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LA PUGLIA ROMANICA E DI FEDERICO II, MATERA ED IL GARGANO.
21-23.09.2001 - Visita organizzata da ITINERA (Dott. G. Marone).
02-05.06.2005 - Visita organizzata da PALLADIO (Arch. Ametrano).
06-08.06.2005 - Estensione al Gargano: Monte Sant’Angelo, Vieste.
In Puglia si conservano alcuni dei più importanti monumenti del romanico italiano ed i molti resti della dominazione sveva di Federico II specie i castelli fra cui il famoso Castel del Monte, forse il più bello d’Europa e questo è stato il motivo conduttore del viaggio. Lungo l’itinerario, si visiteranno molti centri ricchi di veri gioielli d’arte e si potrà apprezzare il romanico pugliese delle cattedrali, eredità della conquista normanna che sostituì il dominio bizantino nel secolo XI.
Puglia deriva dal nome romano di Apuliae e denota oggi tutta l’area che va dal Gargano alla penisola salentina. I Romani la collegarono al resto dell’Italia meridionale con le loro strade tra cui l’Appia e la Traiana che arrivavano a Brindisi ed ebbero in Canosa il centro più importante dopo averlo preso ai Greci. Caduto l’impero fu contesa fra Bizantini, Longobardi e poi Franchi ed ebbe a soffrire le incursioni dei Saraceni che nell’840, inserendosi nelle contese, presero Bari che rimase per 30 anni sceiccato arabo. Nel 1004 i Saraceni assediarono ancora Bari e la città fu salvata dall’intervento della flotta veneziana. All’inizio del secolo XI le città della Puglia, in rivolta ai Bizantini, si appoggiarono ai Normanni che progressivamente le sottomisero ma lasciarono loro una certa autonomia amministrativa e giudiziaria. Intanto le crociate ed i legami con Venezia avevano contribuito a sviluppare i commerci con l’oriente e l’economia. Al dominio normanno segue quello svevo con il matrimonio di Costanza d’Altavilla ed Enrico figlio del Barbarossa. Il periodo di maggiore prosperità si ha con Federico II imperatore (1215-1250), quando le condizioni di pace, la politica liberale in economia ed il mecenatismo dell’imperatore crearono un clima favorevole allo sviluppo economico ed al fiorire delle arti. Dopo gli Svevi vennero gli Angioini poi, alla morte di Giovanna II (1435) la Puglia fu contesa fra Angioini e Aragonesi e questi prevalsero con Alfonso d’Aragona. Nel 1480 i Turchi di Maometto II conquistarono Otranto massacrando i cristiani nella cattedrale e la città fu liberata l’anno dopo dagli Aragonesi. Con la discesa in Italia di Carlo VIII (1494) le città pugliesi vengono lasciate nell’orbita di Venezia poi si riaccende il confronto fra Francesi e Spagnoli che continuerà fino al 1529 quando Barletta è lasciata dai Francesi dopo essere stata saccheggiata e si afferma il dominio spagnolo su tutta l’Italia meridionale. Iniziò allora la decadenza economica della regione per la pressione fiscale, la concorrenza dei Veneziani e le scorrerie dei Turchi; mentre latifondismo e malaria deprimevano l’agricoltura. Il moto di rinnovamento iniziò nel 1700 e molti eminenti pugliesi indussero il governo di Napoli a riforme ed allo sviluppo delle infrastrutture. Poi venne la parentesi napoleonica con l’abolizione delle ultime eredità feudali, quindi l’occupazione militare del Cardinale Ruffo, la restaurazione borbonica fino all’unificazione con il regno d’Italia nel 1860 e la piaga del brigantaggio.
Il primo impatto con il romanico pugliese si ha arrivando a Troia, cittadina in provincia di Foggia al margine occidentale del Tavoliere, che ci offre la sua splendida Cattedrale fondata nel 1093 e consacrata nel 1120, recentemente restaurata con i fondi del Giubileo 2000. La facciata ha una forma a capanna, unica nel suo genere in Puglia, un campanile sul fianco ed un grandioso rosone i cui raggi sono delle colonnine fra trafori tutti diversi, un grande arco scolpito con un bestiario ed al vertice un uomo che cavalca un leone. Al fianco del rosone due colonnine retta da leoni ed altri due leoni in aggetto in alto. La parte inferiore della facciata di stile classico fu completata due secoli dopo ed è arricchita da arcate e da un portale centrale con lunetta senza decorazioni. La porta di bronzo di Oderisio da Benevento è del 1119, altri due portali di bronzo si trovano, uno sul fianco destro e l’altro sul fianco sinistro. Il primo, pure di Oderisio da Benevento del 1127, ha 20 formelle che raccontano la storia della città, con le figure di Pietro e Paolo e dei vescovi della città in alto, in basso l’iscrizione del privilegio vescovile ed al centro 4 protomi di leoni; il secondo portale è il più antico della chiesa. L’abside sul lato posteriore (est) è la prima parte costruita della chiesa ed ha delle colonne che provengono da Bari. L’interno è a tre navate divise da 13 colonne di granito, alcune di spoglio, delle quali, quella all’inizio della navata di destra, è gemina. Il soffitto è ligneo e c’è un pulpito su colonnine tutto decorato con delicati rilievi. La città di Troia è stata subito città vescovile e caposaldo della Santa Sede, fu ostile a Federico II che la mise a sacco nel 1229 e vi installò una colonia di saraceni; fu poi devota agli Angioini.
Da Troia ci si dirige verso il golfo di Manfredonia ai piedi del Gargano e si incontra l’antica chiesa di Santa Maria di Siponto, oggi isolata ed abbandonata incompleta. La chiesa doveva essere la cattedrale dell’antica Siponto, costruzione romanica del secolo XI quando il mare si era ritirato per effetto di bradisismo. Siponto, era una città della Daunia fondata secondo la tradizione, come molte città dell’Adriatico, da Diomede e fu colonia romana. Dominio bizantino, con Carlo Magno fu aggregata al ducato di Benevento e con i Normanni fu presa da Ruggero I, duca di Puglia, Calabria e Sicilia. Distrutta da un terremoto nel 1223 fu abbandonata e sostituita da Manfredonia.
La chiesa è a pianta quadrata con cupola di stile bizantino ma decorazione romanica. La facciata ha una serie di archi ed un portale con colonne rette da leoni. Sul lato destro sporge l’abside. L’interno, a pianta centrale, ha 4 pilastri che reggono la cupola. Sotto c’è una cripta con 4 pilastroni cilindrici in corrispondenza a quelli quadrati della chiesa superiore e 12 colonnine con bei capitelli. Vicino alla chiesa gli scavi hanno messo in luce una basilica paleocristiana della fine del 400. Il luogo fu sempre di passaggio per i pellegrinaggi al Santuario di S. Michele a Monte Sant’Angelo nel Gargano.
Manfredonia, ai piedi del Gargano sul golfo omonimo fu fondata nel 1256 da re Manfredi che gli dette il suo nome e quindi nel 2006 ricorrerà il suo 750° anniversario. Ha un porto importante, una cattedrale fatta costruire da Carlo d’Angiò ed un castello del tempo di Manfredi completato dagli Angioini. Nel 1620 fu attaccata dai Turchi dal lato di terra ed in 3 giorni costrinsero alla resa il castello le cui difese erano verso il porto e saccheggiarono e bruciarono la città. Il palazzo del Comune, ricostruito dopo il sacco, è stato recentemente restaurato e vi sono stati ritrovati antichi affreschi. Nel Castello si trova il Museo Nazionale del Gargano e vi si tiene una mostra delle steli della Daunia, una raccolta di lapidi funerarie e segnacoli tombali del IV secolo a.C.; in una si fa anche riferimento alla guerra di Troia. Nel IV secolo nelle necropoli si usavano tombe a tumulo o grandi contenitori di argilla, nel III secolo si usarono le tombe a camera.
Punto focale del viaggio è Barletta, città sul mare con uno dei porti più sicuri dell’Adriatico; al tempo dei Romani fu il porto di Canosa e, quando nell’813 i Longobardi distrussero Canosa, parte dei suoi abitanti si trasferì a Barletta. La città conserva molti importanti monumenti medievali. L’edificio più grande è il castello che si affaccia sul mare e sul porto. Normanno in origine, il castello fu rifatto nel secolo XIII dagli Svevi sotto Federico II a pianta quadrangolare con grande cortile interno. Nel 1500, al tempo di Carlo V, vi furono aggiunti agli angoli quattro poderosi bastioni a lancia; era anche circondato da un fossato prima in comunicazione con il mare e ora all’asciutto. Il castello fu palazzo residenziale degli Angiò e poi dello stesso Carlo V. Oggi, completamente restaurato, è usato come museo dove sono esposte collezioni donate alla città, fra queste una raccolta di dipinti di Giuseppe De Nittis (1846-1884), nato a Barletta e morto in Francia dove visse e lavorò a lungo; vi sono 172 opere donate dalla moglie, sono scene parigine e ritratti in stile macchiaiolo ed impressionista. In un altro gruppo di sale si trova una mostra di burattini e marionette. Dall’alto delle torri del castello si ha la vista del porto e della Cattedrale. Questa è il monumento più importante di Barletta; iniziata nel 1139 e consacrata nel 1261, nella facciata e nelle navate è in stile romanico-pugliese mentre il coro e l’abside sono gotici perché rifatti nel 1300-1400. La facciata è divisa in tre parti, come le navate, con monofora, rosone e due costoloni nella parte centrale e bifore ai lati. Il portale è invece rinascimentale del 1500. Il romanico-pugliese ha una caratteristica regionale spiccata nelle decorazioni per le influenze bizantine, longobarde ed arabe sulle maestranze locali; molti sono gli animali fantastici in rilievo sulla facciata aventi significati religiosi. Il campanile è separato dalla chiesa e staticamente fa parte a sé, ha un grande arco passante in basso e monofore, bifore e trifore nei quattro ordini; è stato più volte danneggiato dai terremoti. L’interno della cattedrale ha le navate romaniche con archi a tutto sesto, molti materiali di spoglio, colonne con capitelli compositi e pilastri, finti matronei a bifore. Particolarmente eleganti sono i capitelli del pulpito. Il coro ed il deambulatorio con cappelle radiali sono gotici; sopra l’altare è un grande ciborio. In questa cattedrale Federico II, partendo per la crociata, nominò il figlio Enrico suo successore.
Un monumento storico della città è l’edicola della Disfida di Barletta che ricorda il famoso fatto d’arme del 13 febbraio 1503 quando, durante la guerra franco-spagnola, 13 Italiani comandati da Ettore Fieramosca sfidarono altrettanti Francesi comandati da La Motte che aveva oltraggiato gli Italiani come codardi e fedifraghi. Gli Italiani, che allora combattevano per gli Spagnoli, risultarono vincitori e la sfida ebbe grande rinomanza. Il monumento, subito eretto a ricordo, fu poco dopo distrutto dai Francesi. Ne fu ricostruito un altro nel 1846 dopo che D’Azeglio aveva riportato il fatto alla memoria; quello attuale è un nuovo rifacimento.
Al centro della città, in corso Vittorio Emanuele si trova la statua in bronzo cavo del “Colosso” recuperata da una nave veneziana naufragata vicino Barletta nel 1200, forse proveniente da Costantinopoli. La statua è alta 4,5 m, datata IV secolo d.C. e forse rappresenta un imperatore, Onorio o Valentiniano I. La statua è stata restaurata perché mani e piedi erano stati asportati per costruire campane. Vicino si trova la chiesa del Santo Sepolcro eretta alla fine del XII secolo in forme gotico-cistercensi.
Circa 13 km a sud di Barletta è Trani, anch’essa sul mare lungo il quale sorgono a breve distanza il castello svevo e la Cattedrale. Il Castello fu costruito nel 1233 da Federico II per la difesa del porto, a pianta quadrangolare con cortile centrale e torri quadrate agli angoli, fu ristrutturato nel 1500 da Carlo V lasciando l’impronta rinascimentale nel cortile e negli appartamenti; successivamente fu usato come tribunale regio e centro amministrativo e le modifiche apportate lo hanno deturpato. La Cattedrale è uno degli esempi più belli di romanico-pugliese; fu iniziata nel secolo XII e finita a metà del XIII e si solleva sopra altre due chiese precedenti. Sotto il transetto si trova la cripta di S. Nicola Pellegrino, guaritore, tornato dalla Terra Santa a Trani e mortovi nel 1094 di sfinimento ed a lui è dedicata tutta la Cattedrale. Sotto tutta la navata maggiore si trova invece la chiesa dedicata a S. Maria della Scala. Una precedente chiesa, paleocristiana, è stata trovata negli anni ‘70 sotto il pavimento della cripta di S. Nicola, 1,6 m sotto l’attuale livello del mare, all’altezza del transetto e vi è associata la memoria di un santo Leucio. Dall’esterno la facciata della Cattedrale si presenta semplice in pietra bianca di Trani con finestre ed un rosone la cui decorazione a lapislazzuli fu asportata nel 1754 sotto Carlo III per usarla nella reggia di Caserta. In basso sono una serie di arcate cieche ed un portale su un terrazzo rialzato per la presenza della chiesa inferiore, decorato con una raffinata cornice scolpita, ed un portone ora di legno ma l’originale, in bronzo fuso del 1160 con 30 formelle scolpite, è visibile all’interno della chiesa. Sulla destra della cattedrale si alza il campanile del XIII secolo su un basamento attraversato da un arco ogivale, cinque ordini abbelliti da due bifore, una trifora, una quadrifora ed una pentafora. Girando intorno alla chiesa si possono ammirare le arcate delle fiancate e le facciate del transetto con rosone e bifore; dietro è un’abside a tre lobi e grandi finestre. Fino al 1950 intorno alla chiesa si addossavano un gran numero di abitazioni la cui demolizione insieme al restauro ha restituito alla chiesa tutto il suo fascino originale. L’interno è a tre navate con colonne binate, capitelli compositi e matronei praticabili; il soffitto è a capriate. Dalle navate laterali si scende nella cripta di S. Nicola con una selva di colonne dai bellissimi capitelli e nella chiesa di S. Maria della Scala con robuste crociere che sostengono la navata centrale della chiesa superiore. Le colonne sono di spoglio ed i capitelli floreali sono di gusto orientale. Si scende ancora alla prima chiesa, la più antica dedicata a S. Leucio, che è una selva di piccole colonne dai bei capitelli e vi sono due affreschi rappresentanti S. Paolo e S. Onofrio.
Proseguendo verso sud sulla litoranea, dopo 42 km da Trani si incontra Bari. Bari è capitale della Puglia e, dopo Napoli, la città più popolosa del Mezzogiorno d’Italia. Il nucleo antico della città con le strade tortuose si trova in una penisola fra due golfi, il Porto Vecchio a sud ed il Porto Nuovo a nord. La penisola era difesa da un castello e da una cinta di mura; alla fine del 1400 Isabella d’Aragona, per rinforzare le difese contro la minaccia turca, pensò di separare la penisola con un canale ma il progetto rimase incompiuto e l’area rimase per molto tempo malarica. La città nuova con strade squadrate al di là delle mura si sviluppò a partire dal 1813 per volere di Gioacchino Murat e nel 1865 questa parte fu chiamata quartiere Murat. Oggi la città si estende ancora dietro questo quartiere e da ambedue i lati sul mare.
L’asse del quartiere Murat è corso Vittorio Emanuele II che parte da piazza Garibaldi ed arriva al porto Vecchio; a metà strada c’è piazza della Libertà con il teatro Piccinni e la statua del musicista, vicini sono il Municipio e la Prefettura. Alla fine del corso, verso il mare, c’è il teatro Margherita costruito su palafitte sul Porto Vecchio, a sinistra c’è il mercato del pesce e si entra nella città Vecchia. Si può seguire il percorso sopraelevato dei bastioni con vista sul mare lungo la penisola, poi si entra all’interno nel nucleo bizantino della città dove si trovava il Palazzo del Catapano (governatore bizantino) demolito dall’abate Elia dei Benedettini per costruire la basilica di S. Nicola fra il 1089 ed il 1197 dove custodire il corpo del Santo trafugato da 62 marinai a Mira in Asia Minore. Da allora S. Nicola è diventato il Patrono di Bari, sostituendo S. Sabino che era stato vescovo di Bari e Canosa nel VI secolo. La basilica è considerata il prototipo delle chiese romanico-pugliesi ed è rimasta la più antica di Bari perché tutte le altre, insieme alla città, erano state rase al suolo dai Normanni nel 1156. La facciata è semplice abbellita da bifore e archetti pensili e fiancheggiata da due torri mozze, delle quali quella di destra è l’unica parte rimasta del palazzo del Catapano; in basso il portale centrale è a baldacchino con colonne laterali e cornice scolpita. L’interno è a tre navate divise da pilastri e colonne. Nella navata centrale vi sono tre arcate di rinforzo con inclinazione diversa, aggiunte nel 1451 quando la chiesa rischiava di crollare. Una iconostasi a tre archi divide la navata centrale dal presbiterio. Dietro l’altare si trova la sedia vescovile dell’abate Elia. Dalle navate laterali si scende nella cripta sotto il transetto, con volte a crociera e 28 colonne con capitelli bizantini tutti diversi. Sotto l’altare principale della cripta è il corpo di S. Nicola; la festa del Santo è il 9 maggio, data dell’arrivo del corpo a Bari. S. Nicola è rappresentato con il volto scuro essendo un orientale proveniente dalla Licia. A sinistra un altro altare è adibito ai riti ortodossi. La chiesa conserva anche un ricco tesoro e le ampolle della “manna”, liquido trasudato dalle ossa del Santo. Sul lato sinistro della cattedrale c’è un altro portale con gli stipiti e l’arco scolpiti ed intorno alla lunetta una processione di crociati che vanno verso il Santo Sepolcro.
San Nicola, vescovo di Mira in Licia era noto nella metà del IV secolo per aver partecipato al concilio di Nicea del 325 dove ebbe molte discussioni con Ario; di lui esiste una biografia del IX secolo. L’origine del suo nome è Nike Laos, cioè “vincitore del popolo” ed era considerato patrono dei naviganti e dei bisognosi. In Germania fu noto come San Nikolaus e nel nord Europa prese il nome di Santa Klaus da cui derivò Babbo Natale il cui culto fu portato negli Stati Uniti dagli Olandesi. Il culto di S. Nicola si era diffuso nell’impero bizantino e poi in Europa fino alla Russia. I Veneziani volevano impadronirsi delle reliquie ma furono preceduti dai marinai di Bari.
Dalla basilica di S. Nicola alla Cattedrale di S. Sabino si attraversa un tratto della vecchia città con i caratteristici vicoli e la pavimentazione nera per le strade che portano in uscita e bianca per quelle interne, un accorgimento per facilitare la fuga degli abitanti.
La cattedrale, iniziata sotto i Bizantini fu proseguita sotto i Normanni nel puro stile romanico-pugliese con la facciata divisa in tre parti da lesene, archetti pensili lungo il coronamento, una bifora ed un rosone nella parte centrale. Anche le testate del transetto sono ornate da bifore e rosoni e le fiancate hanno profonde arcate. Il campanile che è stato ricostruito, termina a cuspide, è a cinque ordini con bifore e trifore e ultima una quadrifora. Sul lato sinistro c’è un edificio cilindrico detto Trulla, luogo del battesimo degli adulti, ora è sacrestia. L’interno della cattedrale ha le navate divise da colonne e conserva resti di pavimento musivo. La cupola all’incrocio con il transetto è stata ricostruita dopo le distruzioni delle guerra. La cripta è barocca con le colonne originali rivestite di marmo. Dalla chiesa si passa alla Trulla, che ora funge da sacrestia ed ha al centro un pozzo di 4 m di profondità ma prima era più largo come una vasca e serviva per il battesimo.
Vicino alla cattedrale è il castello di origini normanne ma ricostruito da Federico II nel 1233 a pianta trapezoidale e torri angolari delle quali ne sono rimaste solo due. Nel 1500 gli Aragonesi lo circondarono dai tre lati di terra con una seconda cinta, due bastioni a lancia e un fossato. All’interno della cinta aragonese si trova staccato il complesso più antico normanno-svevo e le due alte torri. Da un portale detto Federiciano del periodo svevo, in forme gotiche decorato intorno all’arco con motivi vegetali e simbolici, si entra nella vasta corte interna con doppia gradinata asimmetrica che porta agli appartamenti; la scala meno ripida era destinata all’imperatore che poteva salire a cavallo. Nelle sale superiori si trova una gipsoteca con molte riproduzioni di decorazioni fra le quali quelle dei portali di S. Nicola.
Dal Porto Vecchio, dove finisce corso Vittorio Emanuele II, iniziano corso Cavour in direzione perpendicolare, verso sud, ed il lungomare Nazario Sauro con il palazzo della Provincia. In corso Cavour si trova il teatro Petruzzelli, il più grande di Bari, distrutto da un incendio doloso nel 1990 e non ancora restaurato.
Bitonto, 18 km ad ovest di Bari, è famosa per la sua cattedrale. La città fu municipio romano sulla via Traianea, ebbe il suo massimo splendore nel secolo XII e della città medievale è rimasto il nucleo con vie strette e tortuose; sono scomparse le mura e rimane un Torrione bizantino vicino alla nuova porta Baresana nella piazza omonima. La Cattedrale si trova al centro della città vecchia sull’antica piazza del mercato ed è considerata una delle più belle dell’Italia meridionale. Ispirata alla chiesa di S. Nicola di Bari, rappresenta la massima evoluzione del romanico pugliese grazie al confluire di motivi greci, arabi e siciliani portati dalle maestranze che vi lavorarono. Fu costruita fra il 1175 ed il 1200, dopo la distruzione di Bari da parte dei Normanni (1156), sopra una chiesa paleocristiana e poi altomedievale del 975-1041 ora in parte occupata dalla cripta. La facciata è divisa in tre parti da due costoloni ed ornata in alto da archetti pensili, da bifore ed un rosone; il portale principale ha due colonnine laterali sorrette da leoni e sopra i capitelli due grifi, metà aquila e metà leoni, animali perfetti che nella simbologia cristiana rappresentano il Cristo. Il fianco destro che da sulla piazza ha una serie di profonde arcate sormontate da un delicato loggiato a esafore con colonnine e capitelli ornati da motivi vegetali ed animali fantastici. Anche la facciata del transetto è ornata da bifore e da un rosone. L’interno è basilicale a tre navate separate da pilastri e colonne e due magnifici pulpiti, ha matronei a trifore praticabili e copertura a capriate; bellissimi sono i capitelli decorati con fauna e flora esotica. La cripta è sotto il transetto con una selva di 30 colonne di spoglio e capitelli tutti diversi. Sull’altare della cripta c’è un crocifisso ligneo e su un lato un busto di Cristo in legno. Nell’area sotto la navata, dove sono stati eseguiti scavi per portare alla luce le antiche chiese, sono stati trovati il mosaico di un grifone alato e quelli di due pavoni.
Canosa di Puglia, a 24 km circa da Barletta che al tempo dei Romani era stato il suo porto, ricorda nella sua Cattedrale Boemondo di Antiochia, cugino di Federico II che partecipò alla 1° e 2° Crociata, conquistò Antiochia nel 1078 e ne divenne principe. Morì a Bari nel 1111 secondo un necrologio; fu lui il committente della Cattedrale di Canosa dedicata a S. Sabino ed a fianco vi fece costruire i suo mausoleo. La cattedrale, che conserva ancora il livello pavimentale degli inizi del secolo XI, fu trasformata in forme tardo rinascimentali dopo il terremoto del 1690. Le strutture interne hanno conservato la forma primitiva bizantina ed orientale, volte a vela e colonne di spoglio; lungo la navata centrale si trova un bel pulpito, nell’abside c’è un baldacchino ricostruito nel 1900 secondo l’originale retto da quattro colonne e copertura ottagonale su due ordini. Dietro si trova una cattedra vescovile del 1089 in marmo pario sorretta da due elefanti. Dal transetto destro si esce su un cortiletto dove si trova il Mausoleo di Boemondo una costruzione romanica a pianta quadrata con esterno in lastre marmoree; all’interno c’è una sola lastra tombale.
Circa 30 km a sud di Barletta, nel comune di Andria, su un’altura isolata delle Murge ed in posizione dominante a 540 m s.l.m., si trova il famoso Castel del Monte fatto costruire da Federico II intorno al 1240. Fra tutti i castelli costruiti dall’imperatore svevo è quello che solo apparentemente mostra i caratteri di una fortezza difensiva. La sua forma ottagonale con 8 torri angolari pure ottagonali sembra quella di una corona imperiale, quasi un simbolo di potenza. Ma la disposizione interna non lascia spazi per le esigenze di una guarnigione, come scuderie, servizi e sotterranei, non c’è fossato, non ci sono caditoie sugli spalti, non feritoie e postazioni per archi e balestre ma finestre aperte verso l’esterno. Anche le scale a chiocciola nelle torri angolari girano verso sinistra e non verso destra per lasciare ai difensori il vantaggio della destra libera contro l’assalitore. La zona era allora ricoperta da boschi ed il castello è bene in vista, la zona era sicura e non richiedeva opere di difesa. Lo scopo del castello sembra più quello di una residenza di caccia, ma non adatta ad addestrare i falconi per la presenza dei boschi, più probabilmente un luogo di delizie di corte anche se l’imperatore non vi soggiornò mai. Dopo la caduta degli Svevi il castello fu prigione angioina per i figli di Manfredi, poi fu poco usato e per scopi diversi, nel 1700 fu abbandonato e spogliato dei marmi e delle sculture per utilizzarli nella reggia di Caserta. Nel 1876 fu acquistato dallo Stato italiano e cominciarono i restauri, questi proseguirono con più cura nel 1928 e gli ultimi furono quelli degli anni ottanta.
Il castello è costruito in pietra calcarea di Trani per i rivestimenti delle strutture portanti; la breccia corallina, un conglomerato sedimentario di breccia, argilla ed ossidi di ferro, è stata usata per le rifiniture di porte e finestre interne ed esterne, colonne e semicolonne; i rivestimento negli interni erano in marmo ma sono stati in massima parte asportati. La pianta è quella di un ottagono regolare di 16,5 m di lato con torrioni regolari agli angoli, alti 20,5 m con scale a chiocciola per salire, un cortile interno anch’esso ottagonale e due piani con otto sale trapezoidali. Le rifiniture delle porte, più curate su una facciata, fanno pensare ad un percorso preferenziale e quindi ad una destinazione prefissata delle sale, anche i camini si trovano solo in alcune sale. L’ingresso principale sul lato est con portale di forme classiche come un arco di trionfo romano è in breccia corallina, preceduto da due rampe di scale simmetriche, come un protiro fra due lesene scanalate corinzie con architrave e timpano; l’apertura ha un arco ogivale e due colonnine laterali sormontate da leoni. Dalla prima sala si passa alla seconda a destra e da questa si accede solo al cortile da cui si rientra attraverso due altri portali nelle stanze IV e VII di disimpegno come la V e la VI mentre le sale terminali III e VIII sono quelle di rappresentanza fornite di camino. Nella sala V, sul lato ovest, si trova l’ingresso di servizio. Dalle torrette angolari si sale al secondo piano, anche qui i percorsi preferenziali individuano 4 stanze terminali di rappresentanza. La stanza sopra l’ingresso principale è detta la “stanza del trono” ed ha una porta finestra, una delle tre che affacciano sul cortile, qui doveva esserci una volta un ballatoio in legno che permetteva il passaggio dall’esterno per collegare le stanze. Tutte le stanze al primo piano hanno una finestra a bifora verso l’esterno tranne la stanza a nord, in direzione di Andria che ha una trifora meglio visibile dall’esterno; si nota che mancano le colonnine centrali asportate nel 1700. Andria fu l’unica città che rimase fedele all’imperatore durante il periodo della sua scomunica. Le stanze trapezoidali sono coperte a crociera con costoloni nella parte quadrata centrale mentre i triangoli laterali sono coperti da semibotti gotiche. I costoloni partono da semicolonne in breccia corallina con capitelli a foglie ed hanno solo funzione decorativa, anche le chiavi di volta hanno motivi decorativi tutti diversi vegetali o mitologici. I camini sono alti ed ai lati vi sono delle nicchie scaldavivande in breccia corallina, sotto le altre pareti si notano dei canaletti per raccogliere l’acqua di condensa. Vi sono anche i locali dei servizi igienici ricavati nelle torri angolari.
Il paesaggio intorno al castello è oggi spoglio, tipico delle Murge, area calcarea e pietrosa povera di acqua, coltivata a olivi e mandorli, con i campi divisi da muretti a secco di pietre e dove si incontrano frequenti i trulli, tipiche strutture rurali quadrate dal tetto conico in pietra, utilizzati dai contadini come depositi.
Da Barletta a Ruvo di Puglia si scende verso sud-est per circa 25 km per visitare una della più belle chiese romaniche pugliesi. Costruita fra la fine del 1100 e l’inizio del 1200 ha una facciata slanciata a cuspide con il profilo decorato ad archetti pensili; la parte superiore più tarda (1500) è gotica, quella inferiore è romanica. In basso si aprono tre portali dei quali il più ricco è quello centrale del 1100 decorato con leoni stilofori e grifi e forse vi doveva essere un portico. Nell’arco del portale principale è rappresentato il giudizio universale. Sopra c’è una bifora ed un rosone e più in alto una nicchia dove è seduto un uomo con un libro aperto, forse un vescovo. Sul fianco destro c’è un campanile isolato. L’interno è semplice a tre navate con pilastri e semicolonne e sull’altare un tabernacolo, copia dell’originale rifatto nel 1900.
Si prosegue per Altamura per altri 40 km sempre verso sud-est; la cittadina sorge su un’altura delle Murge, fu fondata per volere di Federico II nel 1223 e fu una città federiciana. Anche la cattedrale dedicata a S. Maria Assunta fu iniziata sotto Federico II nel 1232 ed è una grande costruzione romanico-gotica con rifacimenti fino al 1500 e due campanili gemelli. Sotto è un magnifico portale romanico puro incorniciato a doppia ghiera da decorazioni del periodo angioino ed ai lati colonnine sorrette da leoni; sopra un grande rosone ed ancora in alto una loggia con una Madonna. Sul lato destro è un secondo portale del periodo angioino del 1300, logge gotiche ed archi intrecciati. L’interno è un rifacimento del 1800.
Si passa in Basilicata per visitare Matera, caratteristica città formata da una parte nuova su un altopiano ad ovest ed una parte antica che occupa i fianchi ripidi di una profonda gravina, specie di canyon scavato dalle acque del fiume Gravina su cui si affollano abitazioni in parte in muratura ed in parte scavate nella roccia calcarea (i Sassi). La zona era abitata fin dal neolitico e sul versante non abitato della gravina si aprono ancora le grotte di quel periodo. Il versante abitato è detto Sasso Baresano a nord e Sasso Caveoso a sud separati da uno sperone su cui sorge la Cattedrale. I Sassi rappresentano un ambiente urbanistico inconsueto e suggestivo in cui è vissuta la società locale dal medioevo ai tempi moderni fino al 1800 quando è iniziato un progressivo degrado sociale e sanitario. Una prima legge per il risanamento della zona fu emessa nel 1952 sotto Alcide De Gasperi seguita da quella del 1958. Una terza legge speciale del 1967 volle unire al risanamento la conservazione storico-artistica di quartieri trasferendo gradualmente 15000 abitanti in moderni villaggi a nord ed a ovest della città, gli abitanti dei Sassi si sono ridotti oggi a circa 7000. Nel 1993 l’UNESCO ha inserito i Sassi nell’elenco dei luoghi Patrimonio dell’Umanità.
Piazza Vittorio Veneto si trova al limite della città nuova con una terrazza che si affaccia al Sasso Baresano. Sulla sinistra imboccando via delle Beccherie e poi via Duomo si arriva allo sperone dove sorge la Cattedrale con belle visuali sul Sasso Baresano. La Cattedrale all’esterno è romanica con decorazioni lombarde e pisane ed un grande campanile a bifore all’altezza del transetto sinistro. L’interno è rococò ma con colonne originali con capitelli diversi. Su un altare a sinistra c’è la statua della Madonna della Bruna a cui è dedicata la cattedrale.
Dal Duomo si scende lungo delle scalette alla Gravina del Sasso Baresano la zona meno primitiva della Matera vecchia ora in parte abbandonata, in parte abitata o in ristrutturazione, le case sono sovrapposte ed in parte dentro la roccia, vi sono anche palazzi importanti e chiese come quella di S. Agostino all’estremo nord. Una strada scende dalla città nuova e costituisce un’arteria praticabile dalle macchine che costeggia poi dall’alto il torrente Gravina arrivando alla zona sud del Sasso Caveoso dove si trovavano le zone più misere ma anche quelle più suggestive che hanno subito il restauro conservativo. Si arriva ai piedi di una rupe, detta Monte Errone, sulla cui sommità si trova la chiesa di S. Maria de Idris e dietro la chiesa rupestre di S. Pietro Caveoso ed una casa grotta con gli arredi originali trasformata in museo, documento della vita di una tipica famiglia contadina del 1700 dove abitavano 11 persone insieme agli animali.
Ultima tappa del viaggio è Melfi, ormai in provincia di Potenza ai piedi del monte Volture. Anche qui c’è un castello normanno ampliato successivamente nei periodi svevo, angioino ed aragonese, ha pianta quadrilatera con torri poligonali. Carlo V lo donò all’ammiraglio Andrea Doria e da allora gli eredi hanno il titolo di principi di Melfi. Oggi il castello appartiene allo Stato ed è sede del Museo Archeologico del Melfese ma per il momento sono aperte solo 3 sale. All’ingresso è esposto il pezzo più pregiato: un sarcofago di marmo bianco del II secolo d.C. trovato nella metà del 1800 nelle campagne vicino a Rapolla in un antico latifondo romano; è il sepolcro di una donna rappresentata distesa sopra il coperchio, sul fronte vi sono scolpite divinità elleniche. La fattura è orientale, forse fu comprato in Asia Minore o prodotto in Italia da maestranze orientali. Nelle stanze vi sono vetrine con corredi tombali che partono dal periodo preromanico con lance, elmi, armille, fibule e contenitori in bronzo, spiedi di ferro ed attrezzi conviviali. Si tratta di tombe del VI secolo a.C. di una ricca classe guerriera sannita. Le ceramiche vanno dal VI al IV secolo a.C. e sono fatte al tornio lento, le più recenti sono nere dei Greci di Taranto e Sibari. Ci sono anche collane di ambra che vengono dal nord Europa via terra.
Melfi ha anche una cattedrale normanna del XII secolo rifatta in forme barocche nel 1700 e restaurata dopo i terremoti del 1851 e del 1930; di forme romaniche è rimasto il campanile.
IL GARGANO.
Monte Sant’Angelo a nord di Manfredonia è il punto più elevato del Gargano, a quota 796 m, ed ha una posizione panoramica dominante verso il Golfo di Manfredonia a sud e verso la Foresta Umbra a nord. Da Manfredonia vi si arriva con una strada a tornanti lunga 23 Km circa. L’abitato di Monte Sant’Angelo sulla vetta del monte ha origini medievali e deve la sua rinomanza alla presenza del Santuario di S. Michele, meta di pellegrinaggi nel medioevo e famoso alla pari di San Iago de Compostela in Spagna. La tradizione lo fa sorgere nel 493 a seguito di miracolose apparizioni dell’Arcangelo Michele in una grotta del monte a cui seguì la consacrazione di una chiesa da parte del vescovo di Siponto. Su base documentale il santuario nacque nel VI secolo durante la formazione del ducato longobardo di Benevento come luogo sacro dei Longobardi che erano devoti a S. Michele per le sue virtù guerriere. Fu saccheggiato dai Saraceni nell’869, fu un punto avanzato della chiesa di Roma contro i Bizantini e tappa di pellegrini e crociati, poi passò ai Normanni ed agli Svevi ed infine agli Angioini.
Al Santuario si accede da un atrio superiore davanti al quale si erge un campanile ottagonale alto 27 m costruito nel 1282 ma allora aveva un’altezza di 40 m. Dall’atrio con due arcate ogivali si scende lungo un’ampia scalinata di 89 gradini in più rampe con archi ogivali ed edicole sepolcrali fino all’ingresso dell’antica grotta delle apparizioni oggi chiusa da un portale romanico con porta di bronzo ageminata in argento e rame, opera di maestri greci di Costantinopoli, donata da un nobile amalfitano. Oltre la porta c’è la grotta dell’Arcangelo scavata nella roccia con diverse cappelle ed altari.
A Monte Sant’Angelo si trovano altri antichi monumenti del primo medioevo fra cui i resti della chiesa di S. Pietro, la più antica della città, demolita nel 1891 lasciando solo una grande abside. Acanto è l’ingresso del battistero medievale di S. Giovanni detto in Tumba o Tomba di Rotari, ma si tratta di un’attribuzione falsa dovuta ad un errore di trascrizione. L’edificio è a base quadrata con grandi arcate e termina in un tamburo ottagonale con una cupola. Vicino all’ingresso si trova una fossa come un fonte battesimale ad immersione. L’ingresso all’edificio ha un’architrave con bassorilievi rappresentanti la Cattura di Cristo, la Deposizione e la Resurrezione. Accanto alla chiesa di S. Pietro c’è la facciata della chiesa di S. Maria Maggiore del secolo XI di stile romanico-pugliese.
La via principale di Monte Sant’Angelo è Via del Corso dove si incontrano molti palazzi del 1700 con portali a bugne e balconi in ferro, come Palazzo Rago e Palazzo Todero. La parte più antica dell’abitato è il rione Junno che mantiene ancora la sua struttura medievale.
Sul punto più alto del monte c’è il Castello sorto con funzione difensiva nel secolo VIII, trasformato poi in dimora residenziale dai Normanni, passato a Federico II ed infine agli Angioini che lo tennero per 200 anni. Uno dei torrioni è detto Torre dei Giganti perché eretto con massi ciclopici.
Sulla punta estrema est del Gargano si trova la cittadina di Vieste, meta turistica molto frequentata e centro peschereccio. La città è molto antica, colonia greca e municipio romano, per la sua posizione ha subito numerose incursioni saracene, l’attacco più sanguinoso fu quello del 1554 ad opera del pirata turco Dragut durante il quale furono uccisi 5000 abitanti. L’abitato moderno si stende fra punta Santa Croce a nord-est e punta S. Francesco a sud-ovest. Le due punte formano una rada chiusa ad est dallo scoglio di Santa Croce su cui sorge un faro. All’interno sorge un antico quartiere con vicoli stretti e case bianche. A nord c’è un’altra rada con il porto delle barche mentre sulla costa sud un promontorio domina la cittadina con la parte più antica che comprende la cattedrale ed il castello di Federico II del 1240. Il castello è ancora zona militare, la Cattedrale, dedicata a S. Maria Assunta è degli inizi del secolo XI, romanica in origine, depredata dai Turchi e danneggiata dai terremoti, fu modificata in stile barocco nel secolo XVIII. Si trova su un ripido pendio lungo una gradinata e sulla destra sorge un campanile tardo barocco a più ordini. L’interno a tre navate ha molte colonne originali con capitelli datati alla metà del secolo XI decorati con motivi fitomorfi e zoomorfi. Ai piedi del promontorio, sulla costa sud si trova un litorale sabbioso, detto Spiaggia del Castello dove sorge un gigantesco monolito di calcare bianchissimo chiamato Pizzomunno.
Partendo da Vieste con piccole motolance si può visitare la costa sud del Gargano e le numerose grotte che si aprono a livello del mare sotto le alte rocce calcaree a piombo e le tante spiagge e piccole baie che movimentano il paesaggio. Uscendo dal porto delle barche a nord si gira verso est passando vicino al Faro e quindi a sud sotto il promontorio ed il Castello ben visibile in alto, la spiaggia e Pizzomunno e si segue la costa sud del Gargano verso il golfo di Manfredonia. Si scoprono alcuni faraglioni, un suggestivo arco aperto sulla roccia detto Architiello S. Felice ed una piattaforma di legno per la pesca, detta Trabicco, che si protende dalla roccia sul mare. La prima grotta che si incontra è la Grotta Capanna con ingresso quasi squadrato ai piedi di una parete altissima di bianco calcare. Segue la Grotta Sfondata Grande che attraversa la roccia come un tunnel e la Grotta Rossa Due Occhi con due aperture ed una luce rossiccia per il colore delle rocce. La costa si abbassa alla baia di Calacampi con una spiaggia, poi si incontra la grotta dei Pomodori o Sanguinara perché vi si formano alla base delle alghe rosse, poi l’arco del Paesaggio di grandi dimensioni che offre una bella vista dall’interno. Sulla vetta di un promontorio si scorge la torre di avvistamento di Portogreco e girando una punta si entra nella baia di Pugnochiuso, località turistica con un grande albergo in bella posizione ed una spiaggia. Proseguendo si incontra la Grotta delle due Stanze con due grandi cavità e la Grotta dei Sogni con un ingresso ed un’uscita separate. Spettacolare è la Grotta Campana Grande profonda 40 m e con una grande apertura. Ci si avvicina alla Baia delle Zagare preceduta da un isolotto, altra area attrezzata turistica, e, avvicinandosi a golfo di Mattinata, si incontra una selva di faraglioni uno dei quali grande come un grande arco di trionfo. Al ritorno ci si ferma nella baia di Vignanotica con una piccola spiaggia ed una parete calcarea bianca con sottili stratificazioni di colore più scuro.
L’Adriatico agitato non ha permesso il passaggio da Vieste alle Tremiti.
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