dello spazio non più organizzato gerarchicamente, e fornisce una rappresentazione simbolica della realtà in cui il concetto di rete si inserisce sia nelle relazioni orizzontali tra i nodi della rete, sia nelle relazioni verticali tra le reti di diverso livello, locale e sovralocale, e tra i nodi e le specificità dei luoghi.
Il «nodo» si riferisce ad un sistema che possiede una propria identità e che come tale è distinto dal contesto che lo circonda. I sistemi locali divengono così interpretabili come nodi di sistemi a rete globale, dove il nodo locale, essendo dotato di autonomia, è in grado di interagire con l’esterno secondo proprie regole che garantiscono il mantenimento dell’identità e della coesione interna al sistema (Dematteis, 2001).
Ancora una volta, le relazioni esistenti fra il «sistema rete globale» ed il «sistema nodo locale» non possono essere interpretate in maniera deterministica come semplice omologazione delle dinamiche locali alle dinamiche globali, ma piuttosto attraverso il riconoscimento del ruolo attivo, fortemente autonomo e mutuamente irriducibile, svolto da entrambi gli elementi.
La dialettica locale-globale inevitabilmente impone anche di rivedere i concetti di localizzazione/delocalizzazione e di globalizzazione facendo riemergere l’importanza del territorio ed il ruolo da esso svolto nell’innescare processi di sviluppo locale.
Il legame tra «territorio» e «sviluppo economico» è emerso con prepotenza negli ultimi anni. La notevole differenziazione dei processi di sviluppo, e la mancanza, perciò, di un unico percorso di sviluppo valido in ogni tempo e luogo, ha aperto nuovi schemi interpretativi: il territorio diviene una variabile cruciale per spiegare le opportunità che sono colte in alcune aree e regioni ed i vincoli che vengono posti al processo di sviluppo. (Dallari, 2004c).
Si è giunti, quindi, negli ultimi anni ad una ricoperta del territorio inteso non solo come risorsa, ma anche come una forma dello sviluppo economico: «lo sviluppo ha forma territoriale, nel senso che si plasma sul territorio che incontra e da questo trae nuove possibilità di differenziarsi e di procedere oltre» (Rullani, 2002, pag. 36).
Ad una visione “aspaziale” e “decontestualizzata” dello sviluppo, propria delle Teorie economiche neoclassiche, in cui lo spazio era visto come un’entità omogenea ed indifferenziata, si tende oggi a sostituire una visione di sviluppo localizzato e sostenibile, in cui la dimensione del «locale» acquista nuovo vigore perchè sono il «territorio» e «l’ambiente» ad assumere nuova centralità nelle dinamiche produttive e sociali dello sviluppo e a rappresentare i nuovi fattori di vantaggio competitivo .
Lo sviluppo locale, ponendo il territorio al centro delle dinamiche produttive e sociali, rappresenta l’occasione per mettere a frutto tutte le potenzialità che il territorio stesso offre, dimostrando come una risorsa locale, se adeguatamente fruita e valorizzata, possa costituire una straordinaria occasione di crescita e rappresentare l’elemento identificativo di risposta ai modelli omologanti e standardizzanti che la globalizzazione propone.
Nell’analisi economica il territorio cessa, quindi, di essere considerato esclusivamente come un paradigma spaziale, divenendo il campo privilegiato nel quale si combattono le sfide decisive del presente; è sul territorio che si assiste ad una riscoperta della cultura locale autentica, tesa alla conservazione e all’affermazione della propria identità, all’esaltazione delle differenze, all’utilizzo delle specificità al fine di uno sviluppo socio-economico complessivo. I valori territoriali e ambientali rappresentano occasioni di autoriconoscimento del territorio da parte dei suoi abitanti e favoriscono i processi di reidentificazione con i luoghi (Governa, 1997).
“In piena epoca di globalizzazione, lo sviluppo locale è al centro delle politiche comunitarie, dell’attenzione delle grandi imprese multinazionali, delle politiche regionali; così come rappresenta lo sfondo del dibattito politico che investe il federalismo, il regionalismo, il neo-nazionalismo, il secessionismo” (Magnaghi, 1998, pg. VII).
3.1.1 Globalizzazione e turismo: l’evoluzione della domanda e dell’offerta turistica dal locale al globale
Nel nuovo scenario caratterizzato dalla progressiva apertura e liberalizzazione dei mercati agli scambi internazionali di beni e servizi, dallo sviluppo delle tecnologie dell’informazione, dei mezzi di comunicazione e dei trasporti, dall’abbattimento degli ostacoli e dei vincoli tariffari, le distanze tra le aree geografiche diminuiscono sempre più e, parallelamente, aumenta la mobilità dei soggetti e delle organizzazioni, nonché delle risorse, materiali e immateriali, che sono condivisibili da un numero sempre maggiore di soggetti e che circolano ad una velocità crescente nel tempo (Napolitano, 2000).
Tale processo ha influenzato profondamente anche il settore turistico, i cui confini geografici sono stati ridefiniti in conseguenza del progressivo ampliamento del «raggio di azione» della domanda - testimoniato, anche, dal costante aumento delle distanze dei viaggi - determinando profondi mutamenti sia sul lato della domanda, sia su quello dell’offerta (Pechlaner, Weiermair, 2000).
Dopo un lungo periodo di stabilità, nel corso del quale le forme della pratica turistica si erano consolidate in alcuni tipi ben definiti, dall’inizio degli anni Novanta numerosi fenomeni innovativi hanno interessato il settore, modificando sostanzialmente la natura, l’entità e la destinazione dei flussi turistici, nonché il «modo di fare turismo», ovvero di vivere l’esperienza turistica in senso ampio, innescando radicali cambiamenti nel sistema di offerta che sempre più oggi si deve qualificare come «sistema integrato», e vivacizzando la dinamica competitiva tra le mete tradizionali e le «nuove destinazioni turistiche» (Pencarelli, Forlani, 2003).
Alla luce di quanto detto, ci soffermeremo su quelle dinamiche della globalizzazione che più strettamente sono legate al turismo, analizzandone, in particolare, gli effetti che esse producono in termini di evoluzione della domanda e del sistema di offerta turistico .
Gli elementi fondamentali di questo cambiamento possono essere ricondotti ai seguenti :
1. l’abbattimento o la riduzione dei confini e delle barriere politiche, economiche, socio-culturali tra i diversi Stati;
2. la nascita di un mercato economico e, quindi, turistico, globale e la sostenuta crescita economica che ha investito numerosi Paesi;
3. l’ingresso nel mercato turistico di nuovi Paesi che assurgono a divenire destinazioni turistiche;
4. il circolo virtuoso legato all’interazione tra l’evoluzione delle forme di trasporto e la riduzione dei tempi e dei costi connessi allo spostamento;
5. la rivoluzione informatica e telematica;
Alcuni ritengono che stia nascendo una vera e propria «politica globale», in cui i confini territoriali hanno perso la propria importanza determinante (McGrew, Lewis, 1992; Nierop, 1994). Nel vecchio sistema, gli Stati sovrani interagivano secondo regole che essi stessi avevano definito ed alle quali avevano aderito entro confini geografici e politici ben delineati. Attualmente il potere politico e l’attività degli Stati si espande ben oltre i confini nazionali: la nascita di problemi globali, cioè di problematiche a cui è impossibile trovare risposte adeguate unilateralmente, e di mercati globali che necessitano di forme di controllo sovrastatale, ha portato allo sviluppo di accordi e di istituzioni internazionali che operano con un potere autonomo ed a carattere trasversale (es. World Trade Organization (WTO), il Fondo Monetario Internazionale (FMI), la Banca Mondiale); e al decentramento decisionale a favore, anche, di istituzioni sub-nazionali che operano in modo coordinato ed integrato. Questo non vuol dire che vi è stato un deterioramento del potere degli Stati ma, piuttosto, sono cambiate le modalità con le quali tale potere viene esercitato.
In campo turistico, emblema di tale processo di organizzazione sovranazionale è la nascita del WTO (World Tourism Organization) e di una serie di altre strutture che, seppur non specificamente nate per il turismo, con la loro attività incidono su tale settore (UNEP, UNESCO, ICCROM, ECPAT) .
Altro elemento - causa ed effetto del processo di globalizzazione - con forti ripercussioni nel settore turistico, è la nascita di un mercato comune per lo scambio di merci ma, soprattutto, di capitali sempre più esteso, e la forte crescita economica che sta caratterizzando Paesi un tempo considerati in via di sviluppo - oggi definiti dai più economie emergenti - e che fino ad ora non venivano nemmeno considerati quali potenziali generatori di flussi turistici.
Tale crescita ha stimolato la nascita di una “nuova domanda” che si aggiunge a quella dei Paesi sviluppati, facendo sì che il turismo assuma sempre più connotati di massa , coinvolgendo regolarmente milioni di persone. Con l’estendersi geografico del campo di azione del turismo, anche la concorrenza si è inasprita moltiplicandosi in misura esponenziale. In particolare nell’ultimo decennio si è assistito all’affermarsi sul mercato di nuove destinazioni, spesso sorte nell’ambito di sistemi macroeconomici poco sviluppati (ad es. Croazia, Turchia, Egitto), in grado di predisporre un’offerta turistica fortemente competitiva, sia in termini di qualità/attrattività del prodotto, sia in termini di prezzo, grazie all’ampia disponibilità di fattori di produzione endogeni a basso costo, soprattutto il lavoro, ed alla possibilità di importarne altri, tra cui il capitale (Pechlaner, Weiermair, 2000).
Fattori, quindi, quali l’aumento del reddito pro-capite, la maggiore disponibilità di tempo libero, connessi alla riduzione del tempo/distanza e del costo dello spostamento, hanno comportato l’intensificazione e l’internazionalizzazione dei flussi turistici (Candela, Figini, 2003).
Il secolo scorso si è caratterizzato, infatti, per la contrazione delle distanze determinata dall’accelerazione tecnologica nel campo dei trasporti e delle comunicazioni. Il concetto di «innovazione» - letteralmente introduzione di criteri e sistemi nuovi - è sempre più legato indissolubilmente a quello di «cambiamento tecnologico», tanto da venire da molti considerato alla stregua di sinonimo. In particolare, l’impiego delle ICT (Tecnologie dell’informazione e della comunicazione) ha profondamente modificato il modo di vivere, di lavorare e di divertirsi delle persone e, di conseguenza, la natura delle organizzazioni da esse costituiti, in particolare, le imprese ed i territori (Bencardino, Prezioso, 2006).
In chiave turistica, la rivoluzione informatica ha contribuito a semplificare l’accesso alle informazione e a ridurre i costi della ricerca, ampliando, quindi, il ventaglio di scelta delle alternative disponibili e rendendo accessibili destinazioni lontane e poco conosciute che, improvvisamente, sono diventate “più note” e “più vicine”. Esse hanno modificato la struttura e l’organizzazione del mercato turistico favorendo sia processi d’integrazione verticale (è possibile fornire on line una serie di servizi integrati a poco costo) sia fenomeni di disintermediazione (maggiore coinvolgimento del turista in tutte le fasi di strutturazione dell’offerta); ma anche la nascita di nuove forme di intermediazione come i portali del turismo (Bencardino, Marotta, 2004).
L’interazione di tali processi di cambiamento in atto ha determinato una serie effetti evolutivi in termini di domanda ed offerta turistica.
Sul fronte della domanda, parallelamente all’espansione quantitativa della domanda,si è assistito al moltiplicarsi della varietà e variabilità dei comportamenti di consumo dei turisti (evoluzione qualitativa). Risulta sempre più difficile, pertanto, identificare un «turista tipo», essendo egli un soggetto che assume modelli di comportamento sempre nuovi e mutevoli; protagonista di un processo evolutivo che da turista eterodiretto, massificato, che si adegua ai meccanismi di mercato e svolge passivamente le funzioni affidatogli dall’offerta, lo porta a divenire un turista autodiretto (Savelli, 2004), che tenta di sfuggire ai condizionamenti dell’industria turistica, ritagliandosi e programmandosi spazi originali di scoperta ed avventura; continuamente alla ricerca dell’autenticità propria di luoghi non contaminati, quelli che MacCallen definisce back regions (Mac Cannell, 1973). che “vive” il turismo come un’esperienza autentica.
La domanda turistica, a lungo orientata su formule standardizzate ed indifferenziate (c.d. «turismo di massa»), appare oggi maggiormente diretta verso un prodotto turistico globale (Rispoli, 2001), determinando l’emergere di nuovi segmenti di consumo caratterizzati dalla richiesta di maggiore flessibilità e personalizzazione nelle modalità di fruizione, e da una maggiore attenzione per la qualità e verso attributi «intangibili», quali cultura, tradizioni, identità locali - alla base di un «turismo esperenziale». (Brunetti F., 1999).
Le analisi della World Tourism Organization (WTO), dimostrano come i turisti stiano progressivamente mutando i comportamenti di selezione e di acquisto dei viaggi, il sistema delle preferenze rispetto ai servizi turistici, le abitudini relative alla durata e alla varietà delle vacanze; è sempre più bassa, infatti, la percentuale dei turisti “mono-opzione”, ossia di coloro che trascorrono le proprie vacanze in un unico luogo abituale, la durata della vacanza tende sempre più a contrarsi per replicarsi più volte nell’arco dell’anno ed orientarsi verso nuove forme di turismo, «nuovi turismi» (Maresu, Bartolini, 2002) in alternativa a quelle tradizionali. L’ecoturismo, il turismo rurale, termale, enogastronomico, una volta considerate tipologie di nicchia, elitarie, riservate alla fruizione esclusiva di pochi appassionati intenditori, possono essere ormai considerate come nuovi paradigmi del fare turismo, ovvero come tendenze qualitative newcomer, sulle quali deve concentrarsi l’attenzione dei produttori dell’offerta e dei responsabili del governo delle destinazioni turistiche.
Le nuove sfide competitive imposte dai processi di globalizzazione, l’evoluzione della domanda, la tendenza da parte del turista a vivere il prodotto turistico sempre più in una dimensione di esperienza, hanno portato alla luce un bisogno urgente di definire e adottare nuovi modelli organizzativi dell’offerta turistica di tipo sistemico, in grado di valorizzare il patrimonio di risorse locali e di promuovere un maggior coordinamento fra gli operatori pubblici e privati dell’offerta turistica; ovvero di innescare, laddove si hanno potenzialità non ancora sfruttate, un processo di destination building, e di attivare un meccanismo di creazione di nuove capacità e competenze gestionali-manageriali per l’emersione delle destinazioni turistiche già affermatesi .
In termini di interazione tra domanda ed offerta turistica si è, dunque, diffusa la tendenza a sperimentare soluzioni sempre più «aperte» e orientate al prosumerismo - in grado cioè di stimolare il coinvolgimento attivo del consumatore sia nella fase di «pianificazione», che nel momento del «consumo» - e caratterizzate, nel contempo, da una crescente modularità.
Accanto alle tradizionali formule di offerta «package» , in cui il prodotto turistico viene progettato ed assemblato da un’impresa (tipicamente un tour operator) che determina ex ante i contenuti della visit experience, si rileva la crescente diffusione di proposte configurate come «network», che vedono un insieme di imprese specializzate in produzioni, sia differenti, sia dello stesso tipo, che si connettono, secondo diverse forme tecnico-giuridiche, per offrire assieme i propri servizi, proponendo forme di collegamento basate su proposte di prezzi, sconti, convenzioni, sul suggerimento di itinerari o sulla selezione di servizi e attrattive accomunate da uno specifico tema (Tamma, 2000).
Di conseguenza, si afferma quale necessità la definizione e l’adozione di forme evolute di destination management finalizzate all’individuazione e al sostentamento di percorsi di sviluppo integrati e concepiti in funzione della creazione di valore per l’intero sistema ; percorsi in cui le attrattive basate su specificità locali, possono diventare gli elementi di base di un marchio turistico espressione dei valori di fondo della comunità, ed allo stesso tempo un punto di convergenza tra l’identità del luogo e l’immagine esteriore dello stesso, fra il modo in cui la comunità si rappresenta e l’immagine utilizzata dagli operatori turistici per promuovere la destinazione.
In un panorama turistico di questo tipo, in cui l’omogeneità dell’offerta tradizionale è evidente, le risorse locali, rappresentano, dunque, fonti di vantaggio competitivo ed elementi di differenziazione sempre più importanti. Esse possono assumere un ruolo particolarmente rilevante se sono legate alla cultura, alla storia, alle tradizioni e al folklore locale, e se il coinvolgimento della comunità ospitante è elevato. Quest’ultimo elemento è essenziale sia per la costruzione di un prodotto turistico integrato, sia come prerequisito per uno sviluppo turistico sostenibile .
Il proliferare di formule turistiche «di nicchia» (turismo del vino, turismo verde, ecc.,) fortemente orientate alla differenziazione qualitativa - il cui potenziale competitivo risiede nel rispetto dell’identità e alle risorse specifiche del territorio e nell’attivazione di relazioni collaborative e sinergiche tra i diversi attori, privati e pubblici, che sono portatori di interesse verso la singola destinazione - ha rappresentato una risposta strategica «naturale» all’evoluzione in atto nello scenario della competizione turistica, soprattutto per le aree del mezzogiorno che, sebbene ricche di attrattive, per anni non hanno saputo valorizzare la propria vocazione turistica.
A fronte delle nuove sfide imposte dal mutato assetto concorrenziale del settore, il vantaggio competitivo delle destinazioni turistiche dipende dunque, più che in passato, da una forte integrazione fra tutti gli stakeholder, pubblici e privati, e dalla capacità di proporre sul mercato prodotti turistici costruiti come insiemi di «fattori di attrattiva omogenei, caratterizzati dalla valorizzazione delle risorse e della cultura locale e gestiti secondo un disegno manageriale complessivo basato sull’aggregazione e il coordinamento dei diversi partecipanti» (Manete, Cerrato, 2000).
Box 2: ICT e Turismo
Come ogni aspetto delle relazioni economico-sociali, anche il turismo è attraversato e, in alcuni casi, profondamente condizionato dall’evoluzione di quel complesso di fenomeni che nel linguaggio comune viene definito «rivoluzione informatica»; “così come la rivoluzione industriale ha trasformato la maniera in cui i beni venivano prodotti, distribuiti e consumati, la rivoluzione informatica sta trasformando la maniera in cui l’informazione viene prodotta, distribuita e consumata” (Varian, 1996, pg. 590 - nostra traduzione). L’informazione è entrata prepotentemente nella funzione di produzione delle imprese e nella funzione di utilità dei consumatori, diventando a tutti gli effetti un bene scambiabile sul mercato.
A partire dagli anni ’50 l’innovazione tecnologica si è sostanziata in una naturale convergenza tra la l’informatica e la telecomunicazioni, favorendo lo sviluppo di tecnologie informatiche e della comunicazione, oggi comunemente chiamate Information and Comunication Technology (ICT). Per ICT si intende “l’insieme delle diverse tecnologie (hardware, software, rete) che consentono la gestione delle informazioni codificate in forma digitale e l’insieme dei servizi a valore aggiunto che creano i presupposti per un effettivo valore d’uso degli utenti” (Napolitano, 2003). L’ICT consente di abbattere i costi derivanti dalla frizione spazio-tempo e di rendere le informazioni e le comunicazioni fruibili in tempo reale e in ogni luogo.
L’impiego delle ICT sta avendo conseguenze rilevanti nella regolamentazione dei flussi di scambio (merci, servizi, capitali), nell’organizzazione delle attività di produzione, distribuzione e di marketing aziendale, nei processi decisionali si spesa e di investimento, nell’amministrazione pubblica, ecc., modificando la maniera in cui le istituzioni (imprese, mercati, famiglie) interagiscono tra di loro (Bencardino, Prezioso, 2006).
Le ICT hanno, quindi, rivoluzionato sia il modo di operare dei soggetti economici (in primis le imprese ed i consumatori), sia la struttura dei mercati. A livello di operatori (imprese ed consumatori) consentono di:
1) ottenere informazioni più efficienti e meno costose: l’accesso e la circolazione delle informazioni è molto più veloce ed avviene ad un costo inferiore grazie, ad esempio, ad Internet*;
2) semplificare e accelerare la realizzazione di prodotti e servizi innovativi vendibili;
3) implementare strategie di yield management più efficienti grazie ad un miglior monitoraggio della domanda e dell’offerta di mercato;
4) attuare una più spinta differenziazione del prodotto e segmentazione del mercato;
5) sviluppare tutta una serie di attività “di servizio” nella gestione del rapporto impresa produttrice-consumatore.
A livello di mercato, lo sviluppo delle ICT ha portato alla nascita dei mercati elettronici (luoghi virtuali, e non più fisici, dove le transazioni avvengono in tempo reale, con una ridotta asimmetria informative e a bassi costi di transazione), e del commercio elettronico (e-commerce, in cui l’azione di compravendita avviene on line a fronte di un pagamento e di una consegna che può avvenire sia on line che off line.
Ovviamente questi cambiamenti interessano fortemente il settore turistico in quanto:
1. il turismo è un mercato ad “alto contenuto informativo”. La natura del turismo come experience good, l’esistenza di forti asimmetrie informative, gli elevati costi di ricerca dell’informazione, la complessa composizione del prodotto turistico e delle sue possibili composizioni, sono tutte caratteristiche che rendono il settore turistico particolarmente sensibile allo sviluppo di sistemi efficienti di produzione e distribuzione dell’informazione;
2. l’integrazione tra turismo ed informatica è uno dei fattori chiave dello sviluppo del turismo moderno. I Computer Reservation System (CRS), sviluppati e gestiti dalle compagnie aere all’inizio degli anni Sessanta ed evoluti negli anni ’80 nei Global Distribution System (GDS), sono stati tra le prime applicazioni delle ICT ed hanno portato alla realizzazione degli attuali sistemi d’informazione e prenotazione, in cui partecipano migliaia di imprese di diverse tipologie, permettendo al turista di districarsi tra milioni di differenti offerte. I GDS rappresentano, oggi, la principale interfaccia elettro-nica nel mercato turistico: essi consentono di far incontrare la domanda e l’offerta attraverso la gestione informatica di un enorme database dei servizi turistici offerti. Quattro sono i più importanti competitor globali (Amadeus, Galileo, Sabre, Worldspan) che determinano essenzialmente un oligopolio nella gestione della rete informativa. Con lo sviluppo di Internet**, i GDS sono diventati il punto di partenza per la costruzione di Agenzie di viaggio “virtuali”, cioè di portali che offrono servizi vari di prenotazione e diffusione di informazioni su imprese e destinazioni turistiche;
3. il turismo sta attraversando un momento di cambiamento strutturale. I turisti chiedono prodotti sempre più qualificati, personalizzati, diventano più selettivi e sensibili al prezzo, dedicano meno tempo e risorse alla programmazione delle vacanze che diventano più frequenti e più corti. Si avverte, quindi, l’esigenza di disporre di un sistema informativo capace di rispondere tempestivamente alle esigenze del turista in un mercato sempre più segmentato e competitivo. Questa “domanda di attenzione” può essere efficacemente soddisfatta dallo sviluppo delle ICT permettendo, tra l’altro, la nascita di nicchie di mercato dove anche le piccole imprese possono sfruttare un proprio vantaggio competitivo.
Molteplici, quindi, sono i vantaggi che, sia il turista-consumatore che le imprese turistiche, possono ottenere, in generale, dall’introduzione delle nuove tecnologie. Per il turista:
- riduzione del tempo e del costo di ricerca dell’informazione;
- aumento dello spettro delle possibilità di scelta;
- riduzione delle asimmetrie informative e, quindi, maggiore consapevolezza ed autonomia nella scelta;
Per le imprese turistiche (tour operator, agenzie di viaggi, imprese ricettive, imprese di trasporto, ecc.):
- riduzione dei costi e mantenimento dei vantaggi comparati: la professionalità delle imprese turistiche, connessa all’impiego delle ICT, consente loro di offrire al turista le informazioni richieste ad un costo inferiore e nello stesso tempo con risultati migliori rispetto a quelli che il turista riesce ad ottenere autorganizzandosi;
- migliore gestione dell’occupancy rate per gli alberghi e del coefficiente di carico per i trasporti attraverso il monitoraggio delle prenotazioni e la possibilità di vendere all’asta o all’ultimo momento a prezzi ribassati (last minute) i posti invenduti;
- nuovi canali di vendita e di promozione: I tour operator, le agenzie di viaggio, le strutture ricettive, le compagnie aeree, possono sfruttare Internet come canale di vendita e di marketing;
- lancio di nuovi prodotti, ed integrazione verticale fra imprese nel processo di realizzazione dell’offerta.
Quello che sembra evidente, per concludere questa nostra analisi, è che l’introduzione delle ICT abbia polarizzato le strutture competitive del mercato. Da un lato la globalizzazione del mercato e il raggiungimento di forti economie di scala permettono a pochi competitor globali di mantenere il proprio oligopolio; dall’altro c’è spazio per la creazione e lo sviluppo di nicchie di mercato nelle quali anche le piccole e medie imprese potranno sopravvivere se sapranno riorganizzarsi ed offrire servizi specializzati e personalizzati.
*Internet rappresenta il prodotto più conosciuto ed utilizzato delle ICT: nel 2005 l’Italia si colloca fra i primi 10 paesi del mondo per l’utilizzo di internet con una percentuale quasi del 30%; sono ben 16 milioni (dato aggregato tra casa, scuola e lavoro) le persone che ogni giorno si collegano alla rete. Fonte: Economy, n. 36 sett. 2006.
*Un turista che volesse autorganizzarsi una vacanza, o semplicemente raccogliere informazioni, rimarrebbe probabilmente sorpreso e forse disorientato dalla quantità di siti e pagine web dedicate ai viaggi e al turismo. Inserendo la parola travel in un motore di ricerca come Google (www.google.com), il sistema risponde con circa 70 milioni di pagine disponibili; alla parola tourism corrispondono 10 milioni di pagine.
A conclusione di questa breve analisi dell’evoluzione della domanda e dell’offerta turistica per effetto della globalizzazione, non possiamo trascurare l’impatto che tali dinamiche producono, in senso lato, a livello culturale, economico ed ambientale.
A livello culturale, da un lato il turismo globale consente il contatto tra società e culture differenti, di apprezzarne le peculiarità e le diversità. Esso, quindi, può essere uno strumento in più per leggere la complessità delle società contemporanee; dall’altro, però, è anche vero che molto del turismo internazionale prende la forma di “ospite straniero”, dove il contatto con la cultura locale è assente o distorto. Nel caso in cui l’afflusso turistico è disatteso dalla popolazione locale ed avviene in modo repentino e di massa, la globalizzazione del turismo non opera come strumento di crescita e di confronto culturale, bensì è causa di chiusura da parte della comunità locale.
A livello economico, il turismo può costituire fattore di sviluppo ma, anche, fattore parassitario o al limite un’enclave nell’economia ospite. Nell’epoca della globalizzazione, molto del turismo internazionale ha preso la forma di pacchetti turistici “chiusi”, in cui spesso tutto richiama l’ambiente di origine dei turisti: dai ristoranti ai souvenir. In questo senso, non solo il turismo non è motore di sviluppo, ma alla base della percezione di un forte divario tra lo “stato di benessere” del turista e il modo di vivere della popolazione locale.
A livello ambientale, la ricerca da parte del turista di luoghi incontaminati, naturali, “da scoprire”, ha innescato ampi dibattiti sull’urgenza di implementare politiche di sviluppo turistico sostenibile, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo che, se da un lato meglio rispondono alle nuove richieste del mercato, dall’altro sono deficitarie di tali politiche .
La globalizzazione dei flussi turistici, quindi, ha un impatto positivo se va verso un’idea di un turismo sostenibile (sostenibilità sociale, ambientale, economica), negativo se diviene sfruttamento del territorio e fonte di disgregazione sociale.
Box 3: Globalizzazione e turismo: la nuova domanda di «Turismo responsabile»
Lo sviluppo del turismo sostenibile non nasce solo dal suo riconoscimento da parte delle Organizzazioni internazionali, ma anche dalla crescente esigenza di salvaguardia ambientale e socio-culturale da parte di un numero sempre maggiore di turisti. Si è sviluppata così una nuova domanda di turismo responsabile inteso come “processo di autoselezione, da parte del turista, di attività di turismo rispettose e sostenibili” (Candela, Figini, 2003), che ha spinto le destinazioni a competere sempre più sulla qualità ambientale e sociale del turismo offerto.
Sovente il turismo responsabile viene identificato con l’eco-turismo, definito come “il desiderio di visitare le popolazioni indigene e gli ecosistemi, flora e fauna, nel loro stato naturale”, altre volte con il turismo sociale, inteso come quelle attività turistiche che favoriscono l’incontro e la socializzazione tra le persone, tra i popoli, rispondendo ad un diffuso bisogno di relazioni” (Swarbrooke, 1999).
Con la nascita del turismo sostenibile, responsabile, eco-compatibile e sociale si è diffusa l’esigenza di capire i diritti ed i doveri dei diversi protagonisti del turismo (turisti, popolazione locale e imprese), che ha portato all’approvazione, da parte dell’Organizzazione Mondiale del Turismo, del Codice Etico Mondiale per il Turismo nel 1999. Il Codice esprime la volontà di promuovere un sistema turistico globale che sia equo, responsabile e sostenibile, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle maggiore convezioni internazionali (Dichiarazione Fondamentale dei Diritti Umani del 1948; la Dichiarazione di Rio de Janero sull’ambiente e lo sviluppo del 1992).
Nel maggio del 1998 nasce l’Associazione Italiana Turismo Responsabile (AITR) che, contando circa una trentina di associazioni provenienti dal mondo della cooperazione allo sviluppo, dell’ambientalismo, dell’informazione alternativa e della difesa dei diritti del consumatore, è diventata, oggi, la più importante federazione di categoria del turismo “non profit”. Per l’AITR il turismo deve essere legato allo sviluppo sostenibile del Paese ospite, uno sviluppo cioè che non comprometta il patrimonio ambientale, culturale e sociale del territorio e che sia programmato in consultazione con le comunità locali.
3.2 Dal concetto di Sistema locale territoriale a quello di Sistema Turistico Locale (STL): un approccio alla dimensione territoriale dello sviluppo turistico
Il problema dell’analisi delle specificità e delle differenze locali è uno dei temi centrali delle discipline che, tradizionalmente, sono legate alla lettura del territorio (in particolare la geografia e l’urbanistica, ma anche l’economia, la sociologia, l’antropologia e recenti studi di matrice ecologico-ambientale). Questo problema è stato affrontato da differenti punti di vista, ma con scarse o nulle occasioni di incontro, creando una lacuna nella letteratura delle scienze sociali riguardo ad un concetto che coinvolge le diverse sfere del vivere umano (Cooke, 1989).
Secondo Cooke sono tre i concetti che potrebbero colmare questa lacuna, community, locale e locality, ma il più esaustivo sembra essere locality . Benché la traduzione del termine di locality sia località, nella ricerca territoriale il dibattito intorno ai temi sottolineati da Cooke si è variamente consolidato in alcuni filoni d’indagine che ruotano per lo più intorno alle nozioni di «sistema locale», «sviluppo locale», «reti» e «milieu» .
Il concetto di «sistema locale» si è evoluto, sia nelle analisi teoriche che nei fatti, da una base formale (le forme fisiche, il paesaggio) ad una struttura funzionale e poi sistemica, in relazione prima ad una maggiore rilevanza delle componenti immateriali (relazioni) rispetto a quelle materiali; e poi in conseguenza della crescente dinamicità dell’ordine spaziale, fino a giungere alla definizione di «sistema locale» come “un aggregato di soggetti che in varie circostanze può comportarsi di fatto come un soggetto collettivo. (...) Si tratta cioè di un sistema che interagisce con l’esterno secondo regole proprie, largamente informali e tuttavia sufficienti a garantirne la riproduzione nel tempo” (Dematteis, 1994, pg. 14).
Con tale espressione si indica, quindi, prima che un’entità territoriale definita e delimitata nello spazio, un insieme di soggetti interagenti che, in funzione a specifici rapporti che intrattengono con un certo ambiente, o milieu locale, si comportano in certe circostanze come un soggetto collettivo, anche se non formalmente riconosciuto come tale (non è né un ente territoriale, né un’impresa, né un altro tipo di istituzione).
La presenza di una base territoriale comune non è una condizione necessaria per il funzionamento di un sistema locale - inteso in senso generale come “entità intermedia tra il sistema nel suo insieme e il soggetto singolo” - (Becattini, 1989, pg. 9); su una stessa base territoriale possono operare più sistemi locali o parti di essi; così come ci sono aggregati non territoriali di soggetti capaci di comportamenti autonomi e autoriproduttivi.
Alla base di tale definizione si ha l’adozione di una prospettiva di “autonomia” del sistema locale, che non può più essere interpretato e interpretabile come una “parte” qualunque del sistema complessivo, ma piuttosto come un sistema dotato di una sua specificità, di un suo carattere, di una sua identità, che lo distingue sia dagli altri sistemi, sia dall’ambiente esterno. La funzione principale del “sistema locale”, infatti, non è quella di produrre beni e servizi, ma di “produrre e riprodurre se stesso”; le diverse specializzazioni produttive sono le modalità contingenti con cui tale funzione autoriproduttiva si manifesta nella sfera dei rapporti economici.
Solo nel momento in cui le interazioni tra i soggetti che compongono un sistema locale, e che danno coesione interna allo stesso, sono autocontenute entro un certo ambito territoriale, si definiscono i «Sistemi locali territoriali».
I «Sistemi locali territoriali» o SLoT sono, dunque, una sottoclasse formata dai sistemi locali che, “coincidendo stabilmente con determinati luoghi, (...) si caratterizzano per gli specifici rapporti comuni che i soggetti costituenti intrattengono con un certo ambiente o milieu locale” (Dematteis, 1994, pg 15).
La distinzione tra «Sistema locale» e «Sistema locale territoriale» rispecchia perfettamente la logica secondo la quale il concetto di locale non coincide con quello di territoriale: locale non è sinonimo di piccolo spazio circoscritto o di insediamento periferico, ma è piuttosto un modo di concepire il territorio, di guardare alle specificità ed alle differenze come elementi rilevanti dell’analisi (Giusti, 1990). I sistemi locali territoriali non sono, quindi, delle entità geografiche reali, ma piuttosto dei modelli concettuali, incompleti e semplificati, attraverso cui descrivere la realtà; tuttavia esse “non sono delle entità virtuali, ma hanno un fondamento territoriale - il rapporto fra la rete dei soggetti locali, il milieu e l’ecosistema - che ne definisce la materialità” (Dansero et al., 2003, pg. 26).
Nel concetto di sistema locale territoriale, si combinano, infatti, diverse e parziali visioni di territorio: a) il territorio come spazio della prossimità, che facilita l’interazione fra gli attori e la costruzione dei legami sociali fra di essi; b) il territorio come patrimonio o eredità del passato, serbatoio di componenti ereditate che definiscono un comune senso di appartenenza ai luoghi; c) il territorio come ecosistema, cioè come insieme di componenti biotiche e abiotiche e delle loro relazioni, influenzato dall’esito del rapporto tra naturalità e antropizzazione; d) il territorio come progetto che si costruisce e si identifica in funzione della, e in relazione alla, azione collettiva dei soggetti locali .
Nei sistemi locali territoriali si mescolano, pertanto, aspetti che sembrano andare in due direzioni, almeno in parte, differenti. Una prima direzione ci porta a riconoscere lo SLoT come un vissuto; esso presuppone la prossimità fisica tra i soggetti e ne consente la compresenza; la seconda, invece, sottolinea che lo SLoT si costruisce nel corso dell’azione, conquista la sua autonomia mettendo in valore le sue specificità territoriali (Dansero et al., 2003).
In questo modo siamo giunti “per gradi” a definire un modello concettuale di Sistema locale territoriale - inteso come un aggregato a base territoriale di soggetti sociali, economici, politici, che in certe situazioni si comporta come un soggetto collettivo - funzionale, innanzitutto, ad analizzare e descrivere delle realtà e delle potenzialità socio-territoriali già almeno in parte esistenti, e a costruire, a partire da esse, dei sistemi, territoriali e sociali al tempo stesso, destinati a diventare attori di sviluppo locale nell’ambito di politiche provinciali, regionali, nazionali ed europee.
In ambito turistico, il concetto di sistema territoriale locale ha trovato una chiara espressione nella definizione, piuttosto recente e con applicazioni ampiamente differenziate, dei Sistemi Turistici Locali (STL) , quali sfere territoriali dove si combinano le caratteristiche di un modello produttivo, di un modello spaziale e di un modello sociale.
L’introduzione legislativa del concetto di STL si ha con la Legge quadro del 29 marzo 2001 n. 135, recante la «Riforma della legislazione nazionale del Turismo». Nello specifico, l’art. 5 della suddetta Legge definisce i STL come “contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall’offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e dell’artigianato locale, o della presenza diffusa di imprese turistiche singole o associate”.
La stessa definizione, per certi versi in maniera esplicita per altri implicita, rievoca elementi fondanti dei sistemi locali territoriali, tanto da poter considerare il Sistema Turistico Locale come una «specializzazione produttiva degli SLoT». Le assonanze tra le due costruzioni sistemiche emergono, in tal senso, dal chiaro riferimento legislativo a contesti turistici, sia omogenei che integrati, caratterizzati da un’offerta turistica integrata costruita sull’individuazione e la valorizzazione delle risorse locali (milieu), nonché risultato di forme di concertazione tra gli attori locali (rete locale) e tra questi ed il sistema sovralocale .
È chiaro, infatti, l’intento del legislatore di stimolare un approccio sistemico all’analisi ed alla gestione del territorio che tenga conto del valore aggiunto prodotto dal settore turistico (Marotta, De Angelis, 2004). In tale prospettiva la definizione dei Sistemi Turistici Locali rafforza l’esigenza, da tempo emersa dal dibattito tra gli operatori e gli studiosi del settore, di definire e verificare modelli interpretativi di tipo sistemico in grado di cogliere le specificità insite nella particolare configurazione dei sistemi turistici. Tali modelli devono essere in grado non solo di fornire un supporto alla definizione dei confini del sistema di offerta territoriale - che, come si è detto, non necessariamente coincidono con i confini amministrativi, ma sono delineati attraverso le relazioni che intercorrono fra gli attori - ma anche di fornire alle imprese e alle istituzioni una base concettuale di riferimento utile ai fini della definizione delle politiche e dei piani di sviluppo (Napolitano, De Nisco, 2004).
A questo punto è necessario chiedersi quali sono le caratteristiche dell’aggregato dei soggetti e dei territori locali attraverso cui ed in cui si costruisce l’azione collettiva?. Di che tipo sono i rapporti che si creano fra i soggetti, e fra questi e il milieu territoriale?. In che modo gli attori locali interagiscono con gli attori sovralocali e l’ambiente esterno?. Il tentativo di dare una possibile risposta a questi interrogativi, ci porta ad analizzare separatamente le componenti fondamentali di un «Sistema locale territoriale»: 1) la rete locale dei soggetti; 2) il milieu locale; 3) il rapporto di interazione della rete locale col milieu e con gli ecosistemi locali; 4) Il rapporto interattivo della rete locale con le reti sovralocali.
3.2.1 Le categorie fondamentali nell’analisi dei Sistemi Locali Territoriali
La rete locale dei soggetti : è formata dall’insieme delle relazioni e interazioni tra soggetti (individuali e collettivi, pubblici e privati, locali e sovralocali), presenti o attivabili in un territorio locale; dove per locale si intende la scala geografica che permette le interazioni tipiche della prossimità fisica: relazioni basate sulla conoscenza e la comunicazione diretta (face-to-face), sulla fiducia, sulla reciprocità, sulla comune esperienza e pratica di un certo contesto o milieu territoriale.
All’interno della rete locale interagiscono sia soggetti locali puri, il cui ambito di azione prevalente, se non esclusivo, è il sistema locale, sia soggetti locali trasversali, che agiscono contemporaneamente a livello locale e sovralocale. (Dematteis, 2001). Essi operano come “attore collettivo”, nel senso che questa aggregazione spontanea tra soggetti viene suggellata da una progettualità condivisa. Una delle componenti centrali del sistema territoriale locale è, infatti, costituita dalla partnership strategica che si viene a costituire tra i partecipanti per la realizzazione di progetti di sviluppo comuni.
Il milieu locale: può essere definito, in prima approssimazione, come l’insieme delle “condizioni ambientali” di un sistema locale. Non ci si riferisce, però, esclusivamente alle condizioni dell’ambiente naturale, ma a tutti quei caratteri (naturali, sociali, culturali, economici) che, sedimentati in un certo luogo come risultato di un lungo processo coevolutivo tra la società locale e il territorio stesso, definiscono le proprietà specifiche del luogo da cui dipende larga parte dei suoi possibili sviluppi futuri.
Dematteis arricchisce questa “visione oggettiva” di milieu, visto come insieme di risorse immobili proprie di quel territorio locale e che a prima vista sembra coincidere con il concetto di milieu elaborato dalla geografia regionale francese all’inizio del ‘900 , con una “visione soggettiva” che fa riferimento alla percezione-valutazione-rappresentazione di tali risorse da parte della rete locali di soggetti. Secondo questo approccio, il milieu diviene un concetto relazionale; esso fa riferimento non solo agli elementi, materiali ed immateriali, che si sedimentano nel tempo in un certo luogo attraverso l’evolvere storico di rapporti intersoggettivi, ma anche al valore, significato differente attribuito a tali specificità dai soggetti locali (Dematteis, 2001; Governa, 1997).
Il rapporto di interazione della rete locale col milieu e con gli ecosistemi: si basa su un sistema di relazioni verticali tra i soggetti e il territorio, volte a tradurre le potenzialità del milieu in valori - di tipo ambientale, culturale, estetico, sociale ed economico - comunicabili e scambiabili con l’esterno in una logica di sostenibilità territoriale/ambientale. Le interazioni rete locale/milieu consentono una reinterpretazione continua delle componenti costitutive di uno specifico territorio ed innescano le dinamiche di trasformazione, o comunque di funzionamento, del sistema locale. Il rapporto tra le due componenti è, quindi, di tipo “circolare”, in cui ognuno dei due termini è, contemporaneamente, matrice ed esito del rapporto stesso (Governa, 1997).
Il rapporto interattivo della rete locale con reti sovralocali: si esplica in azioni che modificano sia la composizione della rete locale che del milieu. A questo riguardo, è utile riferirsi alla proposta di Bagnasco A., che considera la società locale strutturata secondo due assi: uno orizzontale, che tiene conto delle relazioni interne, ed uno verticale , che considera le connessioni con le componenti culturali, politiche, economiche, sociali, esterne alla società locale considerata (Bagnasco, 1992). Con riferimento ai Sistemi locali territoriali, l’asse orizzontale identifica l’interazione rete locale/milieu e l’asse verticale le relazioni della rete locale con il livello sovra-locale. Riprendendo il paradigma reticolare, già richiamato quale chiave interpretativa della dialettica locale-globale, adottato da Dematteis nell’analisi dell’organizzazione territoriale, il sistema locale è interpretabile come “un insieme di soggetti interagenti in ambito locale, ma anche, e contemporaneamente, come uno dei nodi della rete, di livello sovralocale, che connette fra loro i diversi luoghi secondo le nuove dinamiche socio-economiche contemporanee” (Governa, 1997, pg. 61).
Parlare di rapporto interattivo della rete locale con reti sovralocali significa, quindi, sia considerare le relazioni orizzontali tra i diversi nodi (sistemi locali) e tra gli attori interni ai sistemi locali, sia le relazioni verticali tra reti di diverso livello (locale e sovralocale) e tra la rete-locale e le specificità locali. Nelle dinamiche dei sistemi territoriali, la rete locale esercita, dunque, una duplice funzione di mediazione: essa agisce sia all’interno del sistema locale come elemento di coesione nell’interazione rete locale/milieu, sia all’esterno come elemento di collegamento con il livello sovra-locale; essa può essere considerata come un selettore e decodificatore di stimoli proveniente dall’ambiente esterno ma, anche, come raccoglitore e codificatore delle potenzialità interne al sistema (vedi fig. 1).
Fig. 1 - Le componenti fondamentali degli SLoT
Fonte: Dematteis, 2001
Il comportamento del «sistema rete globale» e del «sistema nodo locale», ovvero dei sistemi locali territoriali, può essere interpretato ricorrendo alle dinamiche evolutive dei sistemi complessi, cioè sistemi in cui la “reazione” alle perturbazioni esterne non è linearmente determinata dalle stesse, ma avviene attraverso complessi processi di auto-organizzazione interna. Le dinamiche di funzionamento dei sistemi locali territoriali come sistemi complessi, possono essere descritte adottando due punti di vista: uno interno al sistema locale ed uno esterno ad esso. Nel primo caso, i nodi sono considerati sotto-sistemi aperti del sistema rete-globale, il cui funzionamento è determinato dagli input che provengono dall’esterno. Tale punto di vista riduce lo sviluppo locale ad un processo di semplice valorizzazione territoriale ; ne derivano interpretazioni basate sui gradienti centro-periferia, che negano autonomia ai sistemi locale e attribuiscono ad essi comportamenti adattivi passivi nei confronti dell’ambiente esterno. Se, invece, adottiamo un punto di vista interno ad ogni singolo nodo (sistema locale) otteniamo rappresentazioni del tutto diverse riconducibili alle concettualizzazioni sui sistemi autoreferenziali di H. Von Foerster (1985) o ai modelli dell’autopoiesi come quello elaborato da H. Maturana e F. Varela, (1985; 1987) . Adottando, quindi, un punto di vista interno, i sistemi locali territoriali si presentano come sistemi in grado di auto-organizzarsi (sistemi autoreferenziali ) e auto-riprodursi (sistemi autopoietici ), reagendo agli stimoli provenienti dall’ambiente esterno sulla base delle proprie caratteristiche endogene. Attraverso tali dinamiche, i sistemi evolvono continuamente attraverso la creazione di nuove strutture organizzative, ovvero l’attribuzione continua di nuovi significati e valori alle componenti del milieu, rispondendo secondo proprie logiche agli stimoli perturbatori che provengono dall’esterno.
In conclusione, ciò che il modello si propone di trovare - il suo possibile referente empirico - non è un sistema territoriale già esistente e funzionante come attore collettivo territoriale, ma una serie di indizi (attitudini, esperienze pregresse, ecc.) e di precondizioni soggettive e oggettive che, con l’intervento di opportuni stimoli e azioni di governance, rendano possibile e altamente probabile la costruzione, in una certa area geografica, di un sistema territoriale capace di contribuire autonomamente ad obiettivi di sviluppo. In altre parole, il modello concettuale di SLoT diviene, operativamente, uno strumento che consente:
- di delineare la geografia della progettualità e dell’agire collettivo di un territorio (regionale, nazionale, transnazionale) in base ai legami sociali e territoriali esistenti;
- di individuare lo stato attuale di questi legami, che di regola sono incompleti;
- di valutare ex ante la possibilità di attivare i legami mancanti e di innescare processi di sviluppo autocentrato;
- di stimare in itinere ed ex post il “valore aggiunto territoriale” da essi prodotto;
- di suggerire l’architettura più adatta per costruire, caso per caso, un sistema di governance efficace per l’implementazione di politiche e per la realizzazione di programmi e progetti;
- di valutare la sostenibilità territoriale dello sviluppo, intesa come capacità di riprodurre e di arricchire il “capitale territoriale” locale senza impoverire quello di altri territori;
- di offrire un sostegno conoscitivo a piani e politiche di area vasta basati sulla messa in rete di sistemi locali territoriali.
Box 4: Milieu ed identità locale
Il termine «milieu», da sempre nel linguaggio geografico francese, da un decennio è al centro della letteratura internazionale come chiave di lettura privilegiata nell’analisi territoriale e dello sviluppo locale.
Sovente in italiano viene tradotto con il termine «ambiente», dandone, quindi un’interpretazione riduttiva e, in alcuni casi, errata. Il concetto di milieu denota, infatti, in prima approssimazione, un insieme localizzato e specifico di condizioni naturali e socio-culturali che, sedimentandosi in un luogo nel corso del tempo, definiscono le proprietà specifiche del luogo stesso. Derivando da un processo di stratificazione di lungo periodo, le componenti del milieu identificano, quindi, una specifica eredità del passato; esse, però, non hanno un valore assoluto, ma veicolano diversi e specifici valori in relazione alle dinamiche del contesto sociale e territoriale entro cui sono inserite e alle azioni dei soggetti locali interagenti sul e nel luogo stesso” (Dansero et al., 2003).
Secondo tale prospettiva, il milieu è costituito da un insieme di elementi, sia di tipo fisico che socio-culturale, sia materiali che immateriali, che si sedimentano nel tempo, in un certo luogo, attraverso l’evolvere storico di rapporti intersoggettivi; esso, quindi, è legato non solo al territorio ma, anche, al ruolo dei soggetti all’interno di questo territorio e al rapporto che questi hanno con l’esterno (Governa F., 1997).
Tali elementi costituiscono l’identità del sistema locale perché generano condizioni di vita e risorse potenziali che si formano e si stratificano nel tempo e che non possono essere prodotte o riprodotte a piacere, né trasferite da un sistema locale ad un altro. Questa concezione porta a considerare il milieu come un concetto duplice: da un lato si evidenzia il carattere di ereditarietà delle sue componenti (naturali, culturali, sociali) che definiscono il patrimonio territoriale comune della collettività (visione statica ed oggettiva), dall’altro il milieu non costituisce solo il patrimonio locale e territoriale di una specifica identità collettiva, ma rappresenta l’insieme delle potenzialità endogene dello sviluppo, che devono essere riconosciute, mobilitate e attivate attraverso l’azione di una rete di soggetti locali (visione dinamica e soggettiva) (Bencardino, Cresta, 2004).
3.3 Dalle possibili configurazioni di offerta ai Sistemi Locali di Offerta Turistica
Nei diversi approcci allo studio del turismo, e anche nel concreto operare, hanno trovato spazio una molteplicità di definizioni e concettualizzazioni di prodotto turistico - punto di incontro tra le esigenze espresse dalla domanda ed il sistema di offerta -, rispondenti a diverse logiche e a differenti scopi di indagine e di governo del fenomeno.
L’espressione di «prodotto turistico» viene, di volta in volta, utilizzata per designare:
- l’insieme delle attrattive (naturali ed antropiche) di una determinata località turistica;
- il modello di sviluppo turistico di un dato paese, regione, ecc. nella sua globalità (es.“il prodotto turistico italiano);
- l’insieme dei beni e dei servizi turistici di una data area o località;
- l’offerta di una categoria di operatori (il prodotto alberghiero, il prodotto della ristorazione, ecc.).
La molteplicità delle accezioni deriva dalla complessità del fenomeno turistico , ovvero dal suo essere un composto eterogeneo di soggetti ed oggetti che si adoperano e che vengono utilizzati nell’ideazione e nella costruzione di “situazioni di consumo” più o meno strutturate ed organizzate (Pechlaner, Weiermair, 2000). Obiettivo principale in questa sede, è quello di partire dalla definizione di «prodotto turistico globale o complesso», per arrivare a delineare il percorso evolutivo dell’offerta turistica che vede, ormai, come chiave interpretativa privilegiata il concetto di «Sistema Locale di Offerta Turistica» (SLOT).
Al di là delle singole definizioni, il prodotto turistico si presenta come:
a) un prodotto composito;
b) le componenti di tale prodotto sono numerose ed eterogenee (elementi naturali ed antropici, beni, servizi, informazioni, ecc.);
c) la sua percezione da parte del «turista» e del «produttore» è profondamente differente .
Per comprendere il rapporto tra domanda ed offerta è necessario, dunque, considerare entrambi i punti di vista. Il consumatore, in base alle proprie motivazioni, cultura, condizioni socio-economiche, esperienze, ha delle esigenze particolari che esprime in un proprio concetto di «prodotto», costituito da un insieme di elementi, caratteristiche e benefici attesi ordinati gerarchicamente. La percezione del prodotto e delle sue qualità dipende dal grado di coincidenza tra le aspettative generate dagli elementi appena descritti e le caratteristiche del luogo e dei servizi ricevuti (tourist satisfaction); l’esperienza turistica è vissuta come un fatto unico nel suo insieme. La singola azienda, dal canto suo, esprime una visione più circoscritta alla propria specifica funzione: il produttore, infatti, in base alla percezione che ha della domanda, della situazione concorrenziale, delle proprie capacità e competenze, del potenziale della sua organizzazione, progetta, realizza ed offre un insieme di elementi e prestazioni che, combinati in modo da essere il più possibile rispondente alle esigenze della domanda e differente dalla concorrenza, costituiscono il suo «prodotto». Anche per il produttore esiste una gerarchia di elementi: alcuni devono essere necessariamente inclusi nell’offerta in quanto corrispondono al core identificativo della classe stessa del prodotto; altri rispondono alla domanda specifica di singoli gruppi di clienti (segmenti); altri ancora, cogliendo aspettative particolari fungono da fattore di differenziazione dalla concorrenza.
In conclusione, quindi, il prodotto turistico rappresenta, dal lato della domanda, un prodotto turistico globale inteso come «l’insieme, specifico e spazialmente determinato, dei fattori di attrattiva in cui l’utilizzatore traduce - attraverso le sue motivazioni, la sua cultura, il suo sistema di valori, la sua personalità, le sue condizioni socio-economiche, il suo comportamento - la propria domanda specifica» (Rispoli, Tamma, 1995, pg. 21). Dal lato dell’offerta è, simmetricamente, l’insieme dei fattori di attrattiva che vengono realizzati o organizzati a partire dal sistema di risorse (naturali, antropiche, ecc.) e di competenze, per rispondere alla domanda del turista attuale o potenziale. Le prestazioni dei singoli operatori si integrano in una logica di sovrapposizione (over-lapping) tra il prodotto specifico dell’impresa ed il prodotto sistemico percepito dal turista: in definitiva, esso si materializza nell’esperienza turistica complessivamente vissuta e nell’insieme delle percezioni generate, a fronte non più dalla singola prestazione erogata indipendentemente, ma del sistema di risorse ambientali, culturali e delle competenze manageriali di gestione sviluppate dagli erogatori di servizi (Casarin 1996, Tamma, 1995). Di conseguenza, i fattori di attrattiva e di soddisfazione per i turisti, che si esplicano in servizi specifici ed integrati, derivano dal processo di valorizzazione delle risorse locali attraverso le competenze maturate dall’offerta (vedi fig.2).
Fig. 2: Schematizzazione del prodotto turistico complesso
PERCEZIONI
ASPETTATIVE
MOTIVAZIONI
A questo punto è utile chiedersi come vengono coordinate tra loro le diverse attività turistiche e, più in generale, tutti i fattori di attrattiva di una località, di cui le attività turistiche sono solo una parte. In altre parole, ci si interroga sul rapporto che esiste tra la varietà di proposte, progettate e coordinate, che l’offerta realizza e/o organizza, e l’autonomia con cui l’utilizzatore può scegliere tra le diverse alternative, e/o creare da sé una combinazione dei diversi elementi offerti. Ciascun sistema di offerta è il risultato di una diverso grado di interazione nel rapporto produttore-utilizzatore sulla base di tre dimensioni:
a) depth (profondità), definisce il grado di partecipazione dell’utilizzatore all’ideazione e alla realizzazione dell’offerta turistica;
b) range (ampiezza), è riferito al numero di alternative potenzialmente messe a disposizione dal sistema di offerta;
c) choice (scelta), rappresenta il numero di opzioni, tra quelle potenziali, realmente offerte e tra le quali il turista può effettivamente scegliere.
Riprendendo un noto studio di Rispoli M., e Tamma M., (1995), sulla base del grado di coordinamento e controllo del sistema di imprese da una parte, ed il coinvolgimento dell’utilizzatore dall’altra, nella configurazione di un prodotto turistico è possibile distinguere tre modalità di relazione fra domanda ed offerta :
1) configurazione «punto a punto»;
2) configurazione «package»;
3) configurazione «network».
Le prime due configurazioni si trovano agli estremi di un continuum lungo il quale si riduce il ruolo attivo dell’utilizzatore, mentre aumenta il grado di controllo e di governo del sistema delle imprese; la terza si pone in una posizione intermedia.
Nella configurazione «punto a punto», il prodotto turistico complessivo viene composto dall’utilizzatore sulla base di singole relazioni che esso stesso gestisce con i diversi attori del sistema di offerta; è questo il caso tipico del “turista fai da te”. E’ il turista, che a partire dall’insieme delle informazioni di cui dispone, assembla i diversi fattori di attrattiva fino a formare un prodotto (globale) rispondente alle sue esigenze. Ciascuna impresa realizza in modo indipendente il proprio prodotto specifico comportando, quindi, l’assenza di qualunque forma di coordinamento e controllo dell’offerta. In realtà, l’autonomia dei singoli operatori è solo apparente, in quanto essi, sebbene non vincolati da contratti ed accordi, non hanno la dimensione sufficiente - in termini di risorse, capacità, quote di mercato, ecc. - per sviluppare e sostenere azioni competitive, stante un’evoluzione continua dei mercati (vedi fig. 3).
Fig. 3 - Configurazione di prodotto «Punto a Punto»
Fonte: Della Corte V, 2000
Quando in un contesto turistico risulta prevalente questo tipo di configurazione si è in presenza di un modello di offerta «frammentata», spesso frutto di uno “spontaneismo” imprenditoriale, in cui l’integrazione delle risorse e delle competenze locali è scarsa e, quindi, la composizione e la valorizzazione dei prodotti offerti è indotto dal comportamento della domanda ed avviene attraverso azioni isolate delle singole imprese.
Nella configurazione «package», il prodotto turistico viene progettato ed assemblato da un soggetto terzo, tipicamente un tour operator ma, anche, agenzie di incoming, convention bureau, ecc., e presentato sotto forma di «pacchetti di offerta turistica» diversi più o meno articolati, tra cui l’utilizzatore ha la “possibilità di scegliere”. L’offerta è, quindi, predefinita nella quasi totalità delle sue componenti da un’impresa che svolge, in questo caso, essenzialmente funzioni di organizzazione ed intermediazione turistica; il grado di coordinamento e di controllo del prodotto da parte dell’offerta è elevato (la scelta della combinazione dei fattori di attrattiva e delle aziende partner nell’offerta avviene prima del processo di erogazione), a fronte di un grado di coinvolgimento del turista molto limitato (il turista consuma un prodotto in gran parte già “confezionato”, che contiene un numero definito di alternative e che limita, ex ante, la scelta ed il potenziale di personalizzazione da parte del cliente) (vedi fig. 4).
Fig. 4 - Configurazione di prodotto «Package»
Fonte: Della Corte V, 2000
Il modello di offerta che si viene a delineare nel momento in cui prevale una configurazione di questo tipo è, quindi, di «dipendenza» degli operatori locali nei confronti degli operatori del cosiddetto turismo organizzato (in particolare i Tour operator) esterni al sistema locale, che detengono il potere di mercato e gestiscono i flussi turistici.
Nella configurazione «network», il sistema di offerta è costituito da un insieme di aziende, specializzate in produzioni differenti o anche dello stesso tipo, che si coordinano giuridicamente ed operativamente per realizzare un’offerta variegata ed assicurare determinati standard di qualità e di prezzo. Il turista, in questo caso, non solo ha la possibilità di scegliere in loco tra un numero di alternative maggiori (servizi diversi o più opzioni per uno stesso servizio) ma, anche, di realizzare combinazioni di prodotto, più o meno personalizzate, secondo le proprie esigenze. Tra gli operatori - sulla base di comportamenti cooperativi di medio-lungo periodo - esiste una forte interrelazione strategica ed organizzativa al fine di sviluppare un’offerta articolata, che ben risponda alla complessità della domanda, ed integrata basata su proposte di prezzi, sconti, convenzioni, itinerari programmati e selezione di servizi e attrattive accomunate da uno specifico tema. Si tratta, quindi, di una configurazione che tende a superare i limiti dei modelli visti in precedenza:
- l’ampia varietà di alternative, la maggiore disponibilità di informazioni, la garanzia di un buon rapporto qualità-prezzo, un maggiore potere contrattuale nei confronti di operatori esterni ed un’elevata flessibilità nell’organizzazione interna, sono “plus” fondamentali del «network»;
- il grado di controllo e di coordinamento è senz’altro inferiore al «package» ma, comunque, è garantita una progettualità ed un elevato coordinamento delle singole attività d’impresa e dei diversi fattori di attrattiva, del tutto assenti nel modello «punto a punto»;
- la libertà di scegliere, seppur entro un range, restituisce al cliente-turista un ruolo attivo nel confezionare un prodotto rispondente alle sue esigenze (vedi fig. 5).
Fig. 5 - Configurazione di prodotto «Network»
Fonte: Della Corte V, 2000
Dal punto di vista dello sviluppo del sistema di offerta di una località turistica, tali soluzioni, che conferiscono al consumatore un ruolo attivo nella composizione del prodotto turistico, pur consentendo ai produttori partecipanti di mantenere un certo grado di coordinamento e di controllo nella definizione dei contenuti e delle modalità di erogazione, determinano un modello di offerta «integrata». Essa appare, a fronte dei mutamenti nei contenuti qualitativi della domanda, come quella «maggiormente in grado di garantire una rete locale di offerta efficace ed efficiente, capace di promuovere una identità distintiva e di raggiungere una forte capacità di competere» (Rispoli, 2001, pg. 58).
Il successo di una località risiede e risiederà sempre di più, dunque, nella capacità di offrire molteplici “esperienze turistiche”, caratterizzate da differenti fasce di prezzo, differente durata del soggiorno, differenti modi di fruire e sperimentare le attrattive ecc., facendo leva su modalità di organizzazione sistemiche - più o meno aperte e flessibili alle esigenze dei diversi segmenti di domanda - che consentano alle «località » di divenire «destinazioni turistiche ».
Il concetto di destinazione turistica, sebbene ampiamente discusso dagli esponenti del mondo accademico, non ha ancora una chiave di lettura univoca . Questo è dovuto alla natura poliedrica di tale concetto, che non consente di inquadrarlo in un preciso modello teorico e fa emergere forti ambiguità in termini di prospettive di analisi tra coloro che, sposando la visione della domanda, descrivono la destinazione come «un insieme di prodotti, servizi, attrattive naturali ed artificiali articolati ed integrati per richiamare determinati segmenti di turisti» , e gli autori che definiscono la destinazione dal lato dell’offerta come «spazio entro il quale il turista si muove» . La destinazione turistica si configura, dunque, come un prodotto turistico complesso dal punto di vista della domanda; ma anche come una forma di offerta complessa realizzata dall’integrazione dei diversi soggetti coinvolti per la promozione della località turistica nel suo insieme. Esso è un concetto più ampio di quello di località, fino a contenerlo: una “località” può decidere di “farsi destinazione” attivando un insieme di processi strutturali, organizzativi e gestionali attraverso cui interagire con la domanda turistica per garantirne il soddisfacimento ed essere in grado di generare autonomamente domanda (Della Corte V., 2000).
Dal punto di vista concettuale, l’approccio più completo sembra essere quello che contempla la molteplicità dei punti di vista nella definizione di destinazione e tenta di coniugare la delimitazione dello spazio geografico e/o amministrativo con i contenuti del prodotto, ovvero l’approccio “demand oriented” e “supply oriented”. Tale visione ci porta a descrivere la destinazione turistica come Sistema Locale di Offerta Turistica (SLOT): «insieme di attività e fattori di attrattiva che, situati in uno spazio definito (sito, località, area), sono in grado di proporre un’offerta turistica articolata ed integrata, ossia rappresentino un sistema di ospitalità turistica specifica e distintiva che valorizza le risorse e la cultura locale » (Rispoli, Tamma, 1995, pg. 41).
Le quattro parole chiave che compongono la locuzione, singolarmente e combinate, ne riassumono i caratteri portanti : si parla di sistema poiché ci si riferisce ad un insieme di attività integrate tra loro e con il territorio di riferimento che implicano il necessario coordinamento e coinvolgimento del maggior numero di attori locali. Il termine locale esprime il carattere specifico (risorse, competenze, valori) di uno spazio definito entro cui e attraverso il quale il sistema viene progettato, organizzato e gestito. L’espressione offerta turistica rappresenta la finalità dell’intero sistema, ovvero fornire una gamma di prodotti turistici complessi (composti da beni, servizi, fattori di attrattiva di natura sociale, culturale, economica, naturale, ecc.) in grado di soddisfare la “domanda globale” espressa dal turista.
In relazione al processo di crescente articolazione della domanda e alla globalizzazione della concorrenza, la via della cooperazione sistemica tra le PMI locali che caratterizzano in prevalenza il sistema turistico italiano appare, ormai, una scelta obbligata: ciò che può variare sono le modalità attraverso cui realizzare la configurazione dell’offerta ottimale. Il livello di analisi deve, dunque, spostarsi dalla singola componente (aziende, agenzie, attrattive, ecc.) al sistema locale di offerta, la cui competitività dipende, ovviamente, dalle risorse dell’area, dalle competenze delle singole imprese locali ma, soprattutto, dalla capacità di interazione ed integrazione degli operatori locali, vero motore di sviluppo del settore turistico - e del territorio nel suo complesso - e moltiplicatore delle risorse e delle opportunità locali.
Con il concetto di SLOT ci si riferisce a tutte quelle nuove forme di aggregazione territoriale potenzialmente capaci di integrare e rafforzare, sulla base dell’interazione tra attori privati e pubblici, le vocazioni, le attrattive, le dotazioni ed i servizi turistici insediati in un determinato territorio - specifiche aree (es. quartieri di grandi città) o più località (es. aree interne di una regione) - a vocazione turistica omogenea (Dallari, 2004).
Esso può essere considerato, quindi, come il risultato di un insieme di scelte strategiche e gestionali volte alla conversione di una località in destinazione turistica o al rafforzamento di una destinazione già esistente. Ovviamente, affinché si dia avvio e si sviluppino forme di offerta complesse come i Sistemi Locali di Offerta Turistica, occorre sia una corretta ed efficace politica del turismo, che identifichi i fattori di attrattiva su cui puntare per la valorizzazione o lo sviluppo della destinazione e valuti le risorse e le competenze - sia a livello di singola impresa che in termini di sinergie comuni - individuando il potenziale strategico generabile; sia innescare tra i partner la convinzione di poter raggiungere, attraverso l’applicazione di una logica integrata di offerta, risultati - in termini di performance delle imprese e di flussi turistici - assolutamente non realizzabili secondo le ordinarie regole di mercato.
3.3.1 Progettazione, organizzazione e gestione di uno SLOT
Il concetto di Sistema Locale di Offerta Turistica, ormai da tempo teorizzato, rappresenta uno schema conoscitivo consolidato negli studi sullo sviluppo dei sistemi turistici; la creazione di sistemi di offerta tesi a fornire un “prodotto complesso” con la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti (tour operator, imprese alberghiere e della ristorazione, agenzie di viaggio, vettori di trasporto, imprese di «attraction») appare, difatti, quale via maestra per mettere a frutto le attrattive turistiche di una destination. Nonostante ciò, scarsi sono gli esempi concreti di realizzazione di uno SLOT nel contesto nazionale e, se non in casi eccezionali , raramente possono considerarsi «sistemi economicamente efficienti». Manca, infatti, un’identità forte di sistema locale e quasi sempre si assiste alla realizzazione di progetti a vocazione turistica che, se pur integrati, non raggiungono massa critica tale da poter rappresentare uno SLOT, finendo piuttosto con il determinare la fioritura di un numero relativamente circoscritto di «localismi turistici» (Dallari, 2004a).
La progettazione di un Sistema Locale di Offerta Turistica, oltre a presupporre la conoscenza del contesto territoriale di riferimento, richiede, infatti, un’attenta attività di pianificazione strategica, ovvero un processo che porti alla definizione di obiettivi condivisi e all’elaborazione di strategie che si articoleranno in uno specifico piano strategico destinato ad assicurare all’intero sistema la capacità di competere efficacemente nel futuro. Ovviamente, le modalità con cui si dà avvio alla creazione di uno SLOT, le tipologie di interventi e l’intensità degli stessi, dipendono dallo stadio evolutivo della destinazione . Nei casi in cui la creazione di uno SLOT è finalizzata allo sviluppo turistico di aree di nuova valorizzazione è necessario progettare una tourism business idea da sviluppare in termini strategici, operativi, di marketing e finanziari. In tali circostanze, l’iniziativa può essere sia di origine privata (ad es. grossi operatori turistici decidono di investire in un determinato sito), che pubblica attraverso l’intervento, quale soggetto promotore, di un Ente pubblico locale (Provincia, Comune, ecc.). L’ente di coordinamento deve provvedere alla progettazione di un piano strategico, al reperimento delle fonti finanziarie necessarie per la realizzazione degli investimenti e al coinvolgimento dei soggetti pubblici e privati potenzialmente interessati all’iniziativa.
Nelle località, invece, dove già esistono delle attività turistiche organizzate, si può mirare alla realizzazione di un intervento strategico di integrazione dell’offerta che, a seconda delle circostanze, può concretizzarsi in una programmazione della riqualificazione dell’offerta locale, o nella realizzazione di interventi promozionali e di marketing per il riposizionamento strategico dell’intera destinazione. In questi casi, è molto frequente una “spinta dal basso”, ovvero il meccanismo che porta alla creazione di uno SLOT si basa su un processo spontaneo di integrazione tra gli operatori locali in relazione a processi collaborativi già avviati. Il ruolo dell’ente di coordinamento può essere sia di natura esclusivamente commerciale, che di tipo strategico per migliorare il livello di competitività della destinazione e, quindi, il posizionamento nel mercato turistico.
In generale, la messa a punto di un processo che porti alla creazione, allo sviluppo e alla gestione di uno SLOT si articola in tre fasi principali (vedi fig. 6):
1. la progettazione;
2. l’implementazione;
3. il monitoraggio.
Lo schema di pianificazione strategica proposto impone, innanzitutto, una contestuale analisi sia delle componenti specifiche del contesto turistico in cui si opera, sia dell’intera area a cui la destinazione appartiene. Non vi è dubbio, infatti, che un processo di analisi strategica integrata consente di valutare le risorse e le competenze della località nel suo complesso, di individuarne i principali fattori di attrattiva e di differenziazione rispetto ai sistemi turistici concorrenti, ovvero di ottenere una serie di informazioni che verranno poi tradotte in azioni concrete nel corso dell’articolato processo di pianificazione .
Fin dal primo momento di progettazione di uno SLOT, è indispensabile tener presente il «concept strategico» (la mission) che, nel caso di una località turistica, può essere individuato nella realizzazione di un’offerta integrata in cui il servizio principale (core service) identifichi la precisa vocazione turistica della destinazione e sia in grado di creare un maggior valore percepito dall’utente.
Fig. 6 - Schematizzazione del processo di pianificazione strategica di uno SLOT
Fonte: Nostra elaborazione
La mission deve essere declinata in un insieme definito di obiettivi il cui apporto alla pianificazione strategica è fondamentale; essi, infatti fungono da orientamento per la definizione di obiettivi operativi specifici; consentono di individuare i principali target e le aree d’affari da sviluppare; di stabilire un ordine di priorità nelle azioni da intraprendere sia a breve che a lungo termine; di identificare i soggetti da coinvolgere nelle diverse attività programmate; nonché semplificano il processo di controllo delle performance realizzate, in quanto forniscono degli standard di riferimento rispetto ai quali valutare il rendimento complessivo del sistema di offerta turistico realizzato. Nell’ambito della letteratura (Leiper N., 1990; Getz D., 1993) sono stati individuati una serie di «obiettivi a vasto raggio d’azione» che è necessario porsi per lo sviluppo di una località turistica e precisamente:
lo sviluppo turistico dell’area: creazione e/o rivalutazione di attrazioni, infrastrutture, servizi; promozione della località; incentivazione delle forme di cooperazione interaziendale; uso corretto e protezione del territorio;
il turismo come fattore di catalizzazione: investimenti per aumentare la “visibilità” della località; favorire l’orientamento alla qualità, all’ospitalità e alla «customer satisfaction» nell’erogazione dei servizi;maggiore attenzione al fattore ecologico e agli aspetti sociali;
l’equilibrio tra turismo ed altri settori di attività: realizzazione di progetti di sviluppo integrati; promuovere lo sviluppo dell’imprenditorialità nella località, sia in termini di avvio di nuovi business che di qualificazione dell’imprenditoria esistente, politiche di incremento dell’occupazione;
la valutazione degli impatti negativi: inquinamento, criminalità, vivibilità per i residenti.
Una volta individuate le possibili fonti di vantaggio competitivo e definiti gli obiettivi, occorrerà passare alla formulazione di strategie quali strumenti di indirizzo e coordinamento delle attività svolte dai vari business per il miglioramento delle performance complessive del sistema. L’implementazione di tali strategie avviene attraverso lo sviluppo di piani di marketing d’area strumentali alla gestione di tutte e quattro le leve del marketing mix (prodotto, prezzo, promozione, distribuzione) . L’attività di marketing si esplica a due differenti livelli di pianificazione: «indotto» e «organico». Al primo livello afferiscono tutte le politiche di marketing che influenzano la percezione del consumatore nella fase della scelta della destinazione turistica; al secondo quelle relative al momento in cui il turista vive l’esperienza turistica e, quindi, legate rivolte alla sua soddisfazione e fidelizzazione.
La gestione dell’intero processo richiede l’adozione di un adeguato sistema di monitoraggio delle iniziative previste nel corso della programmazione. Tale funzione, al fine di verificare il grado di tourist satisfaction, va svolta sia con riferimento alla destinazione nel suo complesso, che ai servizi erogati dai singoli operatori turistici; la definizione ed il controllo di standard di qualità consente, infatti, il miglioramento qualitativo dell’offerta .
Le problematiche appena evidenziate non comportano delle soluzioni strategiche e gestionali uniche: il tipo di organizzazione di un sistema turistico dipende strettamente dalla forma di governo, dalle linee di indirizzo politico, dal contesto economico di riferimento e dalla cultura, in termini di management e di economia e gestione del sistema di imprese turistiche, dalle opportunità di finanziamento esistenti.
Nel nostro Paese, così come preannunciato, nonostante la presenza di un sistema turistico con una ricchissima dotazione di fattori vocazionali ed imprenditoriali, poche sono le organizzazioni turistiche complesse riscontrabili; salvo casi rarissimi, infatti, manca una attività di destination management per la progettazione e l’implementazione di piani strategici di sviluppo del sistema di offerta turistica: l’esperienza straniera rappresenta, in tal senso, un esempio rilevante che l’Italia deve seguire rapidamente operando in un contesto globale in cui non solo la competizione ma, anche, la cooperazione, si estende ormai alle destinazioni.
La creazione e la gestione coordinata di Sistemi locali di Offerta Turistica può realmente contribuire allo sviluppo delle economie regionali, fungendo da volano per tutte quelle attività a monte e a valle del settore turistico in senso stretto. Riteniamo, dunque, che lo SLOT si presenti come uno strumento strategico di eccellenza, che dobbiamo imparare ad usare, per avviare processi innovativi di sviluppo endogeno e territoriale, ed il superamento della frammentazione e della debolezza dell’intero sistema di offerta turistica nazionale.
Letture Consigliate:
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Fonte: http://www.didatticademm.it/old2/didattica/appunti_dispense/A_A_06_07/cresta/cap_3_geo_tur.doc
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