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Introduzione alla narrativa “fantasy”
a cura di Federico Galdi
Dare una definizione precisa di “fantasy” non è un compito facile. Questo perché la categoria, al suo interno, contiene un certo numero di sottogeneri, ognuno dei quali meriterebbe un discorso a sé. Limitandoci a una descrizione semplicistica potremmo dire che il “fantasy” è un genere letterario fortemente legato al mito e alla fiaba, tuttavia una simile enunciazione non rende per nulla giustizia.
Il “fantasy”, anzitutto, rientra nella categoria della narrativa fantastica. Parlando in questi termini c’è però il rischio di creare una commistione di generi o di coinvolgere una porzione di opere troppo ampia per essere valida. In effetti la narrativa fantastica comprende dentro di sé non solo il “fantasy”, ma anche il romanzo gotico, la fantascienza e l’horror, oltre alle più recenti opere del “realismo magico”. Di certo non si intende, qui, porre sullo stesso piano le opere di Tolkien e di Stoker o, ancora meno, la produzione di Asimov con quella di Lewis. La differenza risulta evidente a chiunque le conosca.
Possiamo tracciare tre caratteristiche per distinguere meglio questo genere dagli altri della narrativa fantastica: 1
Mappa della Terra di Mezzo, l’ambientazione in cui si svolgono le vicende de Il Signore degli Anelli, Illustrazione dell’autore.
- in primo luogo, l’azione si svolge in un mondo “fantasy” separato dal nostro (Il Signore degli Anelli [No. 318], dove la storia è ambientata nella Terra di Mezzo), o in un lato “fantasy” nascosto del nostro mondo (il “Mondo Magico” in Harry Potter [No. 276] o le varie ambientazioni scelte da Neil Gaiman [No. 130]). In più le regole come politica, geografia e storia di questo mondo tendono ad essere definite, anche se non sono descritte interamente. Un esempio molto particolare è senz’altro J.R.R. Tolkien, il quale si premurò di dare una cronologia alla sua Terra di Mezzo (o Arda) sin dalla sua creazione, descritta ne Il Silmarillion [No.323];
- la seconda caratteristica è il rapporto particolare che si ha nel “fantasy” con la mitologia, studiata e considerata come base su cui sviluppare le storie (basti pensare a Marion Zimmer Bradley e al Ciclo di Avalon [No. 13], ispirato alle saghe di re Artù) o più semplicemente come un buon soggetto per qualche citazione. Elementi tradizionali vengono riproposti in una trama originale: possiamo pensare all’uso che gli scrittori fanno di varie creature fantastiche presenti nei bestiari medievali e nel folklore locale, come draghi, elfi e nani. Talvolta essi ricalcano perfettamente la tradizione, altre volte se ne discostano (i nani, nelle saghe norrene, si pietrificavano alla luce del sole, caratteristica applicata da Tolkien ai suoi troll;)
Ted Nasmith,
Gandalf affronta il Barlog
- infine, ciò che vi è di sovrannaturale nel “fantasy” è spesso accettato e considerato di prassi comune. Non vi è una difficoltà di fondo a comprenderlo, come nell’horror, in cui spesso i protagonisti cercano una spiegazione logica. I personaggi delle storie “fantasy” accettano la magia come un fatto compiuto (anche il più scettico degli hobbit non negherebbe mai a Gandalf lo status di mago). Non vi è incredulità nei personaggi de La Compagnia dell’Anello [No. 320] di fronte a un demone come il Barlog, così come non ve n’è più in Harry Potter una volta accettato il fatto di essere un mago. Lo scetticismo del giovane protagonista, nel primo libro, non dura nemmeno una pagina.
Il genere “fantasy” quindi, come si può vedere, si differenzia profondamente da tutte le altre branche del fantastico. Come nasce tale termine? Quando un libro cessa di essere semplice narrativa fantastica e diventa, a tutti gli effetti, un “fantasy”? Per capirlo, è bene cercare di delineare una storia del genere, partendo dalle radici comuni con horror e gotico, che affondano nei Cicli tradizionali della letteratura cavalleresca medievale (Romano, Carolingio e Arturiano). Questo tipo di racconti ebbe grandissima fortuna anche nel rinascimento, ispirando autori come l’Ariosto2 e il Tasso; soprattutto il racconto di Ariosto, data la presenza di eroi e creature fantastiche e le magie che vi si riscontrano (non ultimo un anello che rende invisibili) può considerarsi un vero precursore del genere.
L’evoluzione del genere non è stata certo lineare, ma ha seguito alti e bassi. In particolare il settecento, il periodo dei lumi, è stato il più parco nella produzione di questo tipo di racconti. Non va però ignorato che l’assenza di elementi fantastici e lo stabilirsi di regole opposte furono di grande aiuto ai successivi scrittori “fantasy”. Questo concetto è tanto più chiaro se rileggiamo le parole del saggio On Fairy-Stories di J.R.R. Tolkien (pubblicato in Albero e Foglia [No. 330]):
« La fantasia è una naturale attività umana, la quale certamente non distrugge e neppure reca offesa alla Ragione, né smussa l'appetito per la verità scientifica, di cui non ottunde la percezione. Al contrario: più acuta e chiara è la ragione, e migliori fantasie produrrà.» 3
Migliore è il senso della realtà dello scrittore, quindi, migliore è la sua capacità di scrivere storie fantastiche.
I limiti fissati dall’Illuminismo saranno perciò fondamentali nel secolo successivo. E’ con la nascita del Romanticismo che il fantastico ritorna nella narrativa con tutta la sua forza e, soprattutto, grazie al genere che noi oggi conosciamo come “romanzo gotico”. Precursore di questo genere fu Horace Walpole, autore de Il castello di Otranto. I temi che fecero la fortuna di questo genere furono soprattutto i conflitti interiori dei protagonisti e la costante presenza del soprannaturale.
Se il romanzo gotico si può considerare come un precursore o, quanto meno, come una base del “fantasy”, l’evoluzione della narrativa che portò alla nascita del genere inizia solo tra fine Ottocento e inizio del Novecento. Già intorno al 1870 si può evidenziare l’opera di William Morris, i cui scritti riprendono spesso temi fantastici propri della mitologia e del folklore medievale e presentano un’ambientazione completamente fantastica4. Tuttavia ciò che ispirò la prima generazione di scrittori “fantasy” furono i primi racconti di George Mac Donald, La Principessa e il Goblin e Phantastes. In particolare risultarono fondamentali per il circolo letterario degli Inklings (i “Sommessi”), noti in Italia soprattutto per la presenza di J.R.R. Tolkien e C.S.Lewis. Ma anche altri grandi autori di questo periodo, come E.R. Eddison e Lord Dunsany sono da ricordare essendo un esempio di grandi scrittori; in particolare quest’ultimo fu descritto da Ursula K. Le Guinn come il primo riferimento («primo terribile destino»5) per ogni giovane scrittore desideroso di cimentarsi nella letteratura fantastica.
La divinità mostruosa Cthulhu, descritta nei racconti di
H.P. Lovecraft
Merita una menzione a parte H.P. Lovecraft: lo statunitense, infatti, può a tutti gli effetti essere considerato il fondatore del sottogenere “Dark “fantasy””. Le storie del Ciclo di Cthulhu si basano, come suggerì lo stesso autore, sulla paura e, in particolar modo, sulla paura dell’ignoto. L’atmosfera si fa tetra, cupa, spesso apocalittica. La cosa che più lo caratterizza è la commistione di elementi horror e fantascientifici a quelli oggi tipici del “fantasy”. L’importanza dell’opera di Lovecraft dovrebbe essere rivista. Il suo fu un apporto importante, ma anche molto limitato al genere del “Dark Fantasy”. Inoltre non si possono ignorare i lati negativi, soprattutto negli accenti fortemente razzisti e misantropi delle sue opere (come risulta evidente anche nelle sue lettere6) antitetici rispetto a molte opere successive dello stesso genere.
Lovecraft deve la sua fama soprattutto alla nascita, in questo periodo, delle riviste pulp, sopra cui vennero pubblicati numerosi racconti fantastici. La prima fu Weird Tales, pubblicata nel 1923. Furono queste stesse riviste a lanciare anche i racconti di Robert E. Howard, autore delle storie di Conan [No.170] e fondatore del sottogenere “Sword & Sorcery”, caratterizzato da racconti ricchi di azione, narrazione veloce e da un tipo di ambientazione a sfondo mitologico. Il conflitto tra guerrieri invincibili e potenti stregoni è spesso il filo conduttore di molti racconti di questo genere.
Dello stesso periodo è Il Serpente Ouroboros (1922) [No. 111 ], opera di E.R. Eddison, con cui nasce il genere poi chiamato “Epic “Fantasy”. Come suggerisce lo stesso nome, i riferimenti alla mitologia e ai racconti epici sono molto forti in questo genere di racconti, i quali risultano incentrati sulle storie di eroi e delle loro conquiste.
Sia lo “Sword & Sorcery” che l’ “Epic Fantasy”, tuttavia, presentano ancora alcuni aspetti negativi, specie nella scarsa capacità di introspezione e nell’assenza di conflitto all’interno dei personaggi. Fondamento, per i protagonisti di un “fantasy”, è appunto uno spessore psicologico inusitato nei crociati del Tasso e in molti paladini dell’Ariosto. La figura del barbaro Conan non si discosta mai dalle sue idee di odio per la civiltà e dalla sua filosofia di vita, secondo cui tutto, prima o poi, sprofonda di nuovo nelle barbarie. Gli eroi di Eddison non sono certo migliori. I protagonisti de Il serpente Ouroboros sono arroganti, spesso meschini con i loro sottoposti. Nel finale, agli occhi del lettore moderno, potrebbero persino assumere una connotazione negativa: annoiati dalla pace, pregano affinché il nemico attacchi di nuovo, incuranti della devastazione e delle morti che seguirebbero una nuova guerra7.
Il Signore Degli Anelli,
illustrazioni di Alan Lee:
Lo Specchio di Galadriel
A tutto ciò va aggiunto il fatto che entrambi i termini nascono solo negli anni Sessanta, dopo la nascita del “fantasy” propriamente detto. La sua coniazione si deve al successo delle opere di John Ronald Reuel Tolkien: Lo Hobbit (1936) [No. 317] e Il Signore degli Anelli (1954-55). Negli anni ’60, il livello di successo raggiunto dal secondo romanzo, fu tale ed esteso a fasce di lettori tanto differenti da risultare uno dei migliori libri del XX secolo. In un certo senso spazzò via tutte le opere simili scritte fino ad allora, andando a creare quella branca del fantastico oggi definita “High Fantasy”, le cui storie presentano spesso un protagonista di umili estrazione o dal carattere semplice (Frodo Baggins, Shea Ohmsford, Ged “Sparviere”) aiutato da un personaggio saggio ed esperto del mondo in cui si muove (Gandalf, Allanon, Ogion), costretto dagli eventi a contrapporsi a un “signore oscuro” (Sauron, il Signore degli Inganni). Sono gli umili a fare la storia nell’ “High Fantasy”, svolgendo ruoli fondamentali nell’eterno conflitto tra il bene e il male.
Il Signore degli Anelli nacque come un’unica opera, perciò il termine trilogia è improprio. Per quanto straordinario possa sembrare, impiegò molti anni per essere pubblicato. Gli editori, data la lunghezza del romanzo (inizialmente concepito per essere pubblicato col Silmarillion, a cui Tolkien lavorava sin dal 1917) spesso respinsero le richieste di pubblicazione del professore di Oxford. Inoltre la crisi economica post-bellica rendeva impossibile reperire una mole tanto rilevante di carta. Quando, finalmente, la Allen & Unwin accettò il romanzo (1954), Tolkien venne comunque costretto a dividere l’opera in tre parti. La più grande delusione la ebbe dal titolo del terzo libro (Il Ritorno del Re [No.322]), secondo lui eccessivamente rivelatore degli eventi finali del romanzo.
Lo stile di Tolkien è tutt’ora la base di molti racconti del genere. L’amico C.S. Lewis, che pure non aveva apprezzato il libro precedente (Lo Hobbit) parlò in maniera entusiasmante del secondo romanzo:
« Qui ci sono delle cose meravigliose che feriscono come spade o che bruciano come freddo acciaio. Ecco qui un libro che romperà il vostro cuore. »8
« Un Anello per domarli, Un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli. »
Le incisioni sull’Unico Anello
Come noto, la storia si snoda attorno alla figura dell’ “Unico Anello”. Più di Gandalf, Aragorn e Frodo è lui il protagonista assoluto, a volte vero e proprio personaggio all’interno del racconto, altre volte semplice “deus ex machina”. Nel corso del romanzo si incontrano tematiche di ogni genere, riscontrabili anche nella biografia dell’autore: dai sentimenti cristiani, all’avversione per il razzismo e la guerra. Ma anche temi squisitamente romantici, come il viaggio (o meglio i sentimenti che spingono i protagonisti a viaggiare), la nostalgia e il titanismo. Se a tutto ciò si aggiunge la formidabile capacità narrativa di Tolkien, perfettamente capace di eludere il rischio, tutt’altro che scontato, di cadere nella banalità (totalmente assente sia nel bene, sia nel male) è facile capire il successo del romanzo.
L’importanza che la sua influenza ha avuto nel mondo del “fantasy” è incalcolabile. E’ la prima volta che gli editori si vedono costretti a creare una categoria a sé per i racconti “fantasy”: in particolare va ricordata la Ballantine Adult “fantasy” Series9, su cui vennero riproposte ristampe di William Morris, George MacDonald e Lord Dunsany, non tanto per le opere proposte, quanto per il titolo stesso della raccolta. Per la prima volta il “fantasy” si distacca dalla fiaba, venendo considerato come genere specifico per gli adulti.
Gli anni ’60 e ’70 vedono un buon numero di pubblicazioni, eppure il genere stenta ancora a decollare, nonostante la pubblicazione di opere oggi molto famose (su tutte il Ciclo di Earthsea [No.206], di Ursula K. Le Guinn, pubblicato a partire dal 1968). E’ solo nel 1977 che un “fantasy”, dopo ventidue anni, torna ad essere un best seller: è La Spada di Shannara [No.21], dell’americano Terry Dean Brooks.
La Spada di Shannara,
illustrazione in
Mondadori 1978,
Fratelli Hildebrandt
Completato nel 1974, l'autore presenta il libro alla D&A Books che però lo rifiuta. L'editore suggerisce tuttavia a Brooks di contattare la Ballantine Books: Lester Del Rey, il nuovo editor “fantasy” alla Ballantine, lanciava infatti in quegli anni una nuova collana di fantascienza e “fantasy”. Dopo aver preso visione del libro, Del Rey lo giudica «il miglior “fantasy” dai tempi di Tolkien» e lo pubblica.10 Il successo è immediato.
Lo spazio dato all’introspezione e alla psicologia è maggiore rispetto al Signore degli Anelli: i personaggi, rispetto a quelli di Tolkien, si fanno più umani, più combattuti (è reso ottimamente il sarcastico e pessimista Flick Ohmsford, ad esempio), ma non si può dimenticare come l’opera sia spesso stata accusata di plagio proprio nei confronti della saga tolkeniana, con cui condivide senza dubbio alcuni tratti (il viaggio di una compagnia eterogenea che finisce per dividersi, un consiglio tenuto dai rappresentanti delle varie popolazioni, un Signore Oscuro che risorge dopo secoli). La Spada di Shannara resta comunque un punto di svolta per la narrativa del genere, una vera e propria linea di partenza per il “fantasy” moderno, come testimonia la grande quantità di opere pubblicate in seguito al successo di Brooks.
Sarà infatti negli anni ’80 che il mondo del “fantasy” scoprirà altri importanti autori. Da una parte abbiamo Marion Zimmer Bradley, creatrice del Ciclo di Avalon e Margaret Weis e Tracy Hickman, autori della fortunatissima saga di Dragonlance [No. 349]; dall’altra è particolare il successo dell’inglese Terry Pratchett, autore delle saghe di Mondodisco, vero e proprio padre del “fantasy” comico (o “Light Fantasy”) moderno.
Tutto inizia nel 1983 con Il colore della Magia [No.264]. Il successo del libro fu tale che la BBC, su pressione della casa editrice Corgi Books, lo fece leggere come un serial in sei parti durante Woman's Hour. Le ascoltatrici del programma adorarono le avventure del mago fallito Scuotivento e dell’ingenuo turista Duefiori, seguiti da un inseparabile bagaglio senziente.
L’ambientazione e le tematiche potrebbero essere a tutti gli effetti quelle di un “fantasy”: maghi, principesse, guerrieri barbari, spade parlanti e dragoni popolano il mondo creato da Pratchett, sorretto da una tartaruga gigante e quattro elefanti. Eppure nulla è normale all’interno dei suoi romanzi. Il protagonista, il mago Scuotivento, è completamente incapace di lanciare un incantesimo, le divinità si divertono a fracassare le finestre delle case degli atei, gli zombies si organizzano in movimenti di protesta e i libri di incantesimi devono essere “smaltiti”, come fossero scorie nucleari. La capacità di parodiare i grandi nomi del “fantasy” e di unire queste situazioni paradossali a riferimenti reali rendono i libri di Pratchett tra i più apprezzati e conosciuti al mondo. Da segnalare una sua importante collaborazione con un altro maestro del genere, Neil Gaiman: i due, nel 1990, hanno pubblicato il romanzo Buona Apocalisse a tutti! [No. 267]. L’unione della comicità di Pratchett a quella dell’eccellente stile di Gaiman genera un romanzo praticamente unico nel suo genere, in grado di alternare momenti surreali a scene di rara bellezza.
Serena Riglietti, illustrazione per
Harry Potter e la Pietra Filosofale,
prima edizione Salani 1998
Arrivati agli anni novanta assistiamo così all’ingresso sullo scenario della narrativa “fantasy” di altri grandi autori. Ricordiamo l’inizio della saga di Robert Jordan, La ruota del Tempo [No.184], così come le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco [No.231] di George R.R. Martin. Ormai il “fantasy” sembra un genere maturo e assestato, ma pur sempre di nicchia. Solo alla fine del decennio assistiamo nuovamente a un forte successo del genere, con l’inizio della saga di Harry Potter, opera della scrittrice J.K Rowling. Come noto si tratta di una delle saghe più vendute della storia. La prima pubblicazione dell’opera fu dell’allora quasi sconosciuta casa editrice Bloomsbury, nel 1997, a quasi cinque anni dall’inizio della stesura. Il successo della Rowling è impressionante, qualcosa che travalica la semplice letteratura e sfocia nel fenomeno mediatico, cosa tanto più impressionante se pensiamo che, al momento della pubblicazione di Harry Potter e la Pietra Filosofale, era un’esordiente disoccupata.
I romanzi della Rowling uniscono agli elementi fantastici e ad alcuni archetipi “fantasy” le basi di un vero e proprio romanzo di formazione. Non si può negare che vi sia almeno un’intera generazione (se non di più), cresciuta con i suoi sette libri. Questo, senza dubbio, è l’elemento di forza della Rowling, e probabilmente uno dei motivi di maggior successo. Il cambiamento di carattere di Harry Potter è graduale, studiato anno dopo anno. Grazie a questo l’empatia che il lettore instaura nei confronti del protagonista raggiunge livelli inusitati. Harry non è un Samvise Gamgee che da brutto anatroccolo diventa cigno all’improvviso, costretto dagli eventi, facendo di necessità virtù. Non si evolve: cresce, come i suoi lettori, passando da bambino ad adolescente, affacciandosi infine sul mondo degli adulti.
Oggi il genere si sta espandendo di nuovo: di fronte alla continua ricerca di originalità sono molti i giovani autori che, in reazione al preponderante successo degli epigoni di Tolkien, recuperano i generi del “Dark Fantasy” e dello “Sword & Sorcery”, riproponendoli in maniera differente. Non va ignorato nemmeno il grande incremento che il genere sembra aver ottenuto a partire dai primi anni del XXI secolo, dovuto soprattutto alle trasposizioni cinematografiche di grandi saghe come Il Signore degli Anelli, le Cronache di Narnia e Harry Potter. Soprattutto Germania e Italia, nell’ultimo decennio, hanno incrementato di molto il numero delle pubblicazioni di questo genere.
La seguente raccolta comprende opere considerate appartenenti a uno dei cinque sottogeneri principali del “fantasy”: l’ “Epic Fantasy””, lo “Sword & Sorcery”, il “Light Fantasy”, l’ “High Fantasy” e, infine, il “Dark Fantasy”.
Sull’ultima categoria abbiamo ritenuto opportuno essere molto più selettivi: il confine che separa questo sottogenere dal romanzo gotico di nuova generazione è estremamente labile e di difficile interpretazione.
Seguendo le tre linee guida mostrate all’inizio, abbiamo scartato alcuni testi considerati avulsi dal genere.
Per cominciare quelli basati sulla tecnica del “deus ex machina” legata a un paradosso iniziale. Per essere più precisi La Zattera di Pietra, libro del premio Nobel José Saramago, si basa su un evento impossibile come il distacco della penisola Iberica dal resto del continente, con la sua conseguente deriva nei mari. Senza dubbio la cosa è di per sé irreale, ma non possiamo certo definirlo un “fantasy”: manca l’ambientazione estranea o parallela al nostro mondo, mancano riferimenti specifici alla tradizione, al folklore, alla mitologia e l’esistenza stessa del sovrannaturale non è certo presente (qui si parla piuttosto di un disastro naturale).
Proprio da questo punto di partenza, il sovrannaturale, siamo partiti per analizzare un altro genere letterario, il così detto “realismo magico”, ovvero quel genere di lavori che prevede l’intrusione di alcuni elementi fantastici nella realtà. L’elemento può essere intuito, compreso, ma non è mai spiegato. Inoltre l’azione si svolge sempre nel mondo da noi conosciuto. Ho quindi eliminato autori eccellenti come Italo Calvino, Isabel Allende e Gabriel Garcìa Màrquez.
Come si può vedere, entrambi i generi sopra proposti mancano di una parte fondamentale delle tre caratteristiche necessarie elencate in precedenza. Non ci troviamo in un mondo differente, né questo mondo coesiste col nostro. Ma può esservi anche un caso differente: che il luogo in cui si svolge la trama risulti un evoluzione o uno sconvolgimento del nostro mondo, il che ci porta ai generi letterari dell’Ucronia e della Fantascienza.
L’Ucronia si basa su uno sconvolgimento storico. Poniamo caso che l’Impero Romano non fosse mai caduto o che i Nazisti siano riusciti a vincere la Seconda Guerra Mondiale. In entrambi i casi il mondo che conosciamo non potrebbe esistere. Uno degli esempi più noti, ispirato proprio al secondo caso, è quello di Fatherland. Quindi, di certo, non siamo di fronte a un “fantasy”.
La fantascienza, invece, risulta differente per un altro motivo: l’azione si svolge in un futuro lontano, in cui la nostra società, la nostra tecnologia e il nostro modo di pensare sono stati modificati. Per tantissimi versi la fantascienza, a una prima analisi, può sembrare la parente più prossima del “fantasy”. Invece dobbiamo riscontrare che dei tre elementi sopra considerati non se ne riscontra nessuno. Anche nel caso in cui l’ambientazione possa essere, per scelta dell’autore, differente dalla realtà, non troviamo rimandi al folclore né, tanto meno, al sovrannaturale. La funzione della magia è svolta dall’evoluzione scientifica.
L’idea di scartare fiabe, saghe e leggende è stata dettata dal buon senso. Per le raccolte di fiabe in particolar modo, dato che pare più opportuno considerarle come narrativa per ragazzi. Non a caso, sopra, abbiamo sottolineato positivamente la definizione di “narrativa per adulti” data dalla Ballantine. Per quanto sia innegabile il rapporto filiale che unisce il “fantasy” alla fiaba (lo stesso Tolkien in Albero e Foglia parla ancora di fiabe) ho deciso di distinguere i due generi, proprio in base alla fascia di pubblico a cui è destinata la lettura. Discorso differente va fatto per le leggende e la mitologia poiché non si parla di narrativa. Sempre in Albero e Foglia Tolkien, nel parlare dei poemi epici come l’Edda o l’Iliade, sottolineava come essi avessero sempre un significato allegorico, caratteristica da lui rifiutata nello scrivere il Signore degli Anelli (nonostante le continue interpretazioni a posteriori date alla sua opera).
Possiamo infine parlare della differenza esistente tra il “Dark Fantasy” e il romanzo “neo-gotico”. Il contesto è simile. Si accetta il paranormale, vi sono persino elementi ripresi dal folklore, ma l’ambientazione nella generazione di romanzi gotici moderna non è propria del “fantasy”, essendo legata alla vita reale. Facendo un esempio pratico il protagonista di Intervista col Vampiro di Anne Rice racconta la sua storia a un giornalista. Se da un lato può affascinare l’idea di un essere sovrannaturale che si adatta a vivere nella nostra società, dall’altro la sottomissione della fantasia al mondo reale fa perdere alla narrazione il senso del fantastico. Per questo ho deciso di non considerarli come “Dark Fantasy”.
Un discorso a sé meritano due opere particolari, da taluni considerati come un’evoluzione del “fantasy”: Il Ciclo di Darkover di Marion Zimmer Bradley e il Ciclo della Torre Nera di Stephen King. La scelta è stata sofferta più nel secondo caso che nel primo. In Darkover la presenza del sovrannaturale e richiami al folklore ci sono, ma l’ambientazione è prettamente fantascientifica, dato che le vicende si svolgono su un altro pianeta e la tecnologia è presente in tutti i romanzi. L’opera di King unisce brillantemente elementi di tipo horror, “fantasy” e fantascientifici. Senza dubbio essa ha costituito un punto di partenza fondamentale per la corrente del New Weird, ma nell’ambito della nostra bibliografia ci troviamo di fronte all’impossibilità di determinare un’unica categoria per questa amalgama, e non potendo certo né crearne una nuova, né forzare l’interpretazione, si è preferito scegliere l’esclusione.
Fonte : http://www.bibliotechedigenova.it/sites/default/files/Draghi%20maghi%20e%20cavalieri_bibliografia%20fantasy.doc
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