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AOSTA E VAL D’AOSTA.
31.08-11/09.2006 - 17:00 - Visita organizzata da Tourvisa.
La Valle d’Aosta è formata dal bacino orografico della Dora Baltea e dai suoi affluenti che formano una successione di vallate a doppio pettine da nord e da sud e confluiscono tutte nel fondo valle al centro della quale si trova la città di Aosta, capitale della Regione autonoma il cui statuto speciale è stato promulgato nel 1948. A nord è circondata da alcune delle montagne alpine più famose, come il Monte Bianco, il Gran San Bernardo, il Cervino ed il Monte Rosa ed a sud dal massiccio del Gran Paradiso. La Valle d’Aosta offre grandiosi paesaggi montani, paradiso degli sport sciistici, ed una grande varietà di valli rurali e pastorali, zone boschive e fondi valle intensamente abitati, ricchi di un patrimonio culturale fatto di archeologia, storia, opere d’arte e tradizioni locali fortemente radicate e tuttavia aperte agli influssi del mondo moderno.
Già abitata nella tarda età del Bronzo e nella prima età del Ferro, le prime notizie storiche sulla geografia della Valle e dei suoi abitanti vengono dai Romani. Nel II secolo a.C. Strabone nella sua Geografia descrive il territorio e parla dei Salassi che abitavano a nord del Po, una popolazione celto-ligure mescolatasi dal V secolo, fiera della sua autonomia con economia agricola e pastorale, ma anche mineraria e commerciale attraverso i transiti alpini. Nel 143 i Romani iniziarono la loro penetrazione nella Valle e nel 140 sconfissero i Salassi prendendo possesso delle miniere e del fondo valle. Nel 100 fu fondata la colonia di Eporedia (oggi Ivrea) che dominava l’imbocco della valle. La resistenza dei Salassi fu stroncata definitivamente sotto Augusto nel 25 a.C. e fu fondata la colonia di Augusta Praetoria Salassorum, l’odierna Aosta. Da quel momento il territorio ed i suoi abitanti vennero organizzati secondo i criteri romani con la distribuzione delle terre, il tracciamento di una rete viaria e lo sfruttamento delle risorse tra cui quelle minerarie. Nel IV secolo d.C. la Valle divenne terra di confine ed Augusta Praetoria mantenne la sua importanza strategica anche se iniziò il decadimento demografico ed ambientale. Il territorio appartenne prima alla diocesi di Milano e Vercelli, poi divenne diocesi autonoma all’inizio del V secolo. Nel 904 la Valle divenne dominio del re di Borgogna e nel 1025 Umberto Biancamano, capostipite della famiglia Savoia, veniva nominato conte di Aosta. I Savoia divennero duchi nel 1416 e mantennero la loro signoria su Aosta fino ai tempi moderni con qualche intermezzo di dominazione francese, ma la capitale del ducato era Chambéry. Le altre famiglie nobili si distribuirono nelle valli del territorio disboscando ed aumentando il reddito agricolo con terrazzamenti ed opere di canalizzazione e costruendo castelli che assicuravano la difesa delle aree di pertinenza. Nel 1400 la maggiore sicurezza, dovuta alla fine dei conflitti locali, indusse molti signori ad abbandonare i castelli e costruire più a valle dimore signorili. La smilitarizzazione si completò dopo la pace di Cateau-Cambrésis (1559) a seguito della vittoria sui Francesi a San Quintino dove le truppe spagnole erano comandate da Emanuele Filiberto di Savoia che così riprese possesso dei suoi territori e scelse Torino come centro amministrativo (1563). Si rafforzò il controllo centralizzato pur lasciando autonomia alla Valle d’Aosta, ma questa soffrì una lunga depressione economica per essersi ridotta ad una provincia periferica. Nel 1630 la peste si diffuse nella Valle e circa 70000 persone perirono, quasi i due terzi della popolazione. La guerra di successione spagnola (1701-1714) riaffermò ancora il potere dei Savoia e vennero cancellati privilegi politici ed amministrativi della Valle mentre le acquisizioni territoriali dei Savoia, fra cui la Sardegna, trasformarono nel 1720 il ducato nel Regno di Sardegna. La proclamazione del regno d’Italia avverrà poi nel 1861.
Aosta si trova ad una quota di 583 m al centro della Valle nel punto dove il torrente Buthier confluisce nella Dora Baltea. Subito a sud, oltre la Dora Baltea, si sollevano i contrafforti del Gran Paradiso, più distante domina a nord-ovest la vetta sempre innevata del Monte Bianco. La città è un nodo importante di strade internazionali, verso la Francia attraverso il traforo del Monte Bianco ed il passo del Piccolo San Bernardo e verso la Svizzera attraverso il traforo del Gran San Bernardo. I due valichi del Piccolo San Bernardo nelle Alpi Graie e del Gran San Bernardo nelle Alpi Pennine erano ben note nell’antichità come vie naturali delle comunicazioni e dei commerci verso il resto dell’Europa, e sono state sempre la base dell’importanza strategica della città. Colonia romana nel 25 a.C. con il nome di Augusta Praetoria Salassorum, nel medioevo cambiò il nome in Augusta, quindi in Aosta. L’impianto romano della città è rimasto nella cinta muraria, nelle molte torri ricostruite poi in epoca medievale ed in numerosi resti archeologici romani. Con la decadenza di Roma, si ridusse ad un borgo rurale, poi si riprese nel medioevo ingrandendosi oltre la cerchia romane. Nel 1191 Tommaso I di Savoia concesse dei privilegi e la città ebbe uno sviluppo commerciale e culturale. Dopo il trasferimento a Torino della capitale del ducato, la città si ridusse di nuovo ad un borgo rurale. Nel 1800 la città si rinnovò completamente con la creazione della piazza centrale dove fu costruito il Municipio, la linea ferroviaria e la Stazione e nuovi edifici. Alla fine del 1900 la città ha raggiunto i 40000 abitanti, circa un terzo della popolazione dell’intera Valle. La città ha anche un aeroporto con voli diretti per Roma ed Olbia serviti dalla compagnia Air Vallée; a volte però la nebbia sulla valle impedisce gli atterraggi ed i collegamenti avvengono da Torino via terra.
La visita del nucleo storico di Aosta comincia con la città romana racchiusa in una cerchia di mura risalente al 25 a.C. che cinge un’area rettangolare di 728x574 m ancora ben conservata. Lungo le mura sono disposte ad intervalli 20 torri rimaneggiate nel medioevo ed anche queste ben conservate. I due assi viari principali, il decumano da ovest ad est ed il cardo massimo da sud a nord, si sono pure conservati nella topografia attuale; ad est il decumano esce con la monumentale porta Praetoria formata da due arcate parallele distanti 12 m e munite di tre archi dei quali quelli centrali erano per i carri e i laterali per i pedoni, sulla sinistra uscendo si alza una torre rettangolare di origine medievale detta di Sant’Orso. Uscendo dalle mura la strada prosegue fino ad una grande piazza che prende il nome dal grande Arco di Augusto eretto in suo onore dopo la fondazione e divenuto il simbolo della città. Oltre l’Arco la strada attraversa su un ponte moderno il torrente Buthier; al tempo dei Romani il letto del torrente si trovava più ad est dove è stato trovato quasi integro il ponte romano ad una sola arcata di 17 m, costruito nel I secolo a.C., alcuni secoli dopo un’inondazione spostò il corso del fiume lasciando il ponte in secca.
Si segue il giro delle mura iniziando dall’estremità ovest del decumano massimo da cui partiva la strada per l’Alpis Graia che portava al passo del Piccolo S. Bernardo. Qui è andata perduta la porta decumana e, girando in senso antiorario in direzione sud, si ritrova il tracciato delle mura in via Bonifacio Festaz. Le mura sono realizzate da un nucleo di opera a sacco rivestito con lastre di travertino locale; è stata conservata un’altezza massima di 6 m, ma in origine doveva arrivare a 8 m con merlature. La prima torre romana che si incontra è stata trasformata nel XV secolo in abitazione ed è divenuta dimora di un lebbroso, nota quindi come Torre del Lebbroso. Questo episodio fu oggetto di un romanzo di Xavier De Maistre degli inizi del 1800 dal titolo di “Il lebbroso della città di Aosta”. All’estremità sud-ovest della cinta c’è una piccola torre d’angolo ed inizia la cinta meridionale. Si arriva alla Torre di Bramafan, che era la porta principale destra del cardo massimo, trasformata in fortezza nel secolo XI con una torre cilindrica ed un palazzo. Le mura proseguono fino all’altezza della stazione ferroviaria, a sud della cinta, e qui si trova la Torre Pailleron del I secolo a pianta quadrata con due piani ad arcate. Oltre c’è la stazione degli autobus ed il tracciato meridionale delle mura si completa con una piccola torre angolare. Sul lato orientale le mura proseguono, interrotte solo da una strada, fino alla porta Praetoria con la sua torre dell’Orso. Più avanti si incontra un’altra torre romana ed un ballatoio sulle mura da cui si ha una panoramica sull’area archeologica del Teatro Romano. Si prosegue fino all’angolo nord-est dove c’è la Torre dei Balivi dimora di nobili nel medioevo, che nel 1263 fu destinata dai Savoia a residenza del loro rappresentante. All’interno delle mura, in quest’angolo della città, c’era l’Anfiteatro che, insieme all’area del Teatro costituiva la zona degli svaghi sociali. I resti dell’Anfiteatro sono ora inglobati nel convento di S. Caterina fondato nel 1200. Proseguendo lungo la cinta settentrionale, le mura sono poi interrotte da edifici fino a piazza Roncas dove sboccava il cardo massimo e dove è andata perduta la porta principale sinistra da cui la strada proseguiva per l’Alpis Poenina in direzione del Gran San Bernardo. Gli ultimi tratti di mura si trovano ai lati dell’angolo nord-ovest della cinta con la Tour Neuve.
I maggiori resti romani all’interno della città sono quelli del Teatro nel settore nord-est. Furono messi in luce negli anni ‘30-’60 ed il suo restauro prosegue ancora. Il blocco più grandioso è costituito dalla fronte perimetrale sud, alta 21,65 e lunga 62,90 m con contrafforti, sostenuta oggi da impalcature metalliche. La cavea è rivolta a nord e doveva avere tre ordini. Intorno sono rimaste le arcate del porticato. Un’altra area con resti importanti è quella del Foro fra il cardo sinistro ed il decumano. Nell’area del Foro, ad ovest dell’attuale Cattedrale, è rimasto il Criptoportico seminterrato di 3 m, restaurato ed accessibile. Fra il III-IV secolo il criptoportico fu probabilmente utilizzato come magazzino per le attività commerciali della città. A sud del Foro, in piazza Caveri, sono conservate alcune colonne dell’area sacra.
I ricordi di Aosta medievale e rinascimentale, oltre alle torri romane della cinta muraria trasformate in abitazioni fortezza, sono concentrati negli edifici religiosi più monumentali, come la Cattedrale e la Collegiata di S. Orsola. La Cattedrale si trova immediatamente ad est dell’area del criptoportico del Foro. La prima chiesa fu costruita qui fra il 380 ed il 400. Nel secolo XI fu costruita la cattedrale romanica a tre navate con copertura a capriate. Nel XVI secolo fu aggiunto un piccolo chiostro e le coperture lignee furono rimpiazzate da coperture a crociera, la facciata fu rifatta in stile rinascimentale, ma rimaneggiata in stile neoclassico nel 1848. Vi sono due campanili neoclassici all’altezza delle absidi laterali. La Collegiata di S. Orso si trova sul lato est, fuori dalla città murata, coeva della cattedrale romanica, ed è isolata fra il verde con un campanile separato alto 44 m a tre piani di trifore ed uno di quadrifore dove si trova la cella campanaria. La Collegiata fu dedicata ai Ss. Pietro e Orso, il vescovo fondatore. Come la Cattedrale ebbe diverse fasi costruttive, oltre al campanile, sono di epoca medievale la cripta, il chiostro e molti degli affreschi. La forma attuale le fu data nel XV secolo. Interessante è il chiostro con colonnine binate e capitelli istoriati del periodo ottoniano tutti diversi. Vicino al campanile di S. Orso c’è la piccola chiesa sconsacrata di S. Lorenzo, usata per esposizioni, e fuori un tiglio nostrano (Tilia platyphyllos) di 450 anni.
Un altro punto interessante è la croce di pietra collocata a ricordo della cacciata da Aosta di Calvino nel 1541. Il monumento si trova ora al centro di via della Croce, l’antico cardo massimo.
La città moderna è iniziata con la costruzione nel 1839 del Municipio (Hotel de Ville) al centro della città, in piazza Chanoux. La grande facciata in stile neoclassico ha un timpano ed un grande porticato. Ai lati del portale vi sono le raffigurazioni della Dora e del Buthier, i due fiumi della città. La piazza è stata intitolata ad Emile Chanoux, martire della resistenza.
A piazza Roncas ed al piano terreno di Palazzo Roncas si trova il Museo Archeologico Regionale che espone reperti che vanno dal periodo mesolitico fino al VII secolo d.C..
L’itinerario della visita nella Valle d’Aosta inizia con Courmayeur ed il Monte Bianco (2/9/2006). L’alta valle della Dora Baltea e l’insieme delle valli che arrivano alle pendici del Monte Bianco formano la Valdigne partendo dalla cittadina di Avise. La strada è la statale 26 che arriva all’imbocco della galleria del Monte Bianco e segue un percorso antichissimo di origini preistoriche. Al tempo dei Romani fu il percorso della strada consolare delle Gallie il cui tracciato richiese opere imponenti spesso tagliando la strada nella viva roccia. Si raggiunge Courmayeur dalla stazione degli Autobus di Aosta in circa 40 minuti. La città si trova a 1224 m in una conca dominata dal Monte Bianco con il ghiacciaio della Brenva ed è il centro degli sport invernali e punto di partenza per tutte le spedizioni alpinistiche sulla montagna. La prima ascensione della vetta è stata nel 1786. Si arriva a Courmayeur sulla piazza principale dove si trova l’ufficio turistico e la fermata degli autobus. La città si sviluppa dietro e più in alto dove si trova la chiesa, la Società delle Guide Alpine e via Roma che è l’arteria commerciale con i negozi e la maggiore animazione.
Il punto di partenza per il Monte Bianco è più a nord nel sobborgo de La Palud a quota 1370 m, vicino all’imbocco del traforo ed alla prima stazione della funivia per risalire il massiccio. Il primo tratto della funivia raggiunge il Pavillon du Mont Frety a 2173 m costeggiando il ghiacciaio della Brevna. Qui si trova un rifugio, un posto di ristoro ed un’oasi naturistica con il giardino botanico alpino di Saussurea che è tra i più alti d’Europa ed è dedicato a oltre 800 specie di piante alpine di tutto il mondo divise per aree geografiche. Da qui si dipartono numerosi percorsi escursionistici attraverso l’oasi che si estende per 500 ettari. La funivia prosegue con un altro balzo che porta, prima al Rifugio Torino a 3375 m, che è solo per gli alpinisti, e subito dopo alla Punta Hellbronner a 3462 m che è il punto di confine con la Francia. La vetta è oggi coperta da nuvole e nevica. Dal terrazzo della stazione si vedono intorno i campi di neve e, in assenza di nebbia, un panorama che spazia sulle Alpi italiane, francesi e svizzere. L’ultimo tratto della funivia di 5 km utilizza telecabine più piccole ed attraversa il ghiacciaio della Vallée Blanche per raggiungere l’Aiguille du Midi a 3842 m che è il punto più alto del percorso e da dove si scende a Chamonix. La vetta del Monte Bianco si trova invece a 4810 m a ovest del percorso della funivia. Per il cattivo tempo, oggi la funivia non va oltre Punta Hellbronner. Nella stazione c’è una mostra permanente dei cristalli raccolti dalle rocce del Monte Bianco, più di 150 minerali di forme e colori più vari.
Al ritorno si fa una sosta più lunga al Pavillon du Mont Frety per godere delle bellezze del Giardino di Saussurea. Il nome è quello di una pianta di specie artico-alpina molto rara che cresce nei pascoli pietrosi e nelle zone ventose (Saussurea alpina), il nome è un omaggio allo scienziato ginevrino Horace Benedict De Saussure che promosse la prima ascesa al Monte Bianco conclusasi con la sua conquista nel 1786.
Si completa l’itinerario intorno al Monte Bianco con la tappa a Chamonix, sul lato francese, per visitare La Mer de Glace (5/9/206). Si tratta di un ghiacciaio sotterraneo in caverna che sbocca nel ghiacciaio de la Vallée Blanche. Si prende da Aosta l’autobus per Chamonix passando di nuovo per Courmayeur ed attraversando il traforo del Monte Bianco. Il traforo fu iniziato nel 1959 da ambedue i versanti, italiano e francese ed inaugurato nel 1965. Chiuso dopo il grave incidente del 24 marzo 1999, è stato riaperto nel marzo 2002 completamente rimodernato e con traffico controllato. Il traforo è lungo 11,6 km e largo 8,6 m su due corsie, l’imbocco sul lato italiano è a 1380 m di quota, quello sul lato francese a 1274 m. Il percorso richiede circa 90 minuti. Dalla Gare di Chamonix si prende il trenino a cremagliera per la Gare de Montenvers e da qui una funivia ed un lungo percorso con scale e passaggi pedonali sulla valle glaciale porta all’ingresso della caverna di ghiaccio dove è stato realizzato una specie di albergo di ghiaccio con camere arredate in ghiaccio, ma la parte accessibile ai turisti è piuttosto modesta e la visita dura solo una decina di minuti. Si rifà a ritroso la strada, su per le scale e la funivia e si riprende il trenino a cremagliera per Chamonix. Si ha avuto modo di vedere le vette sul versante francese del Monte Bianco, ma non c’è ghiaccio nelle valli e poca è la neve nei picchi di nuda roccia. Più bello è il panorama dal trenino a cremagliera che attraversa boschi di conifere ed offre una vista panoramica dall’alto sulla valle e sulla città di Chamonix. Nel pomeriggio si fa sosta a Chamonix per una breve visita con il piccolo Treno Turistico che fa il giro della città. Nella via del ritorno ad Aosta si riattraversa il traforo del Monte Bianco cambiando a Courmayeur.
Seguendo da Aosta verso nord la valle del torrente Buthier, formato dalla confluenza di diversi torrenti, e passando per Etroubes, si imbocca più a nord il vallone del Gran San Bernardo fino ad arrivare al passo a quota 2473 m, al confine con la Svizzera, in una conca con un profondo laghetto. L’autobus da Aosta impiega circa un’ora seguendo la statale n. 27. Dopo Saint-Oyen, a quota 1505, si dirama il raccordo autostradale per il Tunnel del Gran San Bernardo che assicura il traffico con la Svizzera anche nei mesi invernali. Il traforo fu realizzato dal 1958 al 1964 ed è lungo 5813 m. L’imbocco sul lato italiano è a quota 1875 e l’uscita sul lato svizzero a quota 1915. La statale per il valico è tortuosa ed attraversa zone panoramiche seguendo un percorso noto dall’antichità. Al tempo dei Romani il valico era dedicato a Jupiter Poeninus e ci sono i resti di un tempio e di una mansio, c’è anche un tratto della strada romana intagliata nella roccia che attraversa il confine svizzero. Vi passò Brenno nel 390, Annibale nel 219, poi consoli con le legioni ed imperatori. Il nome di Mons Jovis rimase fino all’alto medioevo. Nel 775 vi transitò Carlo Magno, nel 1137 Federico Barbarossa, nel maggio 1800 Napoleone diretto a Marengo con 40000 uomini, 40 pezzi di artiglieria e 3000 cavalli. Per il clima rigido in inverno è stato a lungo il terrore dei viaggiatori per le valanghe e le tormente e per i pericoli dovuti ai briganti. Per aiutare viaggiatori e pellegrini, Bernardo da Mentone vi fece costruire un rifugio affidato ai monaci agostiniani che con l’aiuto di cani soccorrevano i viandanti e li ospitavano. Le guide del posto che prestavano la loro opera a pagamento venivano chiamate Marroniers. Sul versante italiano c’è l’albergo Italia e su una roccia la statua di San Bernardo, canonizzato nel 1123 e festeggiato il 15 giugno. Un tabellone fa la cronistoria del passaggio di Napoleone nel 1800 e del contenzioso lasciato con gli abitanti del luogo che lo avevano aiutato nel trasporto delle artiglierie risolto dal Governo francese solo nel 1974 con il dono simbolico di un medaglione da parte del Presidente Mitterand al comune di Bourg-Saint-Pierre.
Il lago montano, detto Poeninus, è diviso in due dal confine e, sul lato svizzero, c’è l’Ospizio degli Agostiniani. L’edificio è del 1821-25 ed all’interno c’è la chiesa barocca, il Tesoro ed una biblioteca di 30000 volumi. In un edificio separato si trova il museo e l’allevamento dei cani S. Bernardo, una razza selezionata per la ricerca delle persone smarrite e sepolte dalla neve. All’esterno c’è una croce di pietra costruita dai primi agostiniani ed una bella vista delle alpi svizzere con la giogaia del Vélan alta 3208 m.
Il tempo durante la visita (6/9/2006) è stato splendido, ma nel tardo pomeriggio, un rapido passaggio di nuvole sul valico ha portato uno scroscio di pioggia accompagnata da grandine.
A sud di Aosta, di là dalla Dora Baltea, si solleva la massa montagnosa del Gran Paradiso che inizia subito a monte della valle di Cogne. Questa fu per molto tempo un distretto minerario con giacimenti di argento, solfuri di piombo-zinco e magnetite che alimentavano l’industria del ferro. Nel 1600-1700 sorsero aspre lotte, fra gli abitanti ed i vescovi prima ed il ducato dopo, per i diritti di esclusiva dello sfruttamento e si arrivò anche a delle rivolte. Nel 1800 si trovò l’accordo per uno sfruttamento comunitario e migliorarono le comunicazioni per il trasporto del materiale a valle dove si trovavano le acciaierie. Gli attriti continuarono fra la comunità di Cogne e gli industriali della valle, poi le miniere furono date in concessione ad una società ed il trasporto del materiale fu effettuato per ferrovia e teleferiche. Nel 1900 fu creata la Società anonima nazionale Cogne che costruì un villaggio di minatori. La miniera di magnetite era una delle migliori d’Italia perché il materiale era privo di zolfo e fosforo e prosperò fino al 1965, dopo iniziò la crisi e le miniere furono chiuse nel 1979.
Da Aosta a Cogne (4/9/006) l’autobus impiega circa 40 minuti. Il territorio del comune è incluso per metà nel Parco Nazionale del Gran Paradiso. Lo sviluppo di Cogne ha seguito quello dell’estrazione di minerali di ferro, ma alla fine del 1800 era ancora un piccolo nucleo intorno alla chiesa. Nel secolo successivo, con lo sfruttamento industriale e la presenza di società straniere, acquistò una fisionomia internazionale con sviluppo di strade e di alberghi. Oggi l’economia è indirizzata al turismo ed è diventato un centro di sport invernali. Dei ricordi industriali c’è un Museo minerario alpino (ora chiuso per ristrutturazione) nell’area dell’antico villaggio di minatori. L’abitato è attraversato dal torrente Urtier.
Nei dintorni, a circa 3,2 km, si trova la frazione di Lillaz a 1602 m di quota raggiungibile con un minibus o a piedi lungo un sentiero pedonale fra boschi. A Lillaz si possono ammirare in un parco naturale delle belle cascatelle e vi sono numerosi sentieri naturistici che si addentrano nel territorio. Vicino all’ingresso c’è un’esposizione petrografica con campioni di rocce tipiche (gneiss, serpentiniti, calcescisti) dell’area. Il ritorno a Cogne si fa lungo la scorciatoia pedonale.
Nel pomeriggio si prende il minibus per la frazione di Valmontey a quota 1666 m che si trova all’interno del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Qui si può visitare il Giardino Botanico alpino Paradisia fondato nel 1955 dove si riproducono diversi habitat e si coltivano specie montane ed alpine illustrate con cartelli esplicativi. Vi è un’esposizione di licheni su superfici rocciose e diversi percorsi botanici. Una parte è dedicata al giardino delle farfalle selvatiche con un habitat di piante e fiori che le attirano.
Il Parco Nazionale del Gran Paradiso copre un’estensione di 70000 ettari fra Piemonte e Valle d’Aosta in ambiente alpino. Le cime più alte toccano i 4000 m. L’area era stata fatta riserva reale da Vittorio Emanuele II per salvare dall’estinzione il camoscio creando un corpo di guardie specializzate ed una rete di sentieri. Il Parco Nazionale fu creato nel 1922 sotto Vittorio Emanuele III che donò allo stato la sua riserva di caccia di 2100 ettari e fu affidata poi al Ministero dell’Agricoltura e Foreste. Nel 1991 rientrò nella legge quadro dei parchi insieme a tutte le aree protette d’Italia.
Fuori da Aosta, dietro la linea ferroviaria, c’è una cabinovia che sale alla frazione di Pila, a 1814 m. Pila è una stazione di sport estivi ed invernali con impianti di risalita che arrivano fino 2600 m ed ottime attrezzature alberghiere e residenziali. La strada che da Aosta sale fino a Pila è lunga 20 km. Usando la cabinovia (7/9/2006) si supera la Dora Baltea e si sale rapidamente per i ripidi rilievi; vi sono due stazioni intermedie e si scende Pila. Il centro abitato si riduce ad una grande piazza con alberghi e negozi ed intorno file di edifici residenziali e condominiali. Vicino alla stazione della cabinovia vi sono le stazioni delle seggiovie che salgono ai campi di sci. L’unica attiva in questa stagione è quella che sale a Chamolé, a 2311 m, ed è molto usata dagli appassionati di mountenbike che da Chamolé ridiscendono a Pila lungo una pista tortuosa sotto il percorso della seggiovia. Da Chamolé un sentiero quasi in piano conduce ad un laghetto frequentato da pescatori e posto in una conca dove si specchiano il cielo e le montagne.
Tornati a Pila, si fa un’altra escursione all’eremo di San Grato (Saint-Grat) per una stradina sterrata in piano attraverso un bosco di conifere. San Grato, con Sant’Orso, è il patrono di Aosta, eremita e poi vescovo nel V secolo, viene festeggiato il 6 settembre (precisamente ieri) e, in questa occasione, una processione parte da Aosta e arriva a piedi fino all’eremo. In circa un’ora si raggiunge l’eremo dove e stata eretta una chiesetta con campanile sulla cui cima sta la statua del santo che guarda verso Aosta.
Una giornata è stata dedicata alla visita di Saint-Vincent (8/9/2006) che si raggiunge in circa 40 minuti con l’autobus da Aosta. La cittadina di circa 5000 abitanti è famosa per le sue sorgenti minerali e per il Casinò. Come Aosta, Saint-Vincent è attraversata dalla statale 26 che era anche la strada delle Gallie al tempo dei Romani e la Via Franchigena in epoca medievale e collegava la Pianura padana ai mercati delle Fiandre e della valle del Rodano. L’area è stata abitata fin dall’età del bronzo e, dell’epoca romana, sono rimaste le rovine di una mansio e di un impianto termale trovate nell’area della chiesa principale dedicata a S. Vincent. Un primo edificio di culto vi fu costruito nel V secolo e rifatto nei secoli XI-XII e di questo rimangono le parti più antiche romaniche che sono l’abside e la chiesa inferiore (cripta). Del XV secolo sono l’abside centrale ed il campanile. La cittadina sorge su un pendio e le strade sono parallele ed a livelli diversi; sul lato ovest si trova il Casinò de la Vallée aperto nel dopoguerra ed affiancato dal Grand Hotel Billia con un Centro Congressi. La chiesa si trova all’estremità est e, al centro più in basso, c’è il palazzo del Municipio ed il centro sportivo. Il centro termale Fons Salutis si trova più in alto in posizione dominante e vicino alla sorgente trovata nel 1770 e subito utilizzata per cure termali. L’attuale stabilimento fu costruito nel 1846 e fu frequentato dalla corte torinese e dall’alta borghesia. Per raggiungerlo dal centro del paese è stata costruita una funivia che attualmente non è in funzione ed è sostituita da un servizio di minibus.
La Valle d’Aosta è ricca di castelli la maggior parte dei quali hanno origine nel periodo feudale con carattere difensivo e di controllo del territorio, posti in posizione dominante spesso spettacolare. Dal 1300 al 1500 i castelli hanno perduto la loro funzione difensiva, molti sono stati abbandonati e sono caduti in rovina, altri sono stati trasformati in residenze signorili, alcuni infine sono stati costruiti in tempi recenti nello stile dei castelli medievali. Questo è il caso di Castel Savoia nella Valle del Lys vicino a Gressoney-Saint-Jean costruito per volere della regina Margherita di Savoia, moglie di Umberto I, fra il 1899 ed il 1904. Dopo la morte del re nel 1900, Margherita soggiornò nel castello tutti gli anni nei mesi estivi. Il castello fu venduto dopo la morte della regina ed ora è della Regione che ha eseguito una serie di restauri e lo ha aperto al pubblico ed utilizzato per mostre, conferenze e concerti.
La valle del Lys è l’ultima all’estremo est della Val d’Aosta e come tutte le valli è raggiungibile solo dal suo imbocco che si trova vicino a Point-Saint-Martin, porta di ingresso della Val d’Aosta dal Piemonte e dalla Pianura Padana. Si prende quindi l’autobus da Aosta a Point-Saint-Martin (9/9/2006) che si raggiunge in un’ora e venti minuti e si cambia per Gressoney-Saint-Jean percorrendo la statale 44 lungo la valle del Lys; questo percorso dura circa un’ora. La valle del Lys in direzione nord arriva fino alle pendici del Monte Rosa da cui ha origine il torrente Lys in un percorso accidentato ricco di cascate. La testa della valle è chiusa dal ghiacciaio del Lys fino alla cima del Lyskamm sui 4500 m al confine con la Svizzera, ma non ci sono strade praticabili per un transito.
Si scende poco prima del villaggio di Gressoney-Saint-Jean e, seguendo una strada ed un scorciatoia, in circa 30 minuti si arriva al parco del castello immerso in un bosco di conifere e con un giardino roccioso che ha molte specie botaniche di fauna alpina. Il castello si presenta con quattro torri cuspidate neogotiche ed è nello stile dei castelli quattrocenteschi lombardi. La visita al castello è guidata e si vedono il pianterreno con i locali di soggiorno ed il piano nobile con gli appartamenti reali. Non si visitano il secondo piano, con altri appartamenti, ed i sotterranei. Al pianterreno c’è un grande atrio a colonne, oggi usato per conferenze e concerti ed intorno vari salotti; quello sul lato nord si apre su una veranda semicircolare da cui si gode il panorama della valle; ad est c’è la sala da pranzo con camino decorato con i nodi di casa Savoia ed il motto FERT molto antico e di significato discusso: fra i tanti c’è “Fides Est Regni Tutela” (la Fede è la difesa del regno) e “Fortitudo Eius Rodhum Tenuit” (la sua forza preserva Rodi) che si riferisce al duca Amedeo V (1285-1323) che avrebbe partecipato all’assedio di Rodi. Non ci sono mobili originali che sono stati trasferiti a Racconigi. Uno scalone di legno a forbice porta al primo piano dove si trova un atrio ed intorno gli appartamenti reali. L’appartamento della regina, sul lato nord, vede dalle finestre il panorama della valle e del Monte Rosa, poi ci sono gli appartamenti del re, del principe ereditario e della dama di compagnia della regina. Nelle decorazioni alle pareti e sul soffitto sono scritti altri motti di casa Savoia: Sempre Avanti, Hic Manebimus Optime e le lettere “M a S” cioè Margherita Augusta Savoia. Negli appartamenti della regina ci sono diverse foto d’epoca che la raffigurano durante le sue escursioni in montagna e nel costume popolare locale che amava indossare.
Dopo la visita al castello, si torna a piedi sulla statale 44 e si arriva al villaggio di Grosseney-Saint-Jean. Lungo la strada si passa vicino al Museo regionale della Fauna costruito dal barone Beck-Peccoz nel 1903 per esporre circa 2000 trofei di caccia raccolti dalla sua famiglia. Acquistato dalla Regione nel 1984, è diventato anche centro di ricerca per la fauna della regione. Il barone aveva ospitato, nella sua vicina villa, la regina Margherita prima e durante la costruzione di Castel Savoia. Il villaggio di Grosseney-Saint-Jean sulla riva destra del Lys, sta nel fondo della valle in vista del Monte Rosa e del ghiacciaio del Lyskamm, ha due piazze circondate da antichi edifici in parte in legno del 1600 e 1700. Anche la chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista è del 1600. Dal villaggio si prende l’autobus per il ritorno.
L’ultima giornata del soggiorno in Val d’Aosta viene dedicata ala visita di Breuil-Cervinia ai piedi del picco del Cervino (10/9/2006), una delle più belle montagne delle Alpi divenuta quasi un simbolo. Da Aosta si prende l’autobus per Saint-Vincent, ma si scende prima a Châtillon e qui si cambia per seguire la valle di Valtournenche sulla statale 406 che porta a Breuil-Cervinia dopo 27 km e richiede circa un’ora. La valle ha molti luoghi panoramici e diverse diramazioni con collegamenti in funivia sui due versanti.
Breuil-Cervinia a quota 2006 m, dominata dalla piramide del Cervino, si trova in una vasta conca circondata da una corona di monti fino ad oltre 4000 m con pareti rocciose e ghiacciai. La cittadina è sede di una famosa scuola di sci e di guide per le ascensioni alpinistiche oltre ad essere centro di sci invernali. Da qui si dipartono numerosi impianti di risalita per i campi di sci fino a 3500 m di quota con piste anche di 10 km, ma attualmente sono chiusi perché in corso di ammodernamento.
L’abitato si è sviluppato in modo disordinato, vi sono due grandi alberghi, l’edificio delle guide e della Scuola di sci, una chiesa moderna ed una zona pedonale. All’esterno dell’abitato c’è un campo di golf, pascoli fino alle montagne ed un torrentello che viene dai ghiacciai. Circa un chilometro prima di entrare nell’abitato, sulla destra della strada, c’è un parco turistico con un laghetto detto Lago blu in cui si specchia il Cervino; lo si può raggiungere da Cervinia anche seguendo delle piste naturistiche.
Il Cervino si è formato 90 milioni di anni fa e qui la zolla del continente africano si è sovrapposta alle rocce sedimentarie e laviche dell’oceano che la separava dalla zolla europea.
Il mattino del giorno 10/9/2006 si lascia Aosta per Roma con un volo diretto della Air Vallée.
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